lunedì 6 giugno 2016

Se il Papa crede in bio


di Luigi Mariani

Si trova a Castel Gandolfo, residenza estiva dei papi.
Prodotti a marchio Fattorie Ville Pontificie
Scrive Vaklav Smil (2012) che il 45% dell’azoto che compone le proteine dei nostri corpi deriva dal processo (qui) inventato dal Nobel per la chimica del 1918 Fritz Haber e in virtù del quale l’azoto atmosferico viene convertito in ammoniaca e di qui in urea e cioè nei nutrienti per le piante, e se non nutriamo le piante non possiamo aspirare a nutrire il mondo. Scrive Smil che il processo Haber (ovviamente nella sua versione aggiornata) è essenziale per la sicurezza alimentare globale, nel senso che se malauguratamente decidessimo di farne a meno condanneremmo a morte tre miliardi di esseri umani: “Without the use of nitrogen fertilisers we could not secure enough food for the prevailing diets of nearly 45% of the world’s population, or roughly three billion people”.
Alla luce di ciò è inaccettabile l’accanimento dei seguaci dell’agricoltura biologica (organic farming) contro i concimi chimici di sintesi, che ritengono qualcosa di negativo dicendo in sostanza che una molecola d’urea che viene dai reni di un mammifero è buona mentre un’analoga molecola proveniente dal benemerito processo Haber isterilisce i suoli o addirittura nuoce alla salute delle persone. Una tale negazione della chimica è tanto più pericolosa oggi di fronte al fatto che La popolazione mondiale ha ormai superato i 7 miliardi di esseri umani, fatto questo che non ha precedenti nella storia della nostra specie. Una popolazione tanto ampia pone problemi di sicurezza alimentare e sostenibilità, non solo ecologica ma anche economica e socio-culturale. In sostanza come gli esploratori di un tempo ci siamo ormai addentrati in una “terra incognita” irta di pericoli, per affrontare i quali sono necessarie cultura, nervi saldi, immaginazione creativa e profonda conoscenza delle basi della produttività vegetale e animale. Da questo punto di vista è essenziale l’esempio che ci viene dalle classi dirigenti, alle quali è richiesto l’abbandono delle demagogie da sempre utilizzate come “instrumentum regni” e cioè come mezzo per conservare ed accrescere il proprio potere. Ecco allora che ci aspetteremmo dalle classi dirigenti una lezione di realismo e si saggezza. Tutto l’opposto di quello che stanno dando personaggi come Barak Obama, il principe Carlo e papa Francesco che hanno fra loro una cosa in comune e cioè credono in Bio, e dunque rifiutano la chimica di sintesi.

Per Papa Francesco la cosa è ancora più grave perché mi risulta che sia perito chimico e dunque persona che dovrebbe amare la chimica e la chimica organica in particolare, perché meglio di tutti dovrebbe comprenderne gli enormi meriti.

Sto scrivendo questo perché son reduce da una lettura dell’articolo dal titolo “CASTEL GANDOLFO, LA FATTORIA BIO DEL PAPA” (consultabile al sito “Il mio Papa” - qui). Tale lettura mi ha fatto letteralmente cadere le braccia perché ho scoperto non solo che il papa crede in Bio ma che la sua azienda a Castel Gandolfo è gestita secondo i dettami di questa forma di agricoltura. L’articolo in questione riporta un’intervista al direttore di questa azienda, Alessandro Reali, che invito tutti a leggere per apprezzare la povertà cultuale che ne emerge. Reali dichiara fra l’altro quanto segue: “Preferite sempre la concimazione organica con il letame a quella chimica. Le sostanze chimiche passano negli ortaggi e possono essere nocive a chi li mangia; inoltre, il letame rilascia lentamente microbatteri che contrastano funghi e batteri che crescono sulle piante.”. Mi pare ovvio che questo signore quando parla di “sostanze chimiche che passano negli ortaggi e possono essere nocive a chi li mangia” si riferisca all’urea di cui parlavamo più sopra. Che c’entra tutto ciò con la sicurezza alimentare di cui il papa dichiara a parole di essere tanto preoccupato? Perché su un tema tanto delicato si preferisca divulgare simili sciocchezze (a metà fra l'abuso di credulità popolare” e il “procurato allarme”) anziché affidarsi a chi di agricoltura se ne intende davvero e cioè, solo per fare un esempio, ai docenti di agronomia della Facoltà di agraria dell’Università del Sacro Cuore?

