trascrizione di Sergio Salvi
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Tra le attività svolte da Nazareno
Strampelli a Camerino subito dopo il conseguimento della laurea in
Agraria (1891) e prima del suo trasferimento a Rieti (1903) vi fu anche
quella di redattore e direttore del Bollettino del Comizio Agrario
Camerinese. Su questo periodico Strampelli scrisse oltre 60
articoli, prevalentemente a carattere tecnico-divulgativo, otto dei
quali dedicati alla vite e al vino. Insieme ad altre due brevi note,
pubblicate sempre in quegli anni su L’Agricoltura Italiana, vi
proponiamo, in dieci puntate, uno Strampelli nella veste inedita di
cultore della materia vitivinicola, sperando che i contenuti di questi
articoli, scritti tra il 1896 e il 1901, siano utili a fornire qualche
spunto di riflessione e di confronto rispetto alla realtà vitivinicola
odierna.
(Bollettino del Comizio Agrario Camerinese, anno XXXIV, 1901, Maggio, n. 5, pp. 25-28)
«L’ultimo raccolto del prodotto delle nostre viti, purtroppo assai misero, sarà valso certamente a far nascere in tutti i viticultori il proponimento di combattere accuratamente, in quest’anno che corre, i malanni che attaccano l’arbusto tanto prezioso.
Noi nella certezza che tutti, senz’altro, si accingano con alacrità alla lotta per la conservazione di un prodotto, che è tanta parte della nostra ricchezza, e per il desiderio vivo di contribuire alla riuscita di queste lotta, ci permettiamo di intrattenere, ancora una volta, i nostri lettori intorno ai rimedi atti a combattere l’oidio e la peronospora, cercando di ricordare alcune norme principali la cui osservanza determina l’efficacia dei rimedi stessi.
Solfo, solfato di rame, calce ed acqua sono le sostanze che, per modo di dire, costituiscono la munizione necessaria ai viticoltori in questa lotta anticrittogamica, come le pompe ed i solforatori ne sono le armi.
Ben facilmente si comprende, che bisogna incominciare dal provvedersi le migliori armi, le migliori munizioni.
Lo zolfo deve essere puro e finissimo perché la sua azione è tanto maggiore per quanto è maggiore la sua finezza. Il ventilato è il più fino di tutti, e costa naturalmente più di tutti ma se ne impiega una minor quantità, siccome la sua efficacia è tanto maggiore degli altri. Noi consigliamo il ventilato ramato al 3%, perché con esso si combatte contemporaneamente l’oidio e la peronospora dei grappoli.
Nell’acquisto del solfato di rame, non dobbiamo accontentarci di vederlo in grossi pezzi, di un bel colore turchino, entro botti con tanto di marca inglese, perché può essere adulterato ugualmente con sostanze di minor costo e che non hanno alcuna azione anticrittogamica: ma dobbiamo sempre esigere che esso dia all’analisi un titolo di purezza di almeno 98%. Avendo il grado di purezza non c’è da badare né se è bello o no, né se è in pezzi grossi o piccoli, né tanto meno, se è inglese o italiano. Non vi è certamente alcuna ragione di ricercare che la marca sia di una Ditta di Birmingham piuttosto che di Rifredi, a meno che gli Inglesi non mettano nel loro solfato, e si trasfonda poi in noi, un po’ di quella energia e vitalità che ci manca. Ed a parità di condizioni, di purezza e prezzo, farebbe forse male un po’ di amor di patria?
La calce non deve contenere né sostanze dannose, né inutili, deve esser grassa. Si spenga con cura, se ne tolga accuratamente lo scheletro e la si mantenga sempre fresca, conservandola sotto uno strato di acqua o ricoprendola con sabbia umida.
Anche l’acqua deve essere abbastanza pura, e specialmente non deve contenere in sospensione del materiale terroso che può facilmente ostruire le pompe.
Gli antichi soffietti sieno sostituiti con soffietti o solforatrici, muniti di trituratore e polverizzatore. Con questi oltre ad una maggiore economia nello zolfo e nella mano d’opera, si consegue una distribuzione ed una polverizzazione più regolare ed uniforme, siccome i grumi che si formano anche nei zolfi migliori vengono triturati dall’apparecchio trituratore e polverizzatore, che manca nei soffietti vecchi.
