Il caso delle trasmissioni di Milena Gabanelli
di Alberto Guidorzi
Le
trasmissioni d’inchiesta dovrebbero essere il luogo in cui si
analizza in modo complessivo un problema senza incorrere nella
demagogia, nei peccati d’omissione e nelle falsità che spesso
cogliamo nei mezzi di comunicazione. In Italia assistiamo invece
sempre più spesso a trasmissioni d’inchiesta che anziché porsi
come obiettivo la ricerca della verità si rivelano degli
amplificatori delle stesse demagogie-omissioni-falsità che sono in
tanti casi proprie dei nostri media. In tal modo si vanifica il ruolo
di tali importanti strumenti di comunicazione e non si favorisce
l’evoluzione del dibattito verso forme più razionali e degne di un
paese civile e culturalmente evoluto.
Emblematica
in tal senso è stata una trasmissione di Report condotta dalla
giornalista Milena Gabanelli,(qui) andata
in onda nel 2013 e che Antonio Saltini ha ripeso recentemente su
Agrarian Sciences (qui) riportandone
una stesura dei contenuti in forma scritta e che possono essere letti
(qui)
Obiettivo
di questo scritto è porre in evidenza la pressapocaggine dei
riferimenti, l’uso distorto dei contenuti della materia e la totale
assenza di una base teorica a supporto delle affermazioni che sono
emerse da quella trasmissione, che si è ben guardata dal porre in
evidenza che se nessuno paga la ricerca costosissima che sta dietro
alle novità varietali le stesse nel volgere di poco tempo saranno
abbandonate dalle ditte che oggi le sviluppano, portando ad una
stagnazione in cui la sicurezza alimentare sarà sempre più
difficilmente mantenibile. Alle radici degli incrementi produttivi e
in qualità che caratterizzano oggi le gradi colture (mais., soia,
frumento, riso, ecc.) o i fruttiferi o le orticole sta infatti un
prezioso lavoro di ricerca che è sviluppato da privati e che mira a
incrementare quantità e qualità delle produzioni.
In
questo articolo intendo dunque condurre una critica motivata alla
trasmissione della Gabanelli i cui contenuti sono gli stessi portati
a supporto di chi è critico sull’organizzazione mondiale delle
sementi a cui anche l’Italia ha aderito. Per sviluppare questa
critica è tuttavia necessaria una breve premessa metodologica.
IL
COPYRIGHT DELLE NUOVE VARIETA’ VEGETALI E IN COSA CONSISTE
Che
certe varietà di melo e di qualsiasi altra specie vegetale abbiano
un copyright è vero ma quel che non si dice è che sono molte più
le varietà che non hanno il copyright che quelle che lo detengono.
Pertanto gli agricoltori che non volessero pagare diritti d’autore
o diritti di brevetto possono benissimo impiantare o seminare una
delle moltissime varietà libere da protezione. Quindi l’equazione
della Gabanelli secondo la quale “chi controlla i semi controlla
il cibo” è solo ideologica perché di sementi non protette ve ne
sono un’infinità, come d’altronde ci dimostra l’interesse per
le “varietà antiche” da parte dei seguaci del biologico e del
biodinamico.
Le
protezioni delle novità varietali sono di due tipi: il Certificato
di Ottenimento Varietale (COV) e il brevetto, e una non esclude
l’altra. In Europa è predominante il COV mentre negli USA prevale
il brevetto. COV e brevetto sono istituti giuridici derivanti dal
fatto che il miglioramento vegetale in agricoltura ha assunto una
connotazione molto scientifica e complessa e quindi il prodotto che
se ne ricava è assimilabile a un vero e proprio “ritrovato
intellettuale” come lo sono un’invenzione qualsiasi, un romanzo o
un filmato.