Rincorrere lo sciocchezzario agronomico espresso dalla moglie del Presidente degli Stati Uniti o dall’erede al trono dei Windsor o, qui da noi, dall’”agronomo” Carlo Petrini, aiuterà certo il Papa ad accreditarsi presso il jet set internazionale (un po’ come fece il gesuita Padre Ricci alla corte dell’Imperatore della Cina) ma non contribuirà ahimè in alcun modo a garantire la sicurezza alimentare globale.

Al riguardo pesano come pietre le parole di Sanjaya Rajaman, agronomo vincitore dell’edizione 2014 del World Food Price (2016): “L’agricoltura biologica può produrre cibo per 3 miliardi di persone mentre già oggi siamo in 7,3 miliardi. Le rese attuali dei cereali con le pratiche agricole moderne sono di circa 2,5 tonnellate per ettaro a livello mondiale. Con l’organico si ottengono in media 1,6 tonnellate di cereali. Il biologico può offrire alcuni benefici a chi coltiva verdura, frutta e fiori. Ma per soddisfare la domanda globale di cereali e tuberi serve una grande quantità d’azoto che non può venire dai concimi organici. Esiste la possibilità di conciliare diversi approcci in futuro sfruttando la flora microbica del suolo e ricorrendo ai pesticidi1 chimici per controllare i parassiti”.

Vaklav Smil e Rajaman Sanjaya, due voci autorevolissime. Troveranno orecchi pronti ad intenderle? Chi ha fede preghi perciò possa avvenire.


 1Perdono la coraggiosa (perchè ci vuol coraggio per andare contro il luogo comune…) Anna Mendolesi per aver tradotto l’inglese Pesticide in pesticida, che in italiano non esiste, mentre invece esiste fitofarmaco, inteso come medicina delle piante.

Bibliografia
Anna Mendolesi, 2016. “L’AGRICOLTURA BIOLOGICA NON CI PUÒ SALVARE. L’EDITING DEL GENOMA SI – INTERVISTA A SANJAYA RAJAMAN”, “La Lettura”, supplemento domenicale del Corriere della Sera, Domenica 29 maggio 2016 (disponibile qui).
Smil V., 2012. Nitrogen cycle and world food production, World Agriculture, 9-13 (disponibile qui).



Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del
Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

3 commenti:

  1. Luigi penso solo che siano stati imboccati dai loro consulenti di comunicazione. Negli Stati Uniti dalle lobby del bio che ormai hanno una rilevanza economica sempre più in crescita.

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  2. prima parte
    Ecco un aggiornamento.

    Il G8 del 2012 aveva lanciato questo programma: https://new-alliance.org/partners
    In altri termini una Nuova alleanza per la sicurezza alimentare e la nutrizione (NASAN) tra paesi in via di sviluppo (Bénin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Étiopia, Ghana, Malawi, Mozambico, Nigeria, Sénégal, Tanzania) e paesi industrializzati (Germania, Canada, Francia, USA , Italia, Giappone, Regno Unito, Russia e UE) su base volontaria.
    I primi si sarebbero impegnati a organizzare politiche che faciliterebbero degli investimenti responsabili da parte di privati per sostenere il piccoli agricoltori, mentre i secondi faciliterebbero gli investitori privati. E’ evidente che queste hanno intravisto che, seppure investendo nell’agricoltura dei piccoli agricoltori ed in modo responsabile, se ne può ricavare un interesse. Mio padre diceva che “neppure il cane mena la coda per nulla”.
    IL Parlamento Europeo a proposito dell’attuazione di questo programma ha voluto che si nominasse preliminarmente una commissione di studio le cui conclusioni sono state queste: “ benché l’obiettivo generale abbia fondamento non ci pronunciamo sulla necessità di: passare a modi di produzione più durevoli nel tempo, sostenere dei sistemi sementieri contadini in quanto la “durevolezza produttiva” potrebbe dinamizzare il mercato dei diritti fondiari e portare ad instaurarsi di un’emergenza sociale destabilizzatrice, mentre lo sviluppo sementiero potrebbe provocare un’agricoltura contrattuale”