Le pompe irroratrici debbono essere a recipiente di rame, possibilmente a stantuffo, perché meno facili a guastarsi, con tubo in gomma prolungato da tubi di ottone alla cui estremità sia il polverizzatore, che permetta (e ciò importa più d’ogni altra cosa) l’uscita del liquido sotto forma di minuta nebbia.
Lo zolfo lo applichiamo tal quale ci viene fornito dal commercio; il solfato di rame, la calce e l’acqua l’adopriamo per preparare delle miscele che vanno sotto il nome di poltiglie bordolesi o poltiglie cupro-calciche.
Noi, perché gli agricoltori possano evitare gli inconvenienti poco piacevoli causabili da una cattiva preparazione di poltiglia, crediamo dover ricordare qui sotto il procedimento di preparazione della poltiglia a formola ufficiale, ed anche quello della poltiglia a formola Cavazza, che secondo noi offre dei vantaggi maggiori che non quella ufficiale.
Noi nella certezza che tutti, senz’altro, si accingano con alacrità alla lotta per la conservazione di un prodotto, che è tanta parte della nostra ricchezza, e per il desiderio vivo di contribuire alla riuscita di queste lotta, ci permettiamo di intrattenere, ancora una volta, i nostri lettori intorno ai rimedi atti a combattere l’oidio e la peronospora, cercando di ricordare alcune norme principali la cui osservanza determina l’efficacia dei rimedi stessi.
Solfo, solfato di rame, calce ed acqua sono le sostanze che, per modo di dire, costituiscono la munizione necessaria ai viticoltori in questa lotta anticrittogamica, come le pompe ed i solforatori ne sono le armi.
Ben facilmente si comprende, che bisogna incominciare dal provvedersi le migliori armi, le migliori munizioni.
Lo zolfo deve essere puro e finissimo perché la sua azione è tanto maggiore per quanto è maggiore la sua finezza. Il ventilato è il più fino di tutti, e costa naturalmente più di tutti ma se ne impiega una minor quantità, siccome la sua efficacia è tanto maggiore degli altri. Noi consigliamo il ventilato ramato al 3%, perché con esso si combatte contemporaneamente l’oidio e la peronospora dei grappoli.
Nell’acquisto del solfato di rame, non dobbiamo accontentarci di vederlo in grossi pezzi, di un bel colore turchino, entro botti con tanto di marca inglese, perché può essere adulterato ugualmente con sostanze di minor costo e che non hanno alcuna azione anticrittogamica: ma dobbiamo sempre esigere che esso dia all’analisi un titolo di purezza di almeno 98%. Avendo il grado di purezza non c’è da badare né se è bello o no, né se è in pezzi grossi o piccoli, né tanto meno, se è inglese o italiano. Non vi è certamente alcuna ragione di ricercare che la marca sia di una Ditta di Birmingham piuttosto che di Rifredi, a meno che gli Inglesi non mettano nel loro solfato, e si trasfonda poi in noi, un po’ di quella energia e vitalità che ci manca. Ed a parità di condizioni, di purezza e prezzo, farebbe forse male un po’ di amor di patria?
La calce non deve contenere né sostanze dannose, né inutili, deve esser grassa. Si spenga con cura, se ne tolga accuratamente lo scheletro e la si mantenga sempre fresca, conservandola sotto uno strato di acqua o ricoprendola con sabbia umida.
Anche l’acqua deve essere abbastanza pura, e specialmente non deve contenere in sospensione del materiale terroso che può facilmente ostruire le pompe.
Gli antichi soffietti sieno sostituiti con soffietti o solforatrici, muniti di trituratore e polverizzatore. Con questi oltre ad una maggiore economia nello zolfo e nella mano d’opera, si consegue una distribuzione ed una polverizzazione più regolare ed uniforme, siccome i grumi che si formano anche nei zolfi migliori vengono triturati dall’apparecchio trituratore e polverizzatore, che manca nei soffietti vecchi.