Facciamo
un esempio per chiarire: un romanziere ha a disposizione il
vocabolario della lingua nella quale vuole scrivere la sua opera
letteraria e assembla questi vocaboli in modo da produrre un libro
che cerca di vendere per ripagarsi del tempo impiegato e delle sue
capacità letterarie. I vocaboli che lui ha usato nel libro non sono
più a disposizione di altri per il fatto che il libro è soggetto ai
diritti d’autore? La risposta è no, in quanto è quel particolare
assemblaggio di vocaboli che viene protetto, non certo i singoli
vocaboli. Infatti, quando un altro autore usa lo stesso vocabolario
per scrivere un altro libro, solo se questo sarà troppo simile al
precedente incorrerà nel reato condannato dalla legge mentre un
libro completamente diverso e con diversa trama sarà considerato a
ragione un nuovo libro e sarà dunque anch’esso protetto da
diritto d’autore.
Se
ai vocaboli della lingua sostituiamo i geni dislocati sulla lunga
catena del DNA dei cromosomi di una specie vegetale comprendiamo che,
come i vocaboli restano a disposizione di chiunque altro per
esprimere nuove idee, così i geni sono a disposizione di tutti per
creare assemblaggi diversi e originali. Analogamente gli assemblaggi
di geni hanno diritto ad essere protetti come le invenzioni mentre i
singoli geni messi non lo hanno. A riprova di ciò è il fatto che
per una specie vegetale come il frumento le ditte sementiere creano
ogni anno assemblaggi nuovi e diversi dai precedenti e nessuna di
loro accusa l’altra che non lo può fare, salvo che non sia
manifestamente verificato un plagio.
Vi
è però una differenza tra un’opera letteraria ed una varietà
vegetale: la prima rimane immutata nel tempo, mentre la seconda
cambia ad ogni riproduzione annuale che si fa, in quanto i geni si
rimescolano in modo diverso da prima.
Nel
caso del frumento la variazione è molto limitata nei primi anni e
quindi l’agricoltore può usare il seme che ha prodotto senza
troppo penalizzare il suo raccolto mentre in piante come il mais le
varietà commerciali sono ibridi, il che significa che se il seme
viene riseminato perderebbe molto delle proprie caratteristiche
quanti-qualitative. E’ questo un fatto totalmente naturale nel
senso che una varietà di frumento è riconoscibile per alcune delle
generazioni successive ed anche sfruttabile come semente con
inconvenienti relativamente ridotti mentre una varietà ibrida
diviene irriconoscibile e degenerata già nella generazione
successiva se si usano i semi ricavati dalla precedente. Questa
riconoscibilità da diritto al costitutore delle varietà di frumento
di pretendere il “diritto d’autore” anche nelle prime
generazioni successive, mentre nel mais no. Infatti, contrariamente a
quanto molti dicono, una varietà di mais ibrida e protetta che viene
seminata e poi ne vengono raccolti i semi, questi potrebbero essere
seminati l’anno dopo senza che nessuno possa pretendere alcunché;
tuttavia nessun agricoltore sano di mente lo farebbe perché sarebbe
un puro autolesionista.
Chi
stabilisce che una varietà rappresenta un assemblaggio nuovo? E’
una istituzione pubblica creata per legge al fine di tutelare proprio
gli agricoltori. Infatti il sementiere deve mettere a disposizione il
seme della sua varietà appena creata al fine che vengano eseguiti
due anni di prova onde stabilire se la varietà è nuova e non un
plagio (si parla di “distinguibilità” rispetto alle altre
varietà) , se rimane “stabile” nel tempo e se è “omogena”.
Inoltre ne vengono valutate le performances produttive e la varietà
viene accettata solo se porta per l’agricoltore che la compera e la
paga un beneficio maggiore di quello dato dalle altre varietà prima
create.
Solo
dopo questa sequenza di controlli la nuova varietà può essere messa
in commercio, ma per farlo occorre moltiplicarne il seme e garantire
al
coltivatore
che il seme che compra ha caratteristiche conformi a quelle della
nuova varietà creata. Quest’ultima
garanzia
è
fornita da altro ente che controlla le moltiplicazioni e alla fine,
se riscontra che tutto è in regola con il protocollo descrittivo di
iscrizione, fornisce al sementiere un cartellino ufficiale da apporre
su ogni confezione sigillata, che è la condizione necessaria per
porla in vendita. A questo livello viene assicurata anche la
germinabilità della semente e la purezza varietale, nel senso che
comprando quel seme l’agricoltore ha la sicurezza che quasi tutti i
semi che depone nel terreno produrranno una piantina che darà
raccolto e che la varietà è formata dalla stragrande maggioranza di
semi che daranno piante con i caratteri propri della varietà che il
produttore ha inteso acquistare.