     Cosa teme questa Commissione ? Teme che le varietà migliorate per quegli ambienti facciano diminuire la biodiversità genetica, che a loro avviso fa da freno alle variabilità climatiche, vale a dire che è meglio mantenere a livelli bassi e molto precaria la produzione agricola, piuttosto che produrre di più creare scorte per superare le stagioni non favorevoli. Teme che si distrugga il sistema attuale dello scambio delle sementi in quei paesi sottosviluppati, come se da noi le sementi migliorate abbiano fatto scomparire tutto ciò.
    Ricordo che in Europa, dove appunto è già avvenuto ciò che si teme avvenga in Africa, il 40/50% degli agricoltori ricava il seme di frumento dalla loro produzione dell’anno prima, ma con l’avvertenza di approvvigionarsi di piccoli quantitativi iniziali di sementi elette per ottenere questa semente aziendale. Dato poi che potrebbero rifiutarsi di seminare sementi ibride in quanto non riproducibili e quindi decidere di seminare altro, sono pronti a fare la rivoluzione se non trovano le sementi ibride più performanti che hanno individuato
    In altre parole si tratta di rifiutare l’essenza del progetto NASAM paventando pericoli solo al condizionale e di pura forma e niente sostanza.

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  3. seconda parte
    l parlamento europeo sta dibattendo oggi le risultanze di questa commissione di studio e vi è un concreto rischio che il documento sia approvato e esso divenga una palla al piede di ogni decisione in favore del programma. Infatti vi sono dei punti dello studio in cui si dice che la Commissione Europea deve:”fare in modo che chi degli europei partecipa: impedisca agli altri partner di non assecondare i diritti delle comunità locali, salvaguardi i bisogni dei piccoli agricoltori e che metta in atto delle garanzie ambientali, sociali, fondiarie, dei diritti dei lavoratori, dei diritti dell’uomo e norme di trasparenza strettissima sui piani di investimento. Gli eventuali investitori europei applichino poi politiche di responsabilità sociale nel stipulare contratti di lavoro e non facciano prevalere i loro interessi economici rispetto agli interessi della collettività.

    Ma ci si rende dei vincoli che sono insiti in tali direttrici se validate e imposte? Ci manca solo l’obbligo di nominare e ubbidire al “Commissario del Popolo” di staliniana memoria.

    Ora ammesso che si organizzasse l’alleanza NASAM sulle linee direttrici delineate sopra, significherebbe che nessuno si presterebbe ad aiutare questi popoli appunto per dei vincoli che facilmente porterebbero all’immobilismo ed al venir meno di qualsiasi interesse a dare concretezza all’Alleanza. Non solo, ma se tutto questo fosse organizzato non si realizzerebbe altro che un nuovo colonialismo voluto da una nuova ideologia terzomondista dove la fame regnerebbe sovrana. Infatti è facile vedere qui lo zampino delle ONG che fanno bello e cattivo tempo in Africa e che assumerebbero un tale potere da divenire dei novelli dittatori.

    Papa Francesco la sua recente enciclica non ha fatto altro che dare un supporto morale a questi europarlamentari super pagati, ad ONG desiderose di potere, a personaggi autoreferenziali alla Carlin Petrini. Ci rifletta e faccia riflettere chi l’ha consigliato.


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