di Alberto Guidorzi
Carambola |
Che
sia proprio vero, oppure si tratta di solo di un luogo comune?
Ripercorriamo la storia per analizzare quanti veleni l’uomo immette
da sempre nel proprio organismo tramite il cibo.
L’uomo
ed i veleni nel cibo
Pascault,
un medico francese del 1800, diceva che gli alimenti nutrono,
eccitano, affaticano, avvelenano. Non per nulla la cognizione dei
pericoli della sovralimentazione e dei benefici del digiuno fanno
parte di molte civiltà. Ma è altrettanto reale il costante timore
dell’avvelenamento dovuto a sostanze presenti nei cibi che
accompagna da sempre
l’uomo raccoglitore di vegetali e la cui esperienza è oggetto del
bagaglio culturale di intere popolazioni. La paura degli alimenti
sconosciuti connota infatti la cultura e il comportamento dell’uomo
in quanto onnivoro.
Il
detto latino “dosa sola
facit venenum”, vale a
dire è “la dose che fa il veleno” è entrato nell’esperienza
dell’uomo. Un esempio chiarirà meglio il concetto: la carota è da
tutti considerata un alimento salutare eppure come tutte le Apiacee
o Ombrellifere
( la famiglia botanica a cui appartiene) contiene una sostanza di
natura terpenica chiamata “carotatossina” che i chimici dicono
appartenere al gruppo dei composti poliacetilenici, gli stessi che
fanno della cicuta (altra apiacea) una pianta molto velenosa.
Dipende
tutto dalla concentrazione di questi composti: debolissima nella
carota, elevata nella cicuta. Non è così debole invece il contenuto
nel prezzemolo (altra apiacea) ed, infatti, l’uso in cucina è
sempre stato molto parco. Peraltro il prezzemolo contiene apiolo, un
composto del fenilpropano con effetti abortivi, il che spiega l’uso
del decotto di prezzemolo da parte delle “mammane”. Non tutte le
piante sono venefiche al punto tale da causare la morte, interferendo
con i meccanismi fisiologici del corpo umano provocando
indisposizioni. Oppure hanno assunto nomea di veneficità diversa a
seconda dei luoghi; è il caso delle bacche mature del sambuco,
ottime per fare marmellate in Germania e considerate invece velenose
in Francia (e da questo punto di vista personalmente mi sento più
tedesco che francese). Nell’idea di velenosità delle bacche di
sambuco c’è del vero data la presenza di composti cianogeni, che
liberano cioè acido cianidrico. Tuttavia le quantità sono tali da
essere reputate innocue, visto l’acido cianidrico ha una DL50
(class.GHS/CLP)
compreso tra il tossico
e nocivo
La
storia è stata anche un modo per trasmettere notizie di casi di
avvelenamento che hanno contribuito a diffondere timori che hanno
profondamente colpito l’immaginazione popolare. E’ il caso di
certi avvelenamenti capitati agli equipaggi di navi e arrivati a noi
dopo i ritorni dei grandi navigatori dalle loro esplorazioni. Ad
esempio durante il secondo viaggio di Colombo alcuni dei suoi marinai
scoprirono dei baccelli che rassomigliavano alle fave che mangiavano
in patria per cui li raccolsero, li cucinarono, li mangiarono e molti
ne morirono. Si trattava di una forma selvatica di una fabacea del
genere Canavalia che
annovera alcune specie velenose. Dei marinai di Cook videro che gli
aborigeni mangiavano dei semi e del midollo di palma cycas
e fecero come loro, ma si ammalarono gravemente. La spiegazione che
si diede fu che gli aborigeni erano più robusti degli europei mentre
la differenza stava nella preparazione: gli indigeni infatti
polverizzavano semi e midollo e poi ponevano la farina in acqua
rinnovando più volte l’acqua stessa in modo da eliminare le
sostanze tossiche.
La
stessa cosa capitò alla prima spedizione inglese attraverso
l’Australia: rimasta a corto di cibo, mangiarono dei giovani
ricacci di felce, come d’altronde alcuni facevano in Europa. Solo
che essendo il solo cibo disponibile pian piano si ammalarono di una
malattia simile al beri-beri.
