di Sergio Salvi
Fonte: Museo del grano "Nazareno Strampelli" |
Un “effetto collaterale” del 150° anniversario della nascita di Nazareno Strampelli, celebrato lo scorso 29 maggio, è il dilagante fenomeno -apparentemente senza controllo- dell’accostamento del nome del precursore della Rivoluzione Verde unicamente alla varietà di frumento duro “Senatore Cappelli” che, come ormai recita tutto il web a mo’ di mantra, fu da lui “costituito per selezione genealogica a Foggia nel 1915 sui terreni messi a disposizione dal senatore del quale la varietà porta il nome”. Amen!
Monitorando da anni il web in merito a quanto viene caricato online sul genetista maceratese, ho potuto constatare come, nel corso degli ultimi mesi, i siti che presentano Strampelli in accoppiata fissa con il frumento “Cappelli” siano aumentati in maniera esponenziale.
Personalmente sono sempre stato e continuo ad essere molto critico verso questo insistente accostamento, perché, come ho avuto modo di scrivere e dichiarare più volte, il “Cappelli” è uno dei risultati meno importanti, scientificamente parlando, ottenuti da Strampelli nel corso della sua attività di miglioramento genetico del frumento. Possiamo persino azzardare un’affermazione, e cioè che il lavoro svolto da Strampelli sul frumento duro sia stato quasi un “incidente di percorso”, visto che le varietà di frumento duro costituite dal genetista furono appena una quindicina. Al grano “Cappelli” si può certamente riconoscere un ruolo importante nel miglioramento genetico del frumento duro italiano, poiché le varietà prodotte successivamente derivano quasi tutte dal “Cappelli”, ma Strampelli - non mi stancherò mai di dirlo - è stato soprattutto un breeder del frumento tenero. A testimonianza di questo prevalente impegno parlano le 80 varietà di grano tenero costituite dallo scienziato, ma ancora di più il fatto che le principali novità fisiologiche Strampelli le ha introdotte in questa specie, mentre il grano duro passato sotto le mani del genetista di Castelraimondo è rimasto immutato.
Il vero problema è che il “Cappelli” è l’unica varietà che è sopravvissuta a tutto il resto del lavoro compiuto dall’agronomo marchigiano, quindi si è portati a credere che oggi esso rappresenti l’unico motivo valido per ricordare il suo costitutore.
Ma c’è di più. Se si dovesse parlare di Strampelli mettendo in evidenza quello che di davvero rivoluzionario egli ha compiuto, prima di altri breeders, sul grano tenero (resistenza alle ruggini, riduzione della statura della pianta, precocità di spigatura e maturazione), tutti si dovrebbero inevitabilmente convincere che lo scienziato è stato soprattutto un innovatore. Invece, accostando Strampelli unicamente al grano duro “Cappelli” - certamente la meno innovativa delle sue creazioni - si è portati ad esaltare la tradizione, ovvero il miglioramento fatto senza nemmeno quel minimo d’innovazione che, all’epoca del nostro amico con baffi e cappello, era dato unicamente dall’ibridazione, ossia dall’incrocio intervarietale o intergenerico.
Non è un caso, a mio avviso, che i molti siti che ripetono quella che ormai è diventata aria fritta sul “Cappelli” e su Strampelli insistano tutti sugli stessi argomenti: che il Cappelli è un grano “antico” (quando ha da poco compiuto 100 anni); che non è stato sottoposto a modificazioni genetiche (transgenesi e/o mutazione indotta da radiazioni, ma per molti è “modificazione genetica” anche il semplice incrocio!); che il suo consumo è più adatto agli intolleranti al glutine; che il pane fatto col “Cappelli” è più buono, e via discorrendo.
Ci risiamo: “antico è meglio”, quindi viva l’antico, viva il grano duro “Senatore Cappelli” e il suo creatore “vecchia maniera” Nazareno Strampelli.
