mercoledì 24 febbraio 2016

Zucchero amaro, dolci contesse

di Antonio Saltini

 

                                                                        Caro Alberto, 

Ex zuccherificio
narrandoci le vicende dell’industria bieticola italiana hai affrontato uno dei tempi più tristi della storia della nostra agricoltura: tutti i tuoi zuccherifici falliscono! Tutti! Non ti pare lugubre? Mi permetto, quindi, di segnalarti una piccola svista, che ci ha privato dell’unica, probabilmente, nota di autentica gaiezza della storia del nostro amaro zucchero. Una nota di gaiezza in cui ferve, peraltro, lo spirito più genuino della metà dell’Ottocento, lo spirito dei grandi balli, dei teatri ricolmi, delle bellezze che passavano dalle braccia di un musicista tedesco a quelle di un poeta francese. Ovvierò, se me lo consenti, alla piccola svista, che impone di ricordare un fallimento che hai dimenticato di includere nella lista, ma un fallimento che risplende del fulgore della mondanità che celebra i propri fasti tra il Covent Garden di Londra, l’Opera di Parigi, le locande intime di Grinzig tra i vigneti che coronano il Danubio, e la Fenice di Venezia.  

Nella ventunesima delle proprie esemplari Lezioni Empolesi, tenuta il 22 novembre 1857, Cosimo Ridolfi, senza possibilità di equivoci unico grande agronomo in una nazione di possidenti ignoranti e di fattori dediti solo a dissanguare i contadini del padrone, ricorda il fallimento che hai trascurato, quello dello stabilimento creato, a Settimello, in Toscana, da uno dei numi dell’alta finanza francese, il conte Boissy, che ne ha affidato la direzione al conte Gamba, coniuge felice di una delle donne più splendide della nazione intera, la contessa Ghiselli Guiccioli, tra le cento amanti italiane di lord Gordon Byron l’unica in grado di pretendere che, se una notte avesse deciso di averlo per sé, la folla delle concorrenti doveva ritirarsi in lacrimoso corteo.

Lo stabilimento fallirà, e con le bietole sarà travolto il matrimonio della contessa. Il conte Gamba andrà a ritrovare l’appetito a Marienbad o a Aix les Bains, il sommo bardo britannico si dirigerà, per ripeterne le prove, alla terra di Ercole, la contessa convolerà a nuove nozze con un aristocratico della cerchia di Boissy: dopo gli anni col poeta del secolo una sola notte in solitudine l’avrebbe uccisa di malinconia. Aveva appreso, del resto, come ricambiare le attenzioni.   

Zucchero e contesse innamorate: si può immaginare binomio di più trionfale, a ripagarci di cento zuccherifici falliti?


Sperando di avere infuso un poco di gaiezza nella tua storia di crack saccariferi, 

tuo Antonio 

 

 

Antonio Saltini Già docente di Storia dell'agricoltura all'Università di Milano, giornalista, storico delle scienze agrarie. Ha diretto la rivista mensile di agricoltura Genio Rurale ed è stato vicedirettore del settimanale, sempre di argomento agricolo, Terra e vita. 
E' autore della Storia delle Scienze Agrarie, l’ultima edizione dell’opera, in sette volumi pubblicati tra il 2010 e il 2013, è ora proposta in lingua inglese "Agrarian Sciences in the West". Tale opera, per la ricchezza dei contenuti e dell'iconografia, costituisce un autentico unicum nel panorama editoriale mondiale, prestandosi in modo egregio a divulgare in tutto il mondo la storia del pensiero agronomico occidentale.

1 commento:

  1. Grazie Antonio, in realtà non ho dimenticato il tentativo di Ricasoli, mi sono solo limitato alla citazione, che nella mia pochezza storica credevo fosse quello di Cesa in Val d'Arno che fu ripreso più tardi per ben due volte, una nel 1872 e l'altra negli anni 60 ma a Castiglion Fiorentino per opera della Federconsorzi (obbligatavi da Fanfani). Ora invece tu mi dici, e te ne ringrazio ancora, che si tratta di Settimello ora in provincia di Prato. (credo).

    Comunque la mia storia ha lo scopo di portare il lettore a conoscere le vere cause della debacle dell'industria saccarifera italiana, che obiettivamente rispetto alle bieticolture del Nord dell'Europa ha degli handicap, ma saccariferi e bieticoltori italiani ci hanno messo del loro per mandare a catafascio una filiera.

    RispondiElimina