Che
differenza vi è tra un COV ed un Brevetto? Con
il COV la protezione varietale presenta le seguenti limitazioni:
-
viene preservato il diritto del costitutore nel senso che un altro
sementiere può usare liberamente la varietà come genitore per
costituire altre varietà diverse.
-
permette al piccolo produttore che lo desideri di riutilizzare la
semente prodotta.
-
esenta i piccoli coltivatori dal dover pagare diritti per il riuso
della semente prodotta. Da notare che il piccolo produttore è
definito dalla legislazione UE sulle sementi come colui che detiene
una superficie capace di produrre 92 t di cereali, dunque una
superficie grosso modo pari alla superficie media aziendale italiana.
-
Prevede la possibilità di pagare una royalty ridotta e volontaria
per chi non è piccolo coltivatore e riusa la sua produzione come
seme per la propria azienda.
Altro
aspetto è che la legislazione sulle sementi non è più nazionale,
ma europea e quindi ogni decisione contraria è illegale (vedi tutti
i decreti del Ministero italiano per impedire la semina del mais con
in tratto genetico MON 810 in Italia)
Il
Brevetto dal canto suo non protegge la varietà, ma solo il costrutto
genetico brevettato è equiparato ad un’invenzione. Gli altri
costitutori non potranno usare il costrutto brevettato ma potranno
usare la varietà dopo avere eliminato il costrutto brevettato. Non
prevede il diritto dell’agricoltore ne piccolo e tanto meno grande.
Questo è il brevetto che è stato concepito in USA, mentre il
brevetto concepito in Europa deve adeguarsi ai diritti concessi al
COV.
Il
COV ed il Brevetto hanno validità infinita? NO,
hanno validità temporanea che non va oltre i 25 anni per le specie
erbacee e 30 per le specie arboree (COV) e 20 anni per il brevetto,
ma relativamente solo al costrutto genetico, che quindi dopo questo
periodo diviene liberamente utilizzabile come qualsiasi altro gene.
Decorso tale periodo le varietà diventano libere ed utilizzabili da
tutti e se scompaiono anzitempo dal mercato è per il semplice fatto
che nessun agricoltore le richiede più essendo venuto meno
l’interesse. L’obsolescenza di una varietà vegetale è ormai
tale che esse non durano praticamente più di 5 o 6 anni. Tuttavia
il germoplasma di queste accezioni varietali senza più paternità è
conservato nelle numerosissime banche del germoplasma della specie
esistenti nel mondo ed è fruibile da chiunque ne faccia richiesta.
Si
fa presente che le basi per il copyright delle varietà vegetali sono
state poste nel 1963.
(qui)
Perché
chi ora grida allo scandalo non si alzato a protestare allora? La
Chiesa che ora si scandalizza esisteva già!
ANALISI
DEI CONTENUTI DELLA TRASMISSIONE
Fatta
questa opportuna premessa passiamo ora ad analizzare in modo più
sistematico i contenuti della trasmissione in questione, procedendo
per argomenti.
Argomento
1: i club di filiera
I
club di filiera sono dei contratti liberamente sottoscritti da
operatori economici dove si fissano una serie di doveri per godere
dei vantaggi che ne derivano. Pertanto chi non vi vuole far parte del
club è libero di farlo, ma non può pretendere di usare liberamente
quella particolare novità vegetale. Tuttavia, come abbiamo detto, il
produttore ha a sua disposizione tantissime varietà di libero
accesso da seminare o piantare. D’altronde è presumibile che se
cerca di utilizzare una nuova varietà vuol dire che le riconosce un
vantaggio e quindi ci si chiede perché l’agricoltore non debba
pagare chi gli permette di godere del vantaggio? Gli intervenuti,
quasi tutti critici su questa organizzazione di mercato (vedi
Riccardi) si ergono a difensori degli agricoltori firmatari dei
relativi contratti di filiera facendoli passare per dei soggetti
sfruttati , quando, invece, questi ultimi prima di tutto non vogliono
essere difesi e poi non si considerano per nulla degli sfruttati.