Le pompe irroratrici debbono essere a recipiente di rame, possibilmente a stantuffo, perché meno facili a guastarsi, con tubo in gomma prolungato da tubi di ottone alla cui estremità sia il polverizzatore, che permetta (e ciò importa più d’ogni altra cosa) l’uscita del liquido sotto forma di minuta nebbia.
Lo zolfo lo applichiamo tal quale ci viene fornito dal commercio; il solfato di rame, la calce e l’acqua l’adopriamo per preparare delle miscele che vanno sotto il nome di poltiglie bordolesi o poltiglie cupro-calciche.
Noi, perché gli agricoltori possano evitare gli inconvenienti poco piacevoli causabili da una cattiva preparazione di poltiglia, crediamo dover ricordare qui sotto il procedimento di preparazione della poltiglia a formola ufficiale, ed anche quello della poltiglia a formola Cavazza, che secondo noi offre dei vantaggi maggiori che non quella ufficiale.
Preparazione della poltiglia cupro-calcica a formula ufficiale.
Preparati 100 litri di acqua, se ne mettono 90 nel recipiente, mastello, tino, bigoncio, ecc. destinato esclusivamente a questo scopo, si scioglie a caldo un chilo di solfato di rame in 5 litri di acqua in un vaso di coccia o di rame (mai di ferro) e si versa questa soluzione sui 90 litri di acqua. In altri 5 litri di acqua si stempera con cura mezzo chilo di calce viva, o un chilo di calce spenta piuttosto asciutta, o due chili di calce spenta in pasta, se ne fa latte di calce che si versa a poco a poco ed agitando con un bastone, nel recipiente ove furono posti i 90 litri di acqua più i 5 litri di soluzione di sofato di rame. La poltiglia è ben preparata se la melma che si deposita ha un bel colore celeste ed il liquido sovrastante è perfettamente incolore. Se la melma è troppo spallida allora occorre aggiungere dell’altro solfato di rame sino ad ottenere il bel celeste; se per il contrario il liquido è colorato in azzurro si deve aggiungere dell’altro latte di calce.
Il solfato di rame si può sciogliere anche a freddo, in tal caso nel mastello o tino si mettono 95 litri di acqua, il solfato si pone in un sacchetto e si sospende nei 95 litri di acqua in maniera però che ne sia appena appena ricoperto; se si lasciasse cadere in fondo occorrerebbero parecchi giorni per potersi disciogliere. Poi si stempera e si versa calce come sopra.
Preparazione della poltiglia cupro-calcica a formula Cavazza.
Lo diciamo subito questa poltiglia ha il vantaggio di una preparazione assai più facile e semplice e di permettere una notevole economia in solfato di rame; inoltre possiamo aggiungere che essa è efficacissima quanto le altre poltiglie bordolesi ed anche di più.
Della preparazione della poltiglia Cavazza abbiamo già parlato in un nostro breve articolo pubblicato nel N.5, anno 2° della seconda serie di questo Bollettino; ma per comodo dei nostri agricoltori ne ripetiamo il procedimento.
In un recipiente abbastanza grande si pongono due chili di calce per ogni ettolitro di capacità, si stempera per bene con acqua, e sempre con acqua si riempie il detto recipiente avendo cura di agitare. Si lascia in riposo per qualche tempo, fino a che la calce eccedente si sia depositata al fondo e l’acqua sovrastante al deposito sia quasi limpida o leggermente inalbata. Questa acqua sarà satura di calce ed è di essa e non del deposito che noi dovremo servirci nel fare la miscela cupro-calcica.
Siccome questa acqua di calce non si altera, avendo un serbatoio od un recipiente ampio, in una sol volta si può preparare tutta la quantità che può occorrere nell’intiera stagione; e tale preparazione in grande dell’acqua di calce semplicizza assai quella della poltiglia, volta volta che se ne deve far uso.
Avendo pronta l’acqua di calce, la miscela si prepara in pochi minuti, sciogliendo in poca acqua calda gr 750 di solfato di rame e versando tale soluzione su 100 litri di acqua di calce. La poltiglia è fatta ed indubbiamente ben fatta se si è proceduto nel modo indicato.
Abbiamo detto delle pompe, dei solforatori, dei zolfi, delle poltiglie, ora dobbiamo rammentare qualche norma indispensabile nell’applicazione pratica dei rimedi, che possiamo distinguere in solforazioni ed irrorazioni.
