lunedì 4 gennaio 2016

Strampelli vitivinicolo: «note sulla difesa contro la peronospora»

trascrizione di Sergio Salvi


Tra le attività svolte da Nazareno Strampelli a Camerino subito dopo il conseguimento della laurea in Agraria (1891) e prima del suo trasferimento a Rieti (1903) vi fu anche quella di redattore e direttore del Bollettino del Comizio Agrario Camerinese. 
Su questo periodico Strampelli scrisse oltre 60 articoli, prevalentemente a carattere tecnico-divulgativo, otto dei quali dedicati alla vite e al vino. Insieme ad altre due brevi note, pubblicate sempre in quegli anni su L’Agricoltura Italiana, vi proponiamo, in dieci puntate, uno Strampelli nella veste inedita di cultore della materia vitivinicola, sperando che i contenuti di questi articoli, scritti tra il 1896 e il 1901, siano utili a fornire qualche spunto di riflessione e di confronto rispetto alla realtà vitivinicola odierna.

(Bollettino del Comizio Agrario Camerinese, anno XXIX, 1896, Gennaio-Giugno, n. 1-6, pp. 11-14).


«La peronospora della vite che, per mala fortuna, si è perfettamente acclimatata anche in queste nostre contrade, si suol combattere solamente col metodo a base di sostanze anticrittogamiche. A me sembra, però, che non sarebbe fuor di luogo il cercare di difenderci ricorrendo anche al metodo igienico, che consiste nel rendere il vitigno, possibilmente, più resistente agli attacchi del parassita. Sostituendo ai vitigni meno resistenti, altri di maggior resistenza, la cura a mezzo di sostanze cupriche, che non dovrà essere mai trascurata, riescirà di esito più sicuro, tanto per tornaconto come per efficacia.
I vitigni poco o punto resistenti, malgrado tutte le cure diligenti del viticultora, sono, a seconda dell’annata, ora più ora meno attaccati. Dalla qual cosa si ha ora maggiore, ora minore, ma sempre una diminuzione di principi elaborati, e quindi una lenta anemia, che produrrà una vecchiaia antecipata della pianta. Le talee o propaggini, continuazione diretta della pianta madre, riesciranno in tal guisa deboli, derivando da un organismo infiacchito dai ripetuti attacchi. Si avrebbe così un progressivo deterioramento delle varietà, tantochè dopo un periodo più o meno lungo, secondo la resistenza minore o maggiore del vitigno, essa potrebbe giungere a produrre poco o punto ed il viticultore, forse, sarà costretto recidere le viti o, se ancora in tempo, trasformarle con l’innesto di varietà più resistenti. Ed egli certamente non ritrarrebbe tornaconto dall’assistere con fatalismo al lento deperimento delle sue varietà, e quindi farebbe cosa molto buona ed utile a sé, scegliere, fin d’ora, i vitigni più resistenti e coltivare questi a preferenza.
La resistenza, contro le affezioni o malattie parassitarie, dipende dalla robustezza degli individui, quindi essa non è mai assoluta, ma relativa. Non avendosi per conseguenza, vitigni perfettamente immuni bisogna accontentarsi di una sufficiente resistenza relativa.
Nello scegliere la varietà da sostituire alle meno resistenti, non si dovrebbe trascurare di considerare le cause di variazione della resistenza medesima nello stesso vitigno, le quali possono derivare dall’età dell’individuo, dall’ambiente, dalla coltivazione e dallo stato d’infezione dei vitigni circostanti.

Infatti:

Le viti troppo giovani sono più facilmente attaccate, naturalmente perché l’organismo troppo giovane ha tessuti deboli e quindi facilmente penetrabili dal parassita.

Le viti vecchie sono anch’esse più facilmente attaccate, essendo i loro tessuti meno robusti delle 
viti in pieno sviluppo.

È fuori dubbio che la natura chimica del terreno e le condizioni del clima hanno influenza sullo sviluppo e quindi sulle qualità organiche di un individuo, e dove la vite prospera meglio, più facilmente vi resistono quei vitigni che in località meno prospere sono tutt’altro che resistenti.

Molte varietà, mentre in collina sono resistenti alla peronospora, al piano non lo sono più, non solo, ma, spesso nello stesso campo, sia in piano od in collina, si hanno differenze di resistenza nel medesimo vitigno. In piano basta un leggero avvallamento, un terreno più profondo e perciò alquanto più umido per determinare un’affezione maggiore, come per il contrario basta un leggero sollevamento per determinarne una minore. Ugualmente in collina, ove l’esposizione o un avvallamento verso il Sud dà differenze in meglio; mentre verso il Nord se ne hanno in peggio.
Il vitigno ben potato, ben concimato (con i concimi più atti alla sua natura) nettato dai polloni si troverà in condizioni organiche di maggiore resistenza al parassita.
Il sistema di vigna o di coltura della vite ha influenza decisiva, in modo, che un vitigno coltivato a vite alta maritata all’acero si presenta resistente alla peronospora, coltivato invece a vigna bassa non lo è più. Ciò dipende dalla differenza di aeramento che si ottiene per i due sistemi di coltura. Ed anche, per questa medesima ragione i vitigni di una vigna bassa, in cui gli individui sono posti gli uni dagli altri a maggiori distanze, sono più resistenti di quelli posti a distanze minori.

Se una vite o più, del medesimo vitigno resistente, si troverà circondata da latre meno resistenti, quindi producenti numerosissime spore del parassita, essa sarà più affetta da peronospora, di quanto non sarebbe se circondata da latre viti più resistenti o di resistenza uguale alla sua.
Nella nostra regione [le Marche – nda], in questi ultimi anni in cui la peronospora ha infierito, è stata cosa ben facile il vedere come vi siano vitigni che furono attaccati da detto parassita, ma in un modo molto limitato da esserne pochissimo danneggiati, come al contrario ve ne siano altri che lo furono rapidamente e con grande intensità.
Il Bottaletto, ad esempio, vitigno bianco molto diffuso in alcune nostre località, ha mostrata resistenza quasi nulla alla peronospora, tantochè ripetuti trattamenti, con sostanze cupriche, riuscirono a stento a trattenere lo sviluppo del parassita, e dove questi trattamenti furono trascurati o mal condotti, il prodotto venne rapidamente e completamente distrutto.
Il Verdicchio non ne uscì immune, ma potè resistere grandemente, e gli agricoltori, che non trascurarono i trattamenti cuprici (che vanno sempre insistentemente raccomandati) salvarono completa ed integra la produzione di tale vitigno.
Per le mie osservazioni, condotte conformemente ai criteri ed alle considerazioni sopra indicate, ed avvalorate da quelle di pratici agricoltori, sono portato a concludere, che il Verdicchio, oltre ad essere uno dei nostri migliori vitigni per darci un mosto col 17 al 22 per cento di glucosio a seconda delle annate e delle località (percentuale che costituisce per noi una qualità ottima), lo sia anche per la sua robustezza che lo fa essere il meno attaccato dai parassiti.
Io ho qui citati solo i due estremi: Verdicchio e Bottaletto. Non posso fare la scala di resistenza dei nostri principali vitigni, mancandomi i dati d’osservazione».


N. Strampelli

Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).


   

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