Infatti, pur essendo liberi di non accettare le condizioni imposte
dal contratto, le hanno accettate di buon grado.
Argomento 2: la libertà per gli agricoltori di usare i propri semi o piante
Argomento 2: la libertà per gli agricoltori di usare i propri semi o piante
Chi
dice che gli agricoltori non possono usare il seme delle varietà
che ha seminato l’anno prima dice il falso. Infatti i produttori
agricoli lo possono fare liberamente usando sia il seme delle varietà
libere da protezione sia il seme di varietà protette qualora i
produttori rientrino in certe condizioni di piccolo coltivatore.
Certo potrebbe capitare che il prodotto ricavato non sia facilmente
commerciabile in quanto non rispondente, ma ciò rientra nel libero
meccanismo di domanda ed offerta. E’ falso che da una varietà
ibrida protetta (esempio degli zucchini citati nella trasmissione)
non si possa ricavare seme per una successiva risemina. Lo si può
fare liberamente in quanto esso perde la protezione non rispecchiando
più la varietà iniziale. L’agricoltore rinnova il seme e lo
ricompra solo perché sa di ricavarne vantaggi.
Argomento
3:
lo
“strano caso” di PERCY SCHMEISER
Nel
campo di PERCY SCHMEISER sono finiti accidentalmente dei semi di
colza di una varietà protetta da un brevetto per un costrutto genico
particolare, cioè la resistenza ad un erbicida, ma lui non ha
lasciato fare alla natura che probabilmente avrebbe eliminato queste
piante con il gene modificato, come capita a tante piante che nascono
accidentalmente nei nostri campi. SCHMEISER ha invece seminato più e
più volte i semi delle piante di colza resistenti al diserbante e li
ha selezionati proprio usando quel diserbante. Si dice che Monsanto
non ha dimostrato che l’agricoltore aveva usato il diserbante per
coltivare la sua soia ma si dimentica così di dire che la sua colza
autoprodotta aveva più del 60% di semi OGM e questo non può
verificarsi accidentalmente ed è un appropriarsi di una varietà
protetta. Solo una presenza dell’1 o 2% può essere considerata
accidentale. PERCY SCHMEISER, di fronte a quanto detto, è un povero
agricoltore taglieggiato o un semplice imbroglione?
Il
processo ha stabilito che è un imbroglione ed ha agito in malafede e
la Corte suprema del Canada lo ha ritenuto un contraffattore il 21
maggio 2004.
Infatti, per la
presenza accidentale di un tratto genetico brevettato la legge non
obbliga nessuno a pagare diritti di brevetto. E’ vero che non ci
sono stati risarcimenti, ma è altrettanto vero che all’agricoltore
è stato intimato di non ripetere la pratica e che se lo avesse fatto
avrebbe dovuto risarcire i danni in quanto recidivo. Egli si è in
altri termini ricreato un seme aziendale uguale a quello che vendeva
la Monsanto e questo è un plagio a tutti gli effetti e i tribunali
lo hanno condannato per questo e non perché ad un controllo hanno
trovato qualche pianta cresciuta da semi caduti accidentalmente.
La
stessa cosa è capitata a Bowman
che si è fatto consegnare dei semi di soia da un ente collettore di
soia OGM-rr destinata ai mangimi (quaindi non avente lo statuto di
“semente”) e poi l’ha seminata nel suo campo ed ha usato il
gliphosate per coltivarla; ha quindi sfruttato il brevetto e solo per
questo è stato condannato come contraffattore dalla Corte suprema
degli USA nel 2013. Nessuno gli avrebbe detto nulla se avesse scelto
di farsi dare una soia derivante da una massa di prodotto usata per
mangimi OGM free.