Solforazioni.
Nel parlare delle qualità che deve avere lo zolfo, abbiamo consigliato lo zolfo ramato, e qui ripetiamo ancora questo consiglio, siccome il rimedio più sicuro contro la peronospora è quello dei trattamenti misti, liquidi sulle foglie, polverulenti sui grappoli ed adoperando lo zolfo ramato per i trattamenti polverulenti ci difendiamo contemporaneamente dalla peronospora dei grappoli e dall’oidio.
Lo zolfo deve essere dato in maniera da avvolgere i germogli con una nube che poi si deposita e penetra in ogni meato.
Le solforazioni vanno fatte in giornate calme, senza vento e senza nebbie. Si incominci il lavoro di mattino presto quando le viti sono ancora umide, ma non bagnate.
Nelle ore più calde (dalle 10 antim. alle 2 pom.) specialmente nei mesi estivi, luglio ed agosto, si sospendano le solforazioni per evitare le bruciature.
La prima solforazione va fatta quando i germogli hanno la lunghezza di 6 o 7 cm ed hanno qualche fogliolina aperta per maniera che su di essi sia possibile il depositarsi dello zolfo. È bene antecipare che ritardare poiché i rimedi debbono esser sempre preventivi, massime per la peronospora.
La seconda solforazione si faccia in maggio avvanzato durante la fioritura o poco dopo.
La terza si esegua in luglio quando le bacche dell’uva hanno raggiunta la grossezza di piselli.
Bastano queste tre solforazioni? Esse sono le tre solforazioni sacramentali; ma il doverne fare ancora delle altre dipende dall’andamento della stagione; poiché se poco dopo una solforazione capita la pioggia è indispensabile ripeterla.
Nel parlare delle qualità che deve avere lo zolfo, abbiamo consigliato lo zolfo ramato, e qui ripetiamo ancora questo consiglio, siccome il rimedio più sicuro contro la peronospora è quello dei trattamenti misti, liquidi sulle foglie, polverulenti sui grappoli ed adoperando lo zolfo ramato per i trattamenti polverulenti ci difendiamo contemporaneamente dalla peronospora dei grappoli e dall’oidio.
Lo zolfo deve essere dato in maniera da avvolgere i germogli con una nube che poi si deposita e penetra in ogni meato.
Le solforazioni vanno fatte in giornate calme, senza vento e senza nebbie. Si incominci il lavoro di mattino presto quando le viti sono ancora umide, ma non bagnate.
Nelle ore più calde (dalle 10 antim. alle 2 pom.) specialmente nei mesi estivi, luglio ed agosto, si sospendano le solforazioni per evitare le bruciature.
La prima solforazione va fatta quando i germogli hanno la lunghezza di 6 o 7 cm ed hanno qualche fogliolina aperta per maniera che su di essi sia possibile il depositarsi dello zolfo. È bene antecipare che ritardare poiché i rimedi debbono esser sempre preventivi, massime per la peronospora.
La seconda solforazione si faccia in maggio avvanzato durante la fioritura o poco dopo.
La terza si esegua in luglio quando le bacche dell’uva hanno raggiunta la grossezza di piselli.
Bastano queste tre solforazioni? Esse sono le tre solforazioni sacramentali; ma il doverne fare ancora delle altre dipende dall’andamento della stagione; poiché se poco dopo una solforazione capita la pioggia è indispensabile ripeterla.
Irrorazioni.
Ogni volta che si carica la pompa non deve mai ommettere di agitare con un bastone la poltiglia, (qualunque ne sia la formula) contenuta nel recipiente ove fu preparata, per mescolare intimamente la parte liquida alla solida.