In seguito fu dimostrato
che le fronde fogliose delle felci contengono una antivitamina B,
vale a dire un enzima (la thiaminasi) che idrolizza l’amminoacido
tiamina, per cui gli esploratori si ammalarono di avitaminosi.
Gli
olandesi e gli inglesi prigionieri dei giapponesi ricevevano solo
riso come razione alimentare, per cui erano soggetti a deperimento
per mancanza di alimenti proteici. Essi chiesero allora dei semi di
soia da cuocere ma probabilmente la cottura fu insufficiente per cui
la digeribilità era scarsa. Per fortuna però gli olandesi avevano
visto che in Indonesia i locali mangiavano i semi di soia dopo
fermentazione, per cui adottarono tale metodo che si rivelò capace
di fornire un minimo di proteine alla razione ed anche delle preziose
vitamine create dai fermenti. Venendo all’attualità, ora che
l’abitudine a mangiare germogli o latte di soia si è diffusa, non
bisogna mai scordare che la soia è ricca di estrogeni e questo a noi
occidentali può causare qualche inconveniente mentre per gli
asiatici la cosa si rivela meno problematica in quanto la storica
abitudine a cibarsi di soia ha probabilmente selezionato genotipi più
adatti a cibarsene.
E’
più raro che gli animali siano dei ricettacoli fisiologici di veleni
come i vegetali. Ciò avviene per specie che si collocano alla
sommità della catena alimentare, per cui accumulano veleni e residui
tossici inseritisi nella catena alimentare più a valle. E’ questo
ad esempio il caso della “ciguatossina”, prodotta da un’alga
microscopica del gruppo dei dinoflagellati. Solo l’esperienza e la
conoscenza profonda dei pesci permette di auto proteggersi. Anche
certi crostacei presentano lo stesso fenomeno e le cause sono sempre
ascrivibili a delle alghe microscopiche.
Gli
antinutrizionali
I
composti antinutrizionali (o antinutrienti) sono sostanze naturali o
di sintesi che interferiscono con l'assorbimento dei nutrienti.
Vediamone una rapida rassegna.
- Inibitori del metabolismo calcico
In
letteratura si trova notizia di un dibattito avvenuto presso
l’Accademia delle Scienze di Parigi nel 1927 a proposito del
rabarbaro (Rheum
officinale). Di questa
pianta sono usate solo i piccioli delle foglie, ma si è annoverato
un caso per cui il magiare piccioli e foglie come se fossero spinaci
ha provocato un decesso. L’inchiesta condotta mostrò che la causa
era data dall’acido ossalico (sostanza presente in molte altre
specie quali le chenopodiacee e Rumex
acetosella) che a piccole
dosi conferisce il gradevole sapore d’agro all’acetosella. Quando
invece è assunto in dosi elevate l’acido si comporta come
“catturatore” dell’elemento calcio con cui crea sali molto
stabili; evacuati con le feci possono provocare decalcificazioni
gravi. Il rabarbaro coltivato, infatti, è del tipo “dolce”, cioè
creato dall’uomo per selezione. Un frutto esotico come la
“carambole” (Averrhoa
carambola) esiste di due
tipi, uno dolce ed uno molto più agro per un contenuto in acido
ossalico eccessivo.
In
zootecnia si sa che l’alimentazione con concentrato provoca carenze
calciche negli animali, infatti l’acido fitico (inositolesafosfato)
contenuto nei semi e che serve per trattenere i sali minerali, forma
durante la digestione degli animali dei sali stabili di calcio e
fosforo che nello stomaco dei monogastrici non sono idrolizzati e
quindi sono espulsi, generando due conseguenze abbastanza gravi: la
prima è la carenza di questi elementi negli animali, mentre la
seconda è l’eutrofizzazione per opera del fosforo provocata nelle
acque dove finiscono questi liquami. Il miglioramento genetico non
riesce a diminuire l’acido fitico perché è fisiologico per le
piante ed è notizia recente che i cinesi, grandi allevatori di
monogastrici, hanno risolto il problema per via transgenica.