Argomento 4: La concentrazione delle attività sementiere
Argomento 4: La concentrazione delle attività sementiere
E’
vero che è avvenuta una concentrazione dell’attività sementiera,
ma ciò ha avuto luogo alla luce del sole. Vi erano da un lato case
sementiere private ed anche pubbliche che sono state vendute per
impossibilità di autofinanziarsi, visti i costi elevatissimi che
incontrava la creazione varietale moderna e dall’altro aziende
chimiche che hanno voluto diversificare e visto una sinergia tra il
loro core business e le sementi. Nulla di criminale dunque. La
cosa, dicevo, è avvenuta alla luce del sole e ben si conoscevano le
intenzioni delle multinazionali chimiche. Tuttavia l’iniziativa è
datata e grosso modo è avvenuta nel decennio 1980-90. Perché il
Riccardi non è insorto allora? Perché gli Stati nazionali non hanno
creduto opportuno impedire che aziende pubbliche cedessero il loro
materiale genetico o addirittura fossero aziende private a farlo,
seppure vanto del territorio? Perché la Chiesa non è insorta allora
mentre lo fa solo ora per dar supporto ad un’enciclica papale i cui
contenuti dimostrano che non si è riflettuto a sufficienza su quanto
si denunciava o non ci si è documentati a sufficienza prima di
procedere nella redazione? Io ho denunciato queste cose proprio a
quei tempi, ma ero un “signor nessuno” e dunque nessuno ha
prestato attenzione a quanto dicevo. La ragione che adducevo era che
la concentrazione avrebbe limitato lo sfruttamento di tutto il
germoplasma esistente.
Argomento
5: il
problema della coesistenza
tra colza OGM e non OGM
Se ci
si fosse spinti un po’ oltre il primo bastian contrario che si erge
a vittima, si sarebbe potuto appurare che in Canada il problema è
stato risolto in modo egregio evitando allarmismi. Sappiamo anche
che in Europa si è preferito sconsigliare l’approvazione del
tratto genetico di un colza OGM appellandosi alla presenza di una
particolare struttura aziendale e per la presenza di specie
selvatiche infestanti compatibili. Il problema per tutte le altre
specie vegetali dove esistono varietà OGM è dimostrabile potersi
affrontare con successo semplicemente realizzando spaziamenti con
fasce tampone di poche decine di metri. Comunque il flusso genico per
effetto di impollinazioni libere è un fenomeno naturale e che o non
ha mai costituito un problema o, se esisteva, esso è sempre stato
risolto con gli spaziamenti o gli isolamenti. Anzi è stata ed è una
fonte di variabilità genetica utile
Argomento
6: Il
problema delle resistenze
Il
problema agronomico delle resistenze, peraltro noto in medicina umana
nel caso degli antibiotici, non nasce con gli OGM, ma viceversa è un
problema sempre esistito che si produce anche con le varietà
tradizionali non OGM (addirittura vi sono malerbe che divengono
resistenti anche alla zappa o alla sarchiatrice) e che va gestito con
un adeguato approccio agronomico. Chi non adotta un tale approccio è
da considerare un cattivo agricoltore e per lui dunque vale il detto
“chi è causa del suo mal pianga se stesso”!
Mi
spiego meglio dicendo che le resistenze ad un erbicida od ad un
parassita non sono eterne, la buona agronomia le può solo far
durare un po’ più a lungo. Da agronomo che conosce la genetica
dico anche che: “per fortuna che le resistenze non sono eterne”
perché se lo fossero tutto sarebbe rimasto immutato e non sarebbero
sorte ad esempio patate a basso contenuto in solanina perché mutate
e poi selezionate dai contadini delle Ande. Se le mutazioni non
fossero avvenute nessuno avrebbe potuto mangiare patate.
Argomento
7: lo
“strano caso” del riso Clearfield
La
tecnica Clearfield adottata per il riso ( ma esistente anche per il
girasole) si basa esattamente sul principio espresso sopra. Nel riso
è avvenuta naturalmente una mutazione che rendeva pochissime piante
di riso resistenti ad un diserbante della BASF.