Poco importa se i suddetti siti riportino spesso informazioni palesemente errate, sostenendo, ad esempio, che il “Cappelli” è un grano “ottenuto per selezione genealogica incrociando varietà africane con varietà italiane”, un’assurdità scritta da chi non solo non conosce la storia di questa varietà, ma non sa nemmeno lontanamente cosa significhi usare un termine tecnico piuttosto che un altro (delle due, una: o la varietà deriva da selezione intrapopolazione - come è avvenuto nel caso del “Cappelli” - oppure da incrocio intervarietale!). L’importante è che passi il messaggio che il “Cappelli” è il top, in quanto dotato di requisiti che solo i buoni, vecchi grani di una volta possedevano. Invece, non è considerato importante ricordare che Strampelli, delle vecchie varietà di frumento, aveva una pessima concezione, derivante dagli innumerevoli insuccessi registrati all’inizio della sua attività, quando incrociò inutilmente la varietà “Rieti” con tutte le altre varietà tradizionali dell’epoca, riuscendo a ricavarne un bel fico secco.
Delle vecchie varietà tradizionali di frumento, Nazareno Strampelli, ormai anziano, ebbe a scrivere: «Le vecchie varietà di grano, che hanno il merito di essere molto diversificate per effetto dell’ambiente in cui erano state coltivate per secoli, presentavano delle caratteristiche così peculiari da poter essere prese poco in considerazione per le migliorie in atto e per i nuovi raccolti. La nuova agricoltura necessitava di nuovi tipi che vennero creati appositamente e con cognizione di causa per i nuovi obiettivi prefissati (più alta resistenza alle malattie, allo stoccaggio e alla mancanza di maturazione) rendendo possibile una forte intensificazione della coltura (superfici di lavoro senza difetti, somministrazione di concimi chimici e manutenzione più scrupolosa) e garantendo raccolti più consistenti».
Chi continua ad esaltare le vecchie varietà, compreso il grano “Cappelli”, dovrebbe fare tesoro del pensiero in materia espresso dal creatore di questo frumento. Invece, oggi tutti si sentono autorizzati a parlare - spesso a vanvera - di Strampelli e del grano “Cappelli”, mostrando spesso disprezzo nei confronti di chi, puntando sull’innovazione proprio come fece a suo tempo Strampelli, tenta di trovare la via della nuova “rivoluzione verde” che dovrà salvare, in un futuro ormai imminente, la popolazione mondiale da una progressiva penuria di cibo. Un problema serio, che non può trovare adeguata risposta nei “grani antichi” e nel ritorno al passato.
Monitorando da anni il web in merito a quanto viene caricato online sul genetista maceratese, ho potuto constatare come, nel corso degli ultimi mesi, i siti che presentano Strampelli in accoppiata fissa con il frumento “Cappelli” siano aumentati in maniera esponenziale.
Personalmente sono sempre stato e continuo ad essere molto critico verso questo insistente accostamento, perché, come ho avuto modo di scrivere e dichiarare più volte, il “Cappelli” è uno dei risultati meno importanti, scientificamente parlando, ottenuti da Strampelli nel corso della sua attività di miglioramento genetico del frumento. Possiamo persino azzardare un’affermazione, e cioè che il lavoro svolto da Strampelli sul frumento duro sia stato quasi un “incidente di percorso”, visto che le varietà di frumento duro costituite dal genetista furono appena una quindicina. Al grano “Cappelli” si può certamente riconoscere un ruolo importante nel miglioramento genetico del frumento duro italiano, poiché le varietà prodotte successivamente derivano quasi tutte dal “Cappelli”, ma Strampelli - non mi stancherò mai di dirlo - è stato soprattutto un breeder del frumento tenero. A testimonianza di questo prevalente impegno parlano le 80 varietà di grano tenero costituite dallo scienziato, ma ancora di più il fatto che le principali novità fisiologiche Strampelli le ha introdotte in questa specie, mentre il grano duro passato sotto le mani del genetista di Castelraimondo è rimasto immutato.
Il vero problema è che il “Cappelli” è l’unica varietà che è sopravvissuta a tutto il resto del lavoro compiuto dall’agronomo marchigiano, quindi si è portati a credere che oggi esso rappresenti l’unico motivo valido per ricordare il suo costitutore.