- inibitori non specifici delle proteasi
Il
sorgo da granella è una materia prima che entra nella composizione
dei mangimi, è in concorrenza con il granoturco, ma ha il difetto
che i semi delle pannocchie situate nella parte distale della pianta
sono molto appetite dagli uccelli e in certi ambienti i danni possono
essere anche gravi. Un selezionatore vide che certi piante non erano
visitate dagli uccelli e quindi pensò di selezionarli per farne una
linea “resistente agli uccelli”, ma quando sperimentò
l’utilizzazione di questi semi si accorse che erano pressoché
velenosi per l’alto contenuto in tannini. I tannini appartengono
alla famiglia dei polifenoli ed hanno la caratteristica di fissarsi
alle proteine e denaturarle; inoltre limitano l’attività degli
enzimi digestivi come le proteasi. I tannini idrosolubili non sono
inibitori, ma conferiscono sapori astringenti. Anche il sorgo
foraggero allo stato giovanile ha contenuti in esteri cianidrici di
cui vedremo in seguito l’azione venefica e che, però, scompaiono
con l’avanzare dell’età della pianta.
- amminoacidi tossici
Ackee |
Se
gli amminoacidi sono i componenti del nostro corpo come fanno ad
essere tossici? Tutti noi conosciamo l’importanza degli amminoacidi
solforati (metionina, cisteina e cistina); quando, però, al posto
dello zolfo s’inserisce il selenio (si proprio quello tanto
decantato per combattere i radicali liberi che fanno invecchiare) e
questo supera certe dosi esso può divenire tossico. Chiariamo che in
Italia nel terreno vi è abbastanza selenio per non creare carenze e
che per assumerne una dose tossica dalle patate bisogna mangiarne a
dismisura. Però in certe zone come nelle zone selenifere della
Colombia il mais raccolto contiene molti amminoacidi selenici che
provocano vomito, diarrea, perdita dei capelli e casi simili si
verificano in altre zone del mondo caratterizzate da eccessiva
presenza di selenio.
La
fenilalanina
un amminoacido indispensabile per i soggetti normali è invece un
veleno per gli affetti da fenilchetonuria. Infatti laddove si
dolcifica con aspartame occorre menzionare la presenza della
fenilalanina perchè il metabolismo della molecola dolcificante
produce appunto l’amminoacido. Tuttavia essa è presente anche
nelle fave, nel grano e nell’avena, anzi si è sospettato per lungo
tempo che fosse l’agente del favismo. Tuttavia l’amminoacido più
pericoloso è un amminoacido conosciuto con l’acronimo di “Odap”
(acido diammino propionico) e che è la causa del “latirismo” che
si manifesta con turbe nervose irreversibili perché interferisce sul
metabolismo dell’acido glutammico. Esso è contenuto nel Latyirus
sativus una leguminosa
meglio conosciuta come “cicerchia” ; un legume ridivenuto di
moda per la ricerca di cibi antichi “naturali” ed il cui uso
favorisce la conservazione della biodiversità, ma che interferisce
con il metabolismo dell’acido . Un frutto molto attraente è la
Blighya sapida o
“akee”, La
pianta lo è sia per i suoi fiori che per i suoi frutti molto
colorati. Il nome deriva da Bligh, un comandante di navi negriere che
pensò bene di portare in Giamaica questo frutto di origine africana
al fine di far trovare agli schiavi qualcosa che ricordava loro il
continente di provenienza. Solo che col tempo la memoria storica si
perse e i frutti non furono più mangiati con le precauzioni delle
tradizioni africane, ma anzi furono confusi con altri frutti
perfettamente commestibili. Infatti in Africa si coglievano solo i
frutti ben maturi e non si mangiavano subito, ma previa cottura che
eliminava la tossicità dovuta ad un derivato della beta-alanina che
provoca ipoglicemie molto gravi.
- Le antivitamine
Forse
pochi sanno che delle 13 vitamine ben otto possono essere più o meno
contrastate da antivitamine provenienti dagli alimenti e fra queste
vi sono le quattro vitamine liposolubili. I caroteni, dei quali
alcuni sono provitamine A, sono distrutti dalla lipoxigenasi presente
nella soia. I semi di soia crudi provocano rachitismi presso i
volatili ed infatti occorre somministrare vitamina D. Un enzima che
idrolizza la vitamina E è presente nei semi crudi di fagiolo. Le
vitamine del gruppo B sono anch’esse soggette ad antivitamine
alimentari: la B1 ha un’antivitamina contenuta nelle felci e studi
dimostrano che il latte di bovini al pascolo che si sono alimentati
di felci possono essere vettore di sostanze generatrici di cancro
gastrico. La vitamina B6 ha un’antivitamina nei semi di lino e i
semi di soia crudi contengono un’antivitamina B12.
