trascrizione di Sergio Salvi
Tra le attività svolte da Nazareno
Strampelli a Camerino subito dopo il conseguimento della laurea in
Agraria (1891) e prima del suo trasferimento a Rieti (1903) vi fu anche
quella di redattore e direttore del Bollettino del Comizio Agrario
Camerinese. Su questo periodico Strampelli scrisse oltre 60
articoli, prevalentemente a carattere tecnico-divulgativo, otto dei
quali dedicati alla vite e al vino. Insieme ad altre due brevi note,
pubblicate sempre in quegli anni su L’Agricoltura Italiana, vi
proponiamo, in dieci puntate, uno Strampelli nella veste inedita di
cultore della materia vitivinicola, sperando che i contenuti di questi
articoli, scritti tra il 1896 e il 1901, siano utili a fornire qualche
spunto di riflessione e di confronto rispetto alla realtà vitivinicola
odierna.
(Bollettino del Comizio Agrario Camerinese, anno XXXII, 1899, Novembre, n. 11, pp. 85-87).
Odore e gusto di muffa.
Non conservando bene le botti vuote, queste si ricoprono di muffe nella loro superficie interna. Basta tenere del vino anche per poco in botte, sia pure leggermente, ammuffita perché esso acquisti odore e sapore sgradevolissimi, dati da sostanze elaborate dal fungo della muffa del legno.
Unico rimedio
efficace, ma costoso e quindi consigliabile solo per vini fini, è
quello di togliere tale odore e sapore a mezzo dell’olio, che ha la
proprietà di sciogliere e trattenere in sé le sostanze puzzolenti
prodotte dalle muffe.
Ecco il
procedimento:
In botte ben
solforata, di capacità maggiore del volume del vino da risanare, si
getta dell’olio fino di olive, in ragione di 300 a 600 cc per ogni
ettolitro di vino (in casi molto gravi potranno esserne necessari
anche due litri) sull’olio si getta il vino, si agita
energicamente, con un bastone introdotto dal cocchiume, almeno per
un’ora; dopo una mezza giornata di riposo si torna nuovamente ad
agitare, dopo di che, si lascia in riposo fino a quando l’olio si è
tutto raccolto alla superficie ed allora si travasa nuovamente per
separare l’olio dal vino che deve esser consumato presto. L’olio
diviene cattivo non più atto all’alimentazione, ma può venire
utilizzato servendosene per l’illuminazione.
Se il cattivo
gusto fosse appena percettibile, si può servirsi di strisce di
cotone o lino, bianche, ben pulite ed imbevute di olio, le quali si
calano dentro il vino lasciandovelo per una quindicina di giorni, e
ripetendo l’operazione sino a che il cattivo odore non è tutto
scomparso. Per mantenere tese le strisce entro il vino, occorre
legare all’estremità inferiore di ciascuna un ciottoletto siliceo.
Sapore di secco od asciutto.
Sapore di secco od asciutto.
È un malanno che
si mostra nei vini conservati in botti, che furono precedentemente
lasciate per parecchio tempo aperte in cantine asciutte.
I rimedi
suggeribili sono:
1° di
immergere, nel vino da risanare, 2 o 4 limoni, per ettolitro, legati
ad un filo o ad una bacchetta, e di lasciarveli sino a che il vino
non sa di limone.
2° di versare
nella botte carbone di legna in ragione di grammi 500 a 1000 per
ettolitro, di mescolarlo completamente alla massa del vino, lasciare
depositare e travasare quindi il vino chiaro in botte pulita.
Il carbone da
adoperarsi a tale scopo, oltre all’essere ben polverizzato, dovrà
essere stato lavato con acido cloridrico diluito e poi con acqua.
3° di usare
l’olio di oliva nella maniera che si è detta per la muffa.
Sapore di
legno.
Il vino posto in fusto nuovo, o con parti nuove, non ben depurato, acquista un sapore anormale dovuto a sostanze del legno disciolte dall’alcool del vino stesso.
Il vino posto in fusto nuovo, o con parti nuove, non ben depurato, acquista un sapore anormale dovuto a sostanze del legno disciolte dall’alcool del vino stesso.
Purtroppo se il
gusto è molto accentuato non sempre è possibile risanare un vino
che sa di legno. Giova tentare i rimedi indicati per il secco, nonché
energiche chiarificazioni con colla di pesce, seguite magari da
filtrazioni a filtro a pasta.
Sapore di raspo.
Sapore di raspo.
Si ha quando il
vino ha bollito troppo tempo con le vinacce non diraspate. Per la cura di
questo inconveniente sono efficaci le ripetute chiarificazioni,
oppure si può anche ricorrere al taglio del vino con altro vino
debole e leggero.
Odore di
zolfo.
I cantinieri
confondono l’odore di acido solfidrico e quello di anidride
solforosa e designano entrambi indifferentemente come odore di zolfo.
L’acido
solfidrico dà al vino odore di uova putride, ed è prodotto dallo
zolfo attaccato durante la fermentazione del mosto.
Per liberare il
vino da tale cattivo odore si possono usare i travasi all’aria,
facendolo passare in recipienti di rame, sul fondo dei quali si sia
avuto cura di porre un pezzo di ferro non arrugginito. Tale
trattamento, però, presenta l’inconveniente che nel vino si
andranno, per l’azione dei suoi acidi, a disciogliere delle piccole
quantità di rame, e quindi miglior sistema è quello di travasare in
botti energicamente solforate.
L’anidride
solforosa ha odore identico a quello dello zolfo che brucia, e si può
avere nel vino quando le botti furono eccessivamente solforate,
oppure quando nel vino stesso si sono aggiunti solfiti in dosi troppo
elevate.
Il carbone
vegetale toglie benissimo tale odore, ma nella più parte dei casi
bastano dei semplici travasi all’aria.
Sapore di
rame.
Da uve molto
imbrattate di poltiglia bordolese o per troppo prolungato soggiorno
del mosto, oppure del vino, in recipienti di rame, si possono avere
vini che contengono dei sali cuprici dannosi alla salute. Questi vini
si presentano amari, di sapore stittico, nello stomaco producono
dolore, e possono provocare il vomito e le diarree.
Consigliabile è
la rifermentazione con uve o vinacce fresche, aggiungendo alla massa
gr 10 di zolfo per ettolitro. Ove tale operazione non fosse possibile
si mescoli al vino o del solfuro di sodio o del polisolfuro di
potassio (fegato di solfo) nella proposizione di gr 5 a 10 per
ettolitro.
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).
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