lunedì 18 gennaio 2016

La cura che non c’è ma che tutti siamo disposti a vedere

di Cosimo Gaudiano


Inchiesta delle Iene sugli olivi nel Salento,
testimonial del servizio il musicista Albano Carrisi.

Rivedere la puntata su Xylella della trasmissione “le Iene” fa male. Diffusa in televisione ormai due mesi fa, ha rimesso il dito nella piaga tutta italiana del rapporto tra cittadini e scienza, tra cittadini e istituzioni. Fanno male le lacrime degli agricoltori che accarezzano olivi da abbattere, le ruspe che le spezzano come stuzzicadenti e gli orizzonti che si liberano alla visuale, quasi desertificati. 

Soprattutto fanno male i commenti fuori e dentro al piccolo schermo. Abbiamo sentito parole emotive e rabbiose di abitanti “truffati” dal batterio, dai presunti untori, dallo Stato o dall’universo intero. Si stanno scrivendo fiumi di inchiostro (molto spesso virtuale) che non porteranno a nulla di buono. 

Rivedere questo servizio ci fa capire quanto sia importante avere una solida esperienza razionale, una altrettanta solida inclinazione a sapere scegliere cosa è vero e cosa è fantasia. 
La Cura fatta di acqua, potature e un po’ di concime, quella che vediamo nelle immagini e che per quanto è semplice sembra l’uovo di Colombo, esiste solo nella nostra testa. 
Noi tutti, agronomi, agricoltori, semplici cittadini o “appassionati” del mondo rurale, stiamo vivendo le immagini di una illusione collettiva. Quel che è peggio, la scambiamo con la realtà. Anzi, desideriamo che essa sia reale perché è troppo doloroso veder sradicate piante che sulle spalle hanno cento, duecento o più anni e sono parte integrante di culture e popoli. Vogliamo una Cura, la desideriamo ardentemente, qualunque essa sia. E pur di ottenerla siamo disposti a credere che esista. 
Stabiliamo un punto fermo, una roccia a cui aggrapparci: la “Cura” che si vede in tv in realtà non esiste; gli olivi continuano a essere ammalati, dentro il loro legno è ancora presente il batterio Xylella fastidiosa che tra qualche mese prenderà di nuovo il sopravvento, completando l’opera di distruzione al di fuori della Puglia. 
Quello che sta avvenendo in Salento e buona parte dell’Italia mediterranea è una isteria collettiva. Perché non ci fidiamo più delle istituzioni di qualunque specie, siano esse scientifiche o semplicemente amministrative. Un veleno è stato sparso tra noi e non è la semplice “diffidenza”, essa è solo uno dei prodotti di un meccanismo più grande: la sfiducia militante. 
Cosa vuol dire non credere a istituzioni, ricerche scientifiche, ricercatori o semplici appassionati di Scienza e Agricoltura? Vuol dire che non si crede più a metodi di pensiero, azione e governo che nacquero per difenderci da noi stessi, dalle nostre passioni insane e dai più furbi che sapevano come governare queste passioni a loro piacimento. 
La storia è piena di colonne infami e “dagli all’untore”, di streghe al rogo e studiosi dubbiosi eliminati per il semplice calcolo politico, populista, “di pancia”. Gli studiosi che sprecano il loro fiato divulgando scienza o i semplici appassionati che diffondono visioni razionali (e reali) hanno ben in mente tutto questo e siamo quelli che pagano il prezzo e il dolore più alto causato dall’azione degli sconsiderati: la frustrazione. Bastano poche immagini ben montate per vanificare mesi di corretta divulgazione tra agricoltori e cittadini. 
Alla fine è questo il prezzo che si paga per video come quelli de “le Iene” o azioni sconsiderate come quella del Movimento 5 Stelle che pianta ulivi che aiuteranno il batterio a propagarsi oltre il Salento. 
La Cura che vive solo nella nostra testa ci distrae dalla realtà, impedisce che si possa anche solo considerare una azione di abbattimento e contenimento guidata dal Commissario Silletti, essa marcherà uno spartiacque profondo in Italia e non solo in agricoltura. Segnerà la nascita di un nuovo rapporto tra cittadini e istituzioni, con un loro positivo mutamento per rispondere meglio alle domande e ai dubbi che quotidianamente solleviamo, o il loro definitivo affossamento delle stesse, viste come illegittime e sostituite dal primo capopopolo che passa per strada. Un brutto segnale che i mass media certificano, mutando il loro messaggio per adeguarsi alle nuove esigenze passionali. D'altronde è così che va il mondo, con i banditori che seguono quello che i popoli vogliono sentirsi dire. Giusto o sbagliato.

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