Ma c’è di più. Se si dovesse parlare di Strampelli mettendo in evidenza quello che di davvero rivoluzionario egli ha compiuto, prima di altri breeders, sul grano tenero (resistenza alle ruggini, riduzione della statura della pianta, precocità di spigatura e maturazione), tutti si dovrebbero inevitabilmente convincere che lo scienziato è stato soprattutto un innovatore. Invece, accostando Strampelli unicamente al grano duro “Cappelli” - certamente la meno innovativa delle sue creazioni - si è portati ad esaltare la tradizione, ovvero il miglioramento fatto senza nemmeno quel minimo d’innovazione che, all’epoca del nostro amico con baffi e cappello, era dato unicamente dall’ibridazione, ossia dall’incrocio intervarietale o intergenerico.
Non è un caso, a mio avviso, che i molti siti che ripetono quella che ormai è diventata aria fritta sul “Cappelli” e su Strampelli insistano tutti sugli stessi argomenti: che il Cappelli è un grano “antico” (quando ha da poco compiuto 100 anni); che non è stato sottoposto a modificazioni genetiche (transgenesi e/o mutazione indotta da radiazioni, ma per molti è “modificazione genetica” anche il semplice incrocio!); che il suo consumo è più adatto agli intolleranti al glutine; che il pane fatto col “Cappelli” è più buono, e via discorrendo.
Ci risiamo: “antico è meglio”, quindi viva l’antico, viva il grano duro “Senatore Cappelli” e il suo creatore “vecchia maniera” Nazareno Strampelli.
Poco importa se i suddetti siti riportino spesso informazioni palesemente errate, sostenendo, ad esempio, che il “Cappelli” è un grano “ottenuto per selezione genealogica incrociando varietà africane con varietà italiane”, un’assurdità scritta da chi non solo non conosce la storia di questa varietà, ma non sa nemmeno lontanamente cosa significhi usare un termine tecnico piuttosto che un altro (delle due, una: o la varietà deriva da selezione intrapopolazione - come è avvenuto nel caso del “Cappelli” - oppure da incrocio intervarietale!). L’importante è che passi il messaggio che il “Cappelli” è il top, in quanto dotato di requisiti che solo i buoni, vecchi grani di una volta possedevano. Invece, non è considerato importante ricordare che Strampelli, delle vecchie varietà di frumento, aveva una pessima concezione, derivante dagli innumerevoli insuccessi registrati all’inizio della sua attività, quando incrociò inutilmente la varietà “Rieti” con tutte le altre varietà tradizionali dell’epoca, riuscendo a ricavarne un bel fico secco.
Delle vecchie varietà tradizionali di frumento, Nazareno Strampelli, ormai anziano, ebbe a scrivere: «Le vecchie varietà di grano, che hanno il merito di essere molto diversificate per effetto dell’ambiente in cui erano state coltivate per secoli, presentavano delle caratteristiche così peculiari da poter essere prese poco in considerazione per le migliorie in atto e per i nuovi raccolti. La nuova agricoltura necessitava di nuovi tipi che vennero creati appositamente e con cognizione di causa per i nuovi obiettivi prefissati (più alta resistenza alle malattie, allo stoccaggio e alla mancanza di maturazione) rendendo possibile una forte intensificazione della coltura (superfici di lavoro senza difetti, somministrazione di concimi chimici e manutenzione più scrupolosa) e garantendo raccolti più consistenti».
Chi continua ad esaltare le vecchie varietà, compreso il grano “Cappelli”, dovrebbe fare tesoro del pensiero in materia espresso dal creatore di questo frumento. Invece, oggi tutti si sentono autorizzati a parlare - spesso a vanvera - di Strampelli e del grano “Cappelli”, mostrando spesso disprezzo nei confronti di chi, puntando sull’innovazione proprio come fece a suo tempo Strampelli, tenta di trovare la via della nuova “rivoluzione verde” che dovrà salvare, in un futuro ormai imminente, la popolazione mondiale da una progressiva penuria di cibo. Un problema serio, che non può trovare adeguata risposta nei “grani antichi” e nel ritorno al passato.
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico). È socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico). È socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.
Buonasera Salvi.
RispondiEliminaMi scusi, non ho capito il discorso sulla varietà africana.
Il grano Cappelli non è stato ottenuto per selezione genealogica della popolazione nord-africana (Tunisia) "Jenah Rhetifah"?