- Gli alcaloidi
Gli
alcaloidi sono dei composti a formula molto varia, che contengono
almeno un atomo di azoto per molecola e di cui spesso non si conosce
il preciso ruolo biologico delle piante che li contengono. Alcuni
alcaloidi hanno azione così potente da assumere connotazione
farmaceutica mentre altri rendono certi alimenti o bevande ricercate.
Per molto tempo si sono creduti sostanze tipiche del mondo vegetale,
mentre ultimamente sono stati scoperti anche sulla pelle di anfibi
velenosi. Quando in una stessa specie si sono scoperte varietà a
contenuto di alcaloidi scarso si è anche scoperto che le varietà a
contenuto elevato erano più resistenti ai predatori a causa del loro
sapore molto amaro, un po’ come accade per i composti cianogenetici
di certe piante come la manioca. Da antica data gli alcaloidi sono
stati sfruttati per avere visioni soprannaturali (accesso alla
divinità) o, in epoche più recenti, per accedere ai “paradisi
artificiali”. Gli effetti sonniferi della solanina sono noti così
come noti sono gli effetti eccitanti della caffeina presente in
caffè, the, mathè e la noce di cola. La nicotina un
alcaloide parasimpaticomimetico piuttosto tossico prima usato come
insetticida aspecifico mentre i neonicotinoidi di sintesi sono più
specifici anche se vengono colpevolizzati come degli Attila moderni,
ma senza fondamento scientifico se usati secondo le regole. Perché
non ci si è scagliati a suo tempo contro gli estratti di nicotina,
peraltro prodotti dallo Stato nei suoi monopoli del tabacco?
- Il sospetto con cui sono state accolte le solanacee del nuovo mondo.
Il
motivo di tale sospetto è da ricercare dal fatto che la nostra
esperienza era riferita a solanacee velenose (belladonna,
giusquiamo, mandragora, datura ecc) e il cui uso per scopi
medicamentosi era avvolto da un alone di stregoneria. Fino alla
scoperta dell’America nessuna solanacea rientrava nelle tradizioni
alimentari del Vecchio Mondo, eccezion fatta per il Solanum
nigrum utilizzato
nei periodi di carestia e
per la melanzana, una solanacea pervenutaci dall’India, ma africana
d’origine. Quest’ultima è entrata nell’uso prima come frutto
afrodisiaco e solo dopo come verdura. E’ per questo che i medici
del tempo accolsero malamente le solanacee tipo patata, pomodoro e
peperone. Inoltre il fatto che fossero mangiate da popoli considerati
selvaggi e quasi non umani non giocava certo a loro favore. A quel
tempo i cibi sconosciuti erano sospettati di provocare la peste e la
lebbra; inoltre il fatto che le patate fossero divenute cibo dei
poveri le assimilò al cibo per animali per cui ci volle la pazienza
di Parmentier perché le patate comparissero sulla tavola degli
aristocratici. L’aspetto attraente del frutto del pomodoro (che
probabilmente all’inizio era giallo) non giocò a suo favore e anzi
l’aspetto portò ad assimilarlo alla mela di Eva; non per niente
alla specie venne dato il nome di Lycopersicon
(mela del lupo). Fummo noi italiani a sdoganare il pomodoro ed a
farne un nuovo prodotto orticolo.
Probabilmente
il contenuto in solanina dei tuberi di patate che mangiavano già gli
amerindi era molto diminuito rispetto a certe specie selvatiche, ma
sicuramente eventuali tuberi inverditi e la comparsa del sapore amaro
hanno mantenuto vivo il sospetto. Le intossicazioni segnalate nel
tempo non erano forse dovute alla solanina, ma ad altre cause
microbiologiche e forse l’unica vera intossicazione da solanina è
quella dei soldati che si erano nutriti delle patate abbandonate sul
terreno dai contadini in fuga per la fase francese della guerra dei
Trent’anni (1618-1648) Vi è un’altra pianta solanacea alimentare
d’origine americana, anche se poco nota, si tratta della Physalis
peruviana ed il cui nome
volgare è “uciuva” per le bacche gialle grosse come chicchi
d’uva. Essa assomiglia molto all’alkekengi e il “tomatl”
degli Aztechi sembra
proprio essere questa e non il pomodoro.