Il
Riccardi dice tendenziosamente: “Il gene nuovo è stato creato
all’Università della Lousiana”, il che è falso in quanto il
gene è stato solo scoperto dall’Università e non è stato creato,
altrimenti quel riso sarebbe per legge un OGM, mentre non è
considerato tale. La mutazione è dunque insorta spontaneamente e
senza intervento umano come accade in innumerevoli casi nei nostri
campi. In quel caso però qualcuno se n’è accorto e l’ha
selezionata sottoponendola alla pressione selettiva di quel
diserbante della BASF (come abbiamo detto aver cercato di fare
SCHMEISER) , in modo da sviluppare solo piante che avessero quella
mutazione. La BASF, che non è una organizzazione di beneficienza,
ha fatto produrre quella varietà di riso e assieme ci vende il suo
diserbante. Ora l’agricoltore che accetta l’accoppiata lo fa
liberamente e paga ciò che vi è da pagare se riscontra che ne vale
la pena. L’agricoltore bastian contrario (come il Giuseppe Oppezzo
del colloquio) che non vuol riconoscere nulla alla BASF può,
invece, usare un’altra varietà e liberarsi dall’“esecrabile
ricatto”. Non è dunque vero che l’Oppezzo Giuseppe non può
seminare riso nella sua azienda: lo può fare ma deve diserbare con
altri prodotti. Il riso crodo che è più facilmente combattuto dal
sistema Clearfield può acquisire il gene di resistenza
selezionato? Certo che lo può fare, ma in tal modo si ricade nella
necessità di un “adeguato approccio agronomico” prima enunciata.
In sostanza dunque usando ogni tanto anche altri prodotti diserbanti
si fa sparire il riso crodo resistente prima che prolifichi troppo,
prolungando così l’efficacia dell’accoppiata varietà-diserbante
specifico.
Argomento 8: le affermazioni di Ritz Dolder e Paola Testori Coggi
Argomento 8: le affermazioni di Ritz Dolder e Paola Testori Coggi
L’avvocato
FRITZ DOLDER e PAOLA TESTORI
COGGI sono ambedue male informati o il primo ha voluto lisciare il
pelo all’intervistatore quando afferma: “….Questa
clausola probabilmente non rispetta l’articolo 11 delle linee guida
europee….. Un
diritto che è stato eroso dalla giurisprudenza, per via del fatto
che negli Stati Uniti ci sono state varie sentenze che obbligano i
contadini a ricomprasi i semi ogni anno”. Infatti
in Europa avviene l’inverso nel senso che il brevetto americano,
come ho spiegato sopra, viene ridimensionato quando viene applicato
in Europa e questo neppure Paola Testori lo sa. Infatti in Europa si
vuole che il piccolo coltivatore possa poter ricavare dal suo
prodotto il seme per le semine dell’anno successivo.
Argomento
9: le affermazioni di Salvatore Ceccarelli
Il
genetista SALVATORE CECCARELLI racconta le cose a metà. Infatti un
miscuglio di genotipi diversi (ecotipi per essere precisi) è si il
frutto di un ambiente in generale, ma non ad un ambiente particolare
nel senso che se io produco una varietà di frumento fatta da
individui omozigoti selezionati per essere i migliori in
quell’ambiente, è questa che è maggiormente produttiva,
molto
più degli ecotipi. E’ ciò che abbiamo fatto noi in Europa ed,
infatti, in media produciamo enormemente di più della Siria. La
stessa cosa avverrebbe in Siria se ci fosse qualcuno che crea varietà
per linee pure in quel paese, solo che non vi è nessuno che lo fa,
indipendentemente dal fatto che di tratti di un paese in altre
faccende affacendato. Non facciamoci confondere dal fatto che se io
porto in Siria una varietà selezionata per il nord della Francia
questa si dimostrerà sicuramente un disastro, mentre la varietà
ecotipo locale sarà nettamente migliore perché questo dimostra solo
che la varietà consanguinea che è stata selezionata per un altro
ambiente e clima paga uno scotto maggiore. Comunque se vogliamo dare
da mangiare in futuro ai siriani ed a tutto il nord Africa non lo
faremo grazie alle idee incomplete e scientificamente non ben
elaborate di Ceccarelli. Lo faremo solo se vi saranno strutture che
selezioneranno in loco e su materiale locale con il metodo della
linea pura delle varietà consanguinee ben adattate. Questo sarà
possibile se si passerà attraverso le valutazioni a livello di
aploidi. Ceccarelli sicuramente non prenderà mai il Nobel come è
stato assegnato a Borlaug perché le sue idee non concorreranno a
produrre più cibo come, invece ha fatto lo scienziato del Cimmyt.