Sono un po' confuso (da profano), quindi abbia pazienza se le chiedo delle info.
Grazie. saluti.
Spiros
Mi riferivo al fatto che spesso si trova scritto che il Cappelli deriverebbe da selezione genealogica effettuata incrociando la varietà africana, che e' quella da lei citata (Jenah Rhetifah), e il "Rieti" (che tra l'altro e' un frumento tenero).
RispondiEliminaMessa così sembrerebbe che, per ottenere il Cappelli, prima e' stato fatto un incrocio e poi, sul prodotto dell'incrocio, una selezione di tipo genealogico. Invece, il Cappelli deriva da selezione effettuata direttamente su una popolazione di partenza e, dopo alcune generazioni di selezione, e' stato isolato il tipo corrispondente al Cappelli.
Sono due modi di procedere differenti ma qualcuno, ignorando e la storia di questa varietà e il significato della terminologia, mischia le carte mettendo tutto insieme, generando confusione.
Spero di aver chiarito i suoi dubbi.
Sergio Salvi
Sempre collegandomi al commento di Spiros non capisco perchè deve essere "antico" il Cappelli(dizione che non ha nessun senso scientifico, ma ha invece un senso letterale specifico) mentre non è considerato "antico" il Jenah Rhetifah, che sicuramente deriva dai primi frumenti tetraploidi creatisi nel "levante fertile" e che sicuramente sono arrivati prima in Tunisia e poi in Italia.
RispondiEliminaI misteri dell'ideologia al potere!!!!!!
Spiros
RispondiEliminaSe mi permetti volgarizzo molto dicendoti che tutti i frumenti all’inizio del secolo scorso erano delle popolazioni, nel senso che erano un insieme molto numeroso di genotipi (termine definibile in senso largo come “l’insieme dei geni di un individuo”) che si erano selezionati spontaneamente per effetto della selezione naturale ed in parte per opera dell’uomo, ma molto inconsciamente.
Selezionare all’interno di una popolazione consiste nel far diminuire, eliminandoli in vegetazione, il numero di genotipi che non rispondono ai criteri di produzione. Questo lavoro è possibile in quanto il frumento, essendo una specie autogama (per il 98% si auto feconda), i genotipi che scegli si riproducono pressoché tal quale. Qual è il difetto del metodo? Prima di tutto conservi molti genotipi molto diversi tra loro e tra questi ne avrai qualcuno molto produttivo, ma irriconoscibile ed altri meno produttivi rispetto ai primi e che abbassano la media. E’ una balla dire che una popolazione, essendo un adattamento produce di più. Chi lo dice non ha mai verificato sperimentalmente l’asserzione perché se l’avesse fatto ne avrebbe verificato che non era vera.
Strampelli nel creare il Cappelli ha semplicemente scelto all’interno della popolazione tunisina i migliori genotipi presenti e ne ha scartati altri e soprattutto il lavoro gli è riuscito perché il suo occhio ha saputo individuarli. Quelli prescelti li ha moltiplicati ed ha ottenuto la semente del Cappelli che a rigore non potremmo definire varietà.
Lo scopo quindi del miglioramento del frumento è invece quello di coltivare solo il genotipo più produttivo o meglio solo pochi genotipi molto simili, cioè coltivare ciò che viene chiamata in gergo “varietà”. Tu comprendi che un incrocio ha senso tra varietà, mentre non ha nessun senso tra popolazioni o meglio avrebbe senso solo se scegliessimo il miglior genotipo di una popolazione se si ha la fortuna di poterlo scegliere. Perché parlo di fortuna? Parlo di fortuna perché i geni di una varietà tu non li vedi, vedi solo la loro estrinsecazione visiva (fenotipo) che però è grandemente influenzata dall’ambiente e questa influenza non è ereditabile (cambia l’ambiente e cambia l’estrinsecazione del gene).
Infatti, come dice giustamente Salvi, la grandezza scientifica di Strampelli non sta nell’aver creato il Cappelli (ha solo vinto al totocalcio!!!!) ma nell’aver capito che bisognava riunire con l’incrocio tanti geni utili e conservarli poi con l’eliminazione dei devianti.