- I Glicosidi, le Lectine e altre sostanze tossiche
- La famiglia della Fabacee americane
Canavalia |
Sicuramente
per i marinai di Cristoforo Colombo valse il ragionamento contrario
fatto precedentemente per le solanacee. Infatti sono riportati
avvelenamenti mortali da parte di marinai che si erano nutriti di
specie indigene di fabacee. Nel Vecchio Mondo era norma nutrirsi di
lenticchie, ceci, piselli e “fagioli dall’occhio” che in realtà
appartenevano al genere Vigna
non al genere Phaseolus,
da noi ancora sconosciuto, ma presente nel Nuovo Mondo assieme a
tanti altri. Probabilmente i marinai stufi del rancio della nave si
saranno detti che il contenuto di certi baccelli da loro trovati si
poteva mangiare come a casa loro. Purtroppo però saranno capitati
sul genere Canavalia ed
ecco le gravi intossicazioni, infatti nella specie C.
obtusifolia si sono
identificate undici sostanze antinutrizionali o tossiche (proteine,
saponine, polifenoli e poliamine), per cui la suddetta pianta sia nel
suo insieme che nei suoi semi è veramente pericolosa.
Se
vogliamo anche il Phaseolus
vulgaris, il comune
fagiolo, non è immune da inconvenienti e non per niente i topi non
mangiano fagioli crudi. I fagioli infatti contengono una lectina
detta “fitoemagglutenina”, velenosa ma che scompare dopo solo 10
minuti di bollitura, rendendo i fagioli cotti perfettamente
commestibili. Anche i fagiolini in baccello sono mangiati cotti e
quindi depurati. E’ per questo che non si mangiano i germogli di
fagiolo. Il fagiolo di Lima (Phaseolus
landaus) è ancora molto
più pericoloso perché contiene acido cianidrico nei semi sotto
forma di glicoside. Ha bisogno di climi tropicali e quindi è
coltivato e mangiato in Africa ed in America centrale, ma per
renderlo commestibile lo si deve far bollire due volte eliminando
l’acqua di bollitura]. Gli amerindi ben lo sapevano, mentre gli
africani lo scoprirono a proprie spese
- La fava (Vicia faba) e la cicerchia (Lathyrus sativus) nostrane
Il
clero dell’antico Egitto si sottoponeva a regole molto strette e
fra queste l’interdizione a mangiare certi cibi: uno di questi era
la fava di cui rifuggivano anche la sola visione. Pitagora nella sua
comunità aveva piazzato il mangiar fave come un peccato (alcuni vi
hanno trovato collegamenti con l’impudicizia in quanto alla
germinazione la forma assunta richiamerebbe l’organo sessuale
femminile o addirittura i semi richiamano i testicoli maschili).
Tuttavia in queste credenze possiamo ritrovarvi anche qualcosa di
razionale se pensiamo che il mangiare fave per molto tempo da parte
di certi individui può portare a morte a causa di una intossicazione
detta “favismo”. Si è scoperto anche che la malattia è mortale
solo presso i maschi ed, infatti, uno studio genetico ha fatto
scoprire che l’anomalia metabolica è legata al sesso e più
precisamente a un gene recessivo situato sul cromosoma X, e colpisce
solo quegli individui che mancano di un enzima (G6PDH) necessario a
lottare contro lo stress ossidativo. Evidentemente i maschi possono
essere più carenti nell’enzima, mentre le femmine meno (avendo due
cromosomi X). La malattia fa scoppiare i globuli rossi con
conseguente anemia che man mano si aggrava. Lo stesso enzima, in uno
studio sulla maggiore frequenza degli ultracentenari che vi è in
Sardegna, è stato chiamato in causa come spiegazione.
