trascrizione di Sergio Salvi
Sintomi di Oidio |
Su questo periodico Strampelli scrisse oltre 60 articoli, prevalentemente a carattere tecnico-divulgativo, otto dei quali dedicati alla vite e al vino. Insieme ad altre due brevi note, pubblicate sempre in quegli anni su L’Agricoltura Italiana, vi proponiamo, in dieci puntate, uno Strampelli nella veste inedita di cultore della materia vitivinicola, sperando che i contenuti di questi articoli, scritti tra il 1896 e il 1901, siano utili a fornire qualche spunto di riflessione e di confronto rispetto alla realtà vitivinicola odierna.
(L’Agricoltura Italiana, Vol. 25, Fasc. 400-401, 16-31 gennaio 1899, pp. 26-27).
«In questo anno,
in cui la stagione estiva è corsa eccessivamente umida per
frequentissime piogge, le solforazioni, ripetute anche più e più
volte, non valsero ad arrestare lo sviluppo dell’oidio.
Di tal fatto si
preoccupano naturalmente agricoltori e scienziati.
Prima puntata: Peronospora
Seconda puntata: la Fillossera della vite
Il Sig. Uchet,
Maire di Chapereillen nell’Isère, ha sperimentato contro il detto
parassita l’uso del carburo di calcio in polvere, spolverando con
esso grappoli, preventivamente inumiditi, e ne ottenne un ottimo
resultato. Egli attribuisce l’azione crittogamica, spiegata da
questa sostanza, all’acetilene che si svolge quando essa viene in
contatto con acqua.
l carburo di
calcio, nel produrre acetilene, forma anche della calce spenta, che
rimane sulle buccie delle uve, e nulla porta ad escludere che possa
essere l’azione caustica di questa che distrugge il micelio del
parassita. Anzi non è forse più naturale il supporre che la morte
del fungo ottenuta dal Sig. Uchet, a mezzo del carburo, piuttostochè
all’azione momentanea, fugace, di un gas (sia pure fortemente
antisettico) che si svolge per pochi istanti in aperta campagna, sia
dovuta a quella continua e persistente della calce spenta?
Che le sostanze
alcaline o caustiche agiscano come anticrittogamici è cosa molto
vecchia; da molto tempo è risaputo che viti, imbrattate di polvere
di strada, difficilmente ammalano, e per tal fatto si consigliò di
unire allo zolfo sostanze alcaline, quali la calce o la cenere.
Alcuni contadini hanno sostituita la calce allo zolfo. Essi
polverizzano della calce leggermente sfiorita e con ordinario
soffietto da zolfo la spolverano sulle uve, avendo però l’accortezza
di fare questo trattamento solo quando i grappoli sono bagnati da
precedente pioggia o rugiada, sapendo per prova che in altre
condizioni non ne otterrebbero l’effetto desiderato.
Nel decorso mese
di Agosto, volli provare anch’io l’efficacia di questo rimedio, e
potei eseguire lo spolveramento a mio comodo, senza dover attendere o
una pioggia o la rugiada, inumiditi artificialmente i grappoli con
acqua pura e servendomi di una pompa irroratrice. L’effetto fu
pronto. La calce, spegnendosi sulle bacche, con la sua azione
caustica distrusse il micelio dell’oidio ed uve attaccate
tutt’altro che leggermente, ben presto liberate dal male,
schiarirono e tornarono belle.
Se l’effetto
del carburo è dovuto alla calce, come quanto ho sopra esposto mi fa
supporre, a che prò ricorrere a sostanza (quale il carburo) che
presenta tanti e tanti inconvenienti, quando si ha la calce che è
alla portata di tutti e costa tanto poco?
Comunque sia,
non credo opportuno il suggerire la sostituzione dell’una o
dell’altra sostanza allo zolfo, e non mi stancherò mai dal
consigliare le solforazioni con zolfo, ottimo tanto per finezza come
per purità, e di essere accurati eseguendole con tutte quelle
avvertenze necessarie per rendere maggiore la loro efficacia,
specialmente non trascurando la pratica di esporre lo zolfo al sole
per qualche ora prima di somministrarlo. Secondo me, al trattamento
con calce si dovrebbe ricorrere, come ausiliare, solo quando la
stagione corre eccessivamente piovosa e ricca di rugiade, non
dimenticando mai, però, che la calce può ustionare le parti più
giovani dei vegetali e che quindi lo spolveramento con essa non dovrà
farsi se non quando i tessuti delle parti verdi della vite non sono
più tanto teneri».
Prima puntata: Peronospora
Seconda puntata: la Fillossera della vite
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).
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