Questo è un metodo che lo Strampelli ha applicato principalmente nel frumento tenero andando a scegliere con “occhio veramente clinico” all’interno di popolazioni come il Rieti e l’olandese Wilhelmina Tarwe dei soggetti (genotipi) da incrociare che rispecchiavano l’adattabilità ambientale e la resistenza alle malattie,. Con questo incrocio ottenne due “stirpi”, la 21 e la 67, ma mai coltivate perchè erano frumenti troppo alti ed l’olandese conferiva tardività. Ecco quindi che Strampelli andò a prendere un fumento nano giapponese (l’Akakomughi), che non valeva una cicca, ma che apportò al prodotto d’incrocio i geni importanti della bassa taglia e l’insensibilità al fotoperiodo.
Logicamente di incroci non ne fece uno solo ma tantissimi ed è dall’incrocio della stirpe 21 con Akakomughi che ottenne le varietà Mentana e Ardito, mentre le varietà Damiano e Villa Glori le ottenne usando la Stirpe 67. Questi sono state le varietà che meglio riuscirono dai numerosi incroci fatti, ma uscirono anche un’altra trentina di varietà coltivate, compreso il San Pastore (che deriva dalla Stirpe 67) che è l’ultima grande varietà che ci ha dato Strampelli.
@ Salvi & Guidorzi
RispondiEliminaVi ringrazio per la vostra disponibilità.
Purtroppo il discorso che ha fatto Salvi coinvolge anche il sottoscritto.
Ero convinto anche io che il Cappelli fosse il risultato di un incrocio (tra Rieti e Jenah Rhetifah), invece la selezione dei geni è avvenuta sempre all'interno della stessa popolazione (il Jenah Rhetifah). Niente incroci, ma sempre lo stesso grano (passatemi la semplificazione ma non son del mestiere).
E' tutta un'altra cosa.
Grazie, molto interessante.
Spiros
L'importante e' imparare e non ripetere l'errore. Se desidera la scheda tecnica del Cappelli redatta da Strampelli mi può contattare (ovviamente senza impegno) scrivendo a: sergiosalvi@hotmail.com.
RispondiEliminaPiove ancora sul bagnato.
RispondiEliminaA conferma di quanto ho scritto nel mio articolo, ecco l'ennesimo caso di "fritto misto" sul Cappelli, appena uscito online su Repubblica:
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/08/09/news/alta_irpinia_la_mietitura_sul_formicoso_e_la_bandiera_del_riscatto-145650284/
Sergio Salvi
@ Salvi
RispondiEliminaLa ringrazio per questa ulteriore disponibilità (che non era necessaria) ma che è molto apprezzata.
Nel caso volessi approfondire, la contatterò volentieri (anche se non credo di essere in grado di leggere una scheda tecnica).
Ora però (in realtà già da qualche tempo) sto cercando di capire qualcosa sui fitofarmaci e per fortuna (tempo fa) trovai questa presentazione in PowerPoint:
http://www.istitutoagrariosartor.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/11/09-Fitofarmaci-Lotta-Biologica.pdf
Al tempo che fu, anche Guidorzi mi diede la propria disponibilità nel caso avessi voluto dei chiarimenti, ma non essendo del mestiere e avendo pochissime basi ci vuole tanto tempo anche per cercar di formulare domande che abbiano un senso (non siamo a scuola dove si possono fare domande a 360°).
Purtroppo oggi si è costretti a scegliere una coalizione (pro/contro)e a me non sta bene; prima voglio cercare di capire poi scelgo, bisogna recuperare il valore della divulgazione scientifica (senza politica però) al fine di informare correttamente i cittadini.
Grazie, saluti.
Spiros
Non e' questione di "politica", ossia di stare da una parte o dall'altra per partito preso, ma di conoscenza, e in questo fa bene a documentarsi per poter fare una scelta consapevole.
RispondiEliminaTuttavia, i contenuti della questione che ho voluto toccare con il mio articolo sono quelli, c'è poco da scegliere, credo...
Sergio Salvi
@ Salvi
RispondiEliminaMi sono espresso male, il suo discorso non fa una piega.
Spiros
Che begli articoli e che bel blog! Andrej
RispondiElimina