Argomento
10: le affermazioni di Giuseppe Lirosi
Giuseppe
LIROSI racconta cose incredibili: come si può affermare che ha
reperito 5000 varietà di grano duro in Sicilia? E’ un numero
inaudito ed inesistente!
Argomento
11: le affermazioni di Giuseppe DINELLI
Un
altro che racconta tesi un po’ bislacche è Giuseppe DINELLI. Ma lo
sa che le frazioni nuove di glutine che sono state immesse nelle
nuove varietà derivano da geni che sono stati presi dalla vecchie
varietà? Quindi se io faccio una farina con un miscuglio di varietà
antiche ingerisco tutte le molecole di glutine che lui definisce
nuove e quindi cosa cambia? Certo se analizziamo solo le intolleranze
al glutine, che spesso sono di origine psicosomatica (infatti nel 90%
dei casi dichiarati risultano essere inesistenti o autodiagnosticate
dopo indagine scientifica), è logico che le persone ti dicano che
stanno meglio, ma è noto anche l’effetto placebo…. Se invece si
somministra del glutine “antico” ad un neonato veramente celiaco
questo ti muore seduta stante come purtroppo sarebbe stato con il
glutine “nuovo”. Indagini scientifiche dimostrano che i frumenti
in 100 anni sono rimasti pressoché intatti(qui).
Argomento
12: Il grano dei faraoni
A
Piero RICCIARDI ricordo che Bob Quinn ha inizialmente raccontato la
fola degna del Barone di Münchhausen secondo cui avrebbe trovato il
grano kamut nella tomba di un faraone egiziano. Noi sappiamo che un
seme non può rimanere germinabile se non per pochi anni e che quel
grano è in realtà è un Triticum
turgidum ancora coltivato
in certe zone dell’Iran. Ed ecco allora che Bob Quinn, accortosi
finalmente che qualcuno non beveva la sua fola, ha lasciato cadere la
cosa ed ha optato su un “regalo della guerra”.
Possibile
però che solo in Italia un simile soggetto trovi allocchi in
quantità disposti a fargli guadagnare tanti soldi? Solo gli italiani
infatti credono di trovare nel Marchio Registrato Kamut qualcosa di
superiore; in nesun altro paese la sua iniziativa ha avuto successo.
A
Piero RICCIARDI vorrei anche fare notare la sconcertante
contraddizione in cui incorre quando da un lato sostiene che è
scandaloso appropriarsi delle sementi da parte dei privati e
dall’altro porta in palmo di mano l’iniziativa di Bob Quinn.
Infatti se non si compra il seme da Bob Quinn non si può usare il
marchio KAMUT a cui poi si deve versare il dritto di “marchio”.
In sostanza dunque Bob Quinn tiene un comportamento esattamente
uguale alla BASF ed alla Monsanto, seppure molto più in piccolo.
Argomento
13: PAT MOONEY è un altro esperto chiamato a raccontare cose
bislacche e non veritiere
I semi zomby non esistono in quanto creati dall’uomo appositamente, esistono invece in natura per un meccanismo di maggior conservazione della specie. Infatti, in molte specie esistono i cosiddetti “semi duri”, semi che non germinano nell’anno stesso ma scalarmente anche molti anni dopo. E’ una difesa naturale volta ad una migliore conservazione della specie. Ma vi rendete conto a che livello di ambiguità si è arrivati? Chi vende un seme uso semina la prima cosa che si preoccupa è che germini perché sarebbe una “bugia dalle gambe ben corte”, al massimo può giocare sulle caratteristiche genetiche più o meno eccelse.