Nell’applicazione della poltiglia bisogna colpire con una minuta nebbia (ottenuta con ottimo polverizzatore) tutte la parti verdi della vite in maniera che ogni foglia (essenzialmente nella pagina superiore) ed ogni grappolo venga ricoperto da piccolissime goccioline della miscela cuprocalcica. E bisogna anche procedere rapidi per impedire l’unirsi di molte goccioline a formare delle grosse gocce che poi cadono in terra. Se una andata non è stata sufficiente a deporre il numero di goccioline necessarie, si ridà una passatina complementare appena si è prosciugato il liquido sparso nella prima passata. Le irrorazioni dobbiamo farle nelle ore in cui la rugiada non può arrecare danno, ossia appena essa è dissipata e quando si ha ancora il tempo che la poltiglia prosciughi prima che cali la notte, dalle 8 del mattino alle 6 pomeridiane; avvertendo però che anche per le irrorazioni, come già si è detto per le solforazioni, nei mesi di luglio ed agosto è necessario riposarsi dalle 10 antimeridiane alle 2 pomeridiane, perché nelle ore eccessivamente calde le irrorazioni possono esser dannose alle piante. I periodi in cui si consiglia fare le irrorazioni sono:
1° avanti la fioritura, appena si hanno delle foglie che hanno perduto lo strato lucido sulla loro pagina superiore.
2° a fioritura ultimata.
3° alla fine di giugno.
Ogni volta che si carica la pompa non deve mai ommettere di agitare con un bastone la poltiglia, (qualunque ne sia la formula) contenuta nel recipiente ove fu preparata, per mescolare intimamente la parte liquida alla solida.
Nell’applicazione della poltiglia bisogna colpire con una minuta nebbia (ottenuta con ottimo polverizzatore) tutte la parti verdi della vite in maniera che ogni foglia (essenzialmente nella pagina superiore) ed ogni grappolo venga ricoperto da piccolissime goccioline della miscela cuprocalcica. E bisogna anche procedere rapidi per impedire l’unirsi di molte goccioline a formare delle grosse gocce che poi cadono in terra. Se una andata non è stata sufficiente a deporre il numero di goccioline necessarie, si ridà una passatina complementare appena si è prosciugato il liquido sparso nella prima passata. Le irrorazioni dobbiamo farle nelle ore in cui la rugiada non può arrecare danno, ossia appena essa è dissipata e quando si ha ancora il tempo che la poltiglia prosciughi prima che cali la notte, dalle 8 del mattino alle 6 pomeridiane; avvertendo però che anche per le irrorazioni, come già si è detto per le solforazioni, nei mesi di luglio ed agosto è necessario riposarsi dalle 10 antimeridiane alle 2 pomeridiane, perché nelle ore eccessivamente calde le irrorazioni possono esser dannose alle piante. I periodi in cui si consiglia fare le irrorazioni sono:
1° avanti la fioritura, appena si hanno delle foglie che hanno perduto lo strato lucido sulla loro pagina superiore.
2° a fioritura ultimata.
3° alla fine di giugno.
4° circa alla fine di luglio o nell’agosto.
Ricordiamoci, però sempre che la peronospora si previene e non si cura, che per prevenire la peronospora occorre mantenere le foglie, in tutta la loro pagina superiore, ricoperte dalla poltiglia in maniera che questa possa proteggerla dagli attacchi del temuto malanno, e che per conseguenza, ogni qual volta, o per lavamento di pioggie o per ulteriore accrescimento dei tralci, si vedono foglie o parti di foglie non ricoperte da poltiglia, è indispensabile ripetere l’irrorazione.
Il numero adunque, dei trattamenti antiperonosporici in stagioni regolari può esser di quattro e nelle epoche dette, ma essi trattamenti dovranno essere tanto più numerosi per quanto più piovosa correrà la stagione.
N. S.
Ricordiamoci, però sempre che la peronospora si previene e non si cura, che per prevenire la peronospora occorre mantenere le foglie, in tutta la loro pagina superiore, ricoperte dalla poltiglia in maniera che questa possa proteggerla dagli attacchi del temuto malanno, e che per conseguenza, ogni qual volta, o per lavamento di pioggie o per ulteriore accrescimento dei tralci, si vedono foglie o parti di foglie non ricoperte da poltiglia, è indispensabile ripetere l’irrorazione.
Il numero adunque, dei trattamenti antiperonosporici in stagioni regolari può esser di quattro e nelle epoche dette, ma essi trattamenti dovranno essere tanto più numerosi per quanto più piovosa correrà la stagione.
N. S.
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico). È socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.
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