In
Tunisia ancora oggi quando le mamme fanno sgranare i piselli ai
ragazzi proibiscono ai maschi di mangiare piselli crudi mentre
l’interdizione non vale per le femmine. Evidentemente è ancora ben
presente il ricordo di quando ci si cibava di cicerchia che provocava
disordini nervosi fino alla paralisi. Il composto è un acido
diaminico conosciuto con l’acronimo di “Odap”. Esso si
sostituisce all’acido glutammico quando questo funge da
neurotrasmettitore. Fino ad ora il modo d’azione dell’Odap e il
perché le femmine siano meno colpite non è chiarito ed in ogni caso
ne il lavaggio ne la cottura apportano rimedi. Benché il pericolo
della malattia del “Latirismo” sia conosciuto in molti paesi
sottosviluppati la cicerchia si coltiva ancora e la si mangia anche
se con molta parsimonia.
CONCLUSIONI
I
molteplici esempi riportati mostrano che sostanze dannose per l'uomo
e gli animali sono ampiamente diffuse nel mondo vegetale. La presenza
di tali sostanze si giustifica almeno in parte con il fatto che
le piante vogliono evitare di essere mangiate dagli erbivori o
difendersi dagli aggressori in genere, per cui nei milioni di anni da
cui popolano la terra si sono selezionati individui con tenori
elevati di tali sostanze. Ciò si traduce nel fatto che l'idea
secondo cui "naturale = buono" e artiiciale=cattivo" è
a tutti gli effetti un mito, il che dovrebbe indurre tutti noi a
riflettere sul notro rapporto con la natura. Ciò investe anche la
polemica odierna sui pesticidi in quanto molte delle sostanze
annoverate come pericolose e presenti nei vegetali sono dei pesticidi
aspecifici naturali e di cui l’uomo si è servito e se ne serve
ancora proprio in agricoltura biologica. Facciamo qualche nome per
meglio orientare il lettore: nicotina (tabacco), caffeina, piretro,
capsaicine (peperone), (2,4-dihidroxy-7-metoxy-1-4-benzoxamine-3-one)
aconimo DIMBOA (cereali a paglia), acido tetradecanoico (noce
moscata), pulegone (menta piperita), carvacrolo o cifofenolo
(origano, timo e crescione), eugenolo (noce moscata, basilico, chiodi
di garofano). Tutto ciò ha fatto scrivere nel 1990 a Bruce Ames,
biochimico e biologo americano, professore emerito dell’Università
di Berkely, che il 99,9% dei pesticidi che ingeriamo con la dieta
sono di origine naturale
(qui).
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureto in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Grazie Alberto per la bella ripassata di fitotossicologia.
RispondiEliminaDella cicerchia e del problema del latirismo mi è capitato di occuparmene marginalmente svolgendo una ricerca che ho da poco terminato. Ho trovato che l'ODAP (acido 3-(N-oxalyl)-L-2,3-diaminopropionico) può essere eliminato o almeno fortemente ridotto tenendo la cicerchia in ammollo per 6-8 ore, cambiando ed eliminando più volte l'acqua di ammollo e facendo poi seguire una cottura prolungata. Nelle Marche la cicerchia locale ha persino ricevuto il marchio di qualità (QM) della Regione...
Sergio Salvi
infatti - prima si campava di meno e adesso si campa molto ma molto dippiu'
RispondiEliminaSergio
RispondiEliminaIn quest'epoca di pressapochismo, di slogan, di notizie bevute e mai controllate credo che possa essere utile per chi ha mente aperta alla conoscenza far toccare con mano che la "dea natura" è "double face" come tutte le cose d'altronde ed ogni organismo per sopravvivere agisce in modo egoistico, come tu ben sai anche i geni che sorreggono i caratteri ereditari sono egoistici. Inoltre non esiste l'uomo rispettoso della natura e l'uomo non rispettoso, esiste l'uomo che moodifica da sempre ciò che lo circonda. Oggi siamo in 7,5 miliardi e abbiamo strumenti enormemente più impattanti nelle modifiche e quindi dobbiamo riflettere molto di più nell'uso che facciamo dei nostri strumenti, ma certo la soluzione non sta nel mettersi in adorazione della "natura".
Bellissimo articolo.
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