I semi zomby non esistono in quanto creati dall’uomo appositamente, esistono invece in natura per un meccanismo di maggior conservazione della specie. Infatti, in molte specie esistono i cosiddetti “semi duri”, semi che non germinano nell’anno stesso ma scalarmente anche molti anni dopo. E’ una difesa naturale volta ad una migliore conservazione della specie. Ma vi rendete conto a che livello di ambiguità si è arrivati? Chi vende un seme uso semina la prima cosa che si preoccupa è che germini perché sarebbe una “bugia dalle gambe ben corte”, al massimo può giocare sulle caratteristiche genetiche più o meno eccelse.
CONCLUSIONI
L’analisi
qui condotta dimostra quanto la trasmissione in questione si sia
rivelata demagogica e forviante per uno spettatore che volesse
davvero capire i termini del problema sementiero mondiale. In tal
modo si diffonde a piene mani ignoranza e pregiudizio, impedendo al
cittadino di capire che se non c’è industria sementiera non vi può
essere quell’agricoltura evoluta che è alla base delle sicurezza
alimentare globale.
Agronomo.
Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureto in
Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso
la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez
come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti
l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo
per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così
conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Concordo pienamente con la sua dettagliata analisi ed anche riguardo alla demagogia di tutte le trasmissioni pseudoscientifiche,sottolineando inoltre che, in Italia, manca il vero "giornalismo scientifico": infatti dovrebbe essere praticato soltanto da chi è esperto della materia specifica (in possesso di titoli professionali e accademici) e con adeguata capacità divulgativa (insegnante e/o pubblicista). Voglio però evidenziare che le probabili decisioni europee in materia (vedi http://ec.europa.eu/dgs/health_food-safety/pressroom/docs/proposal_aphp_en.pdf) possono influenzare "pesantemente" il settore sementiero e la libertà di utilizzo da parte dei privati. Pur rispettando i suoi trascorsi professionali, settori strategici come quello oggetto dell'articolo, assieme ad altri (ad esempio le risorse idriche) non dovrebbero essere (quasi) esclusivamente nelle mani dei privati. Il concetto di agricoltura evoluta, probabilmente, oggi è maggiormente legato a quella di "precisione" che non al miglioramento genetico, così come dovrebbe essere rivisto il concetto di sicurezza alimentare globale.
RispondiEliminaConcordo pienamente con lei che il pubblico deve avere un ruolo nel affiancare la ricerca che fanno i privati e questo per tre motivi: 1- di controllo, 2° di affiancamento nel proporre strategie, 3° di occuparsi delle specie coltivate cosiddette "orfani", cioè che nessuno privato ha interesse a migliorare.
RispondiEliminaInoltre se si vuole fare da contrappeso allo strapotere delle multinazionali si deve opporre delle collaborazioni Pubblico/privato non nell'orbita delle multinazionali. Per fare un esempio concreto le propongo di analizzare come esempio questo progetto http://www.aker-betterave.fr/fr/presentation
Purtroppo però la politica decide in senso contrario. Un esempio lo trova nelle regolamentazioni parossistiche imposte per mettere in commercio una varietà OGM che han fatto lievitare costi a livello di svariate decine di milioni di dollari, mettendo completamente fuori gioco la ricerca pubblica. Senza contare che l'applicazione del principio di precauzione come un vero "principio di proibizione" ha chiuso ogni possibilità di ricerca. Conosce cos'è capitato ai lavori decennali del Prof. Rugini a Viterbo su ciliegi, Kiwi e olivo?
L'agricoltura evoluta è quella durevole, ecocompatibile, ma produttiva e la genetica ha un grande ruolo da giocare. In questo contesto ci può stare anche una ricerca genetica partecipativa, ma deve obbligatoriamente comprendere una conveniente remunerazione della ricerca genetica tramite le realizzazioni che riesce a mettere a disposizione degli agricoltori.
Mi pare una valutazione condivisibile ed equilibrata. Approfondirò il progetto che mi propone. Ritengo che una raccolta firme in rete potrebbe migliorare la conoscenza sulla questione al pubblico non specializzato, oltre a generare una piccola pressione sulla politica.
EliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina