di Sergio Salvi
Più o meno una ventina d’anni fa, nel nostro Paese iniziarono a circolare sul mercato i primi integratori a base di lecitina (prevalentemente lecitina di soia), che hanno avuto un grande successo commerciale in relazione ai loro effetti salutistici molto reclamizzati, in particolare per la capacità di ridurre il colesterolo ematico. La lecitina, infatti, intervenendo nella reazione catalizzata dall’enzima Lecitina Colesterolo Acil Transferasi (LCAT), favorisce lo smaltimento del colesterolo in eccesso prevenendone il dannoso accumulo sulle pareti interne dei vasi sanguigni.
La lecitina presenta caratteristiche tecnologiche che la rendono molto utile in numerose preparazioni alimentari (come agente emulsionante, solubilizzante, umidificante, cristallizzante e conservante), ma la popolarità tra i consumatori l’ha guadagnata soprattutto in relazione alle sue virtù salutistiche, vere o presunte. Essa, infatti, “… fu usata con successo contro il rachitismo, l’atrepsia, il linfatismo, … nelle malattie del ricambio, quali il diabete, e nella senilità precoce…". Inoltre, “… molte malattie nervose vengono guarite per l’azione della lecitina…”, mentre negli anziani essa “… combatte con vantaggio l’astenia e ravviva l’attività cerebrale…”.
Parola di internet? No, ma di un tal Vincenzo Brutti, assistente presso l’Istituto Farmacologico dell’Università di Camerino nel lontano 1909 (!) e autore di una review dedicata a questa molecola appartenente alla classe dei fosfolipidi.
Ma anche il web, dal canto suo, presenta la lecitina come una sorta di panacea: oltre la ben nota azione ipocolesterolemizzante (della quale però il Brutti non parla, evidentemente perchè all’epoca non era ancora stata scoperta), la lecitina svolgerebbe azioni atte a contrastare la stipsi, ridurre l’insorgenza di calcoli alla cistifellea, limitare l’accumulo di grassi nel fegato, ridurre il rischio di cancro della prostata, stimolare il metabolismo e favorire il dimagrimento, rinforzare il sistema nervoso, tenere sotto controllo il diabete, e persino rinforzare le unghie, idratare la pelle e ristrutturare i capelli sfibrati. La confusione è servita!
Al di là dei possibili punti di contatto tra alcune delle virtù attribuite alla lecitina dal Brutti e quelle propagandate dal web oltre cento anni dopo - e lungi dal voler fare chiarezza, in questa sede, su ciò che è vero o no di quanto è stato scritto - gli aspetti interessanti che ruotano intorno a questo integratore (ma lo stesso vale anche per molti altri) sono almeno due, il primo dei quali è che non si tratta di una “novità”. Il secondo aspetto, anch’esso non nuovo, è che dai tempi di Vincenzo Brutti ad oggi non è cambiato nulla sul modo di presentare un prodotto ritenuto vantaggioso per la salute. Si elencano numerose virtù, più o meno scientificamente dimostrate, salvo poi dare spazio anche a delle smentite, come quella secondo la quale il consumo di lecitina favorirebbe, da parte della flora microbica intestinale, la sintesi di sostanze che a lungo andare possono condurre ad aterosclerosi ed attacchi cardiaci, ossia proprio le patologie che l’azione ipocolesterolemizzante della lecitina dovrebbe contrastare. Per non parlare, poi, delle mutazioni del gene LCAT, che rendono l’enzima da esso codificato malfunzionante e, di conseguenza, incapace di utilizzare la lecitina introdotta nell’organismo.
Trentasette anni dopo la pubblicazione della review di Vincenzo Brutti, un altro ricercatore dell’Università di Camerino, Pietro Cruciani, pubblicando un metodo di purificazione della lecitina dal tuorlo d’uovo, sottolineava una questione ancora oggi molto dibattuta quando si discute di integratori, e cioè se un principio salutistico purificato presenti la stessa efficacia del medesimo principio assunto insieme alla matrice alimentare grezza che lo contiene.
Tornano alla mente i racconti dei nostri nonni, che non conoscevano gli integratori alimentari benchè tutte le mattine si bevessero il loro bell’ovetto fresco di giornata, prima di andare a spaccarsi la schiena nei campi.
Granuli
di lecitina (Wikipedia)
|
Più o meno una ventina d’anni fa, nel nostro Paese iniziarono a circolare sul mercato i primi integratori a base di lecitina (prevalentemente lecitina di soia), che hanno avuto un grande successo commerciale in relazione ai loro effetti salutistici molto reclamizzati, in particolare per la capacità di ridurre il colesterolo ematico. La lecitina, infatti, intervenendo nella reazione catalizzata dall’enzima Lecitina Colesterolo Acil Transferasi (LCAT), favorisce lo smaltimento del colesterolo in eccesso prevenendone il dannoso accumulo sulle pareti interne dei vasi sanguigni.
La lecitina presenta caratteristiche tecnologiche che la rendono molto utile in numerose preparazioni alimentari (come agente emulsionante, solubilizzante, umidificante, cristallizzante e conservante), ma la popolarità tra i consumatori l’ha guadagnata soprattutto in relazione alle sue virtù salutistiche, vere o presunte. Essa, infatti, “… fu usata con successo contro il rachitismo, l’atrepsia, il linfatismo, … nelle malattie del ricambio, quali il diabete, e nella senilità precoce…". Inoltre, “… molte malattie nervose vengono guarite per l’azione della lecitina…”, mentre negli anziani essa “… combatte con vantaggio l’astenia e ravviva l’attività cerebrale…”.
Parola di internet? No, ma di un tal Vincenzo Brutti, assistente presso l’Istituto Farmacologico dell’Università di Camerino nel lontano 1909 (!) e autore di una review dedicata a questa molecola appartenente alla classe dei fosfolipidi.
Ma anche il web, dal canto suo, presenta la lecitina come una sorta di panacea: oltre la ben nota azione ipocolesterolemizzante (della quale però il Brutti non parla, evidentemente perchè all’epoca non era ancora stata scoperta), la lecitina svolgerebbe azioni atte a contrastare la stipsi, ridurre l’insorgenza di calcoli alla cistifellea, limitare l’accumulo di grassi nel fegato, ridurre il rischio di cancro della prostata, stimolare il metabolismo e favorire il dimagrimento, rinforzare il sistema nervoso, tenere sotto controllo il diabete, e persino rinforzare le unghie, idratare la pelle e ristrutturare i capelli sfibrati. La confusione è servita!
Al di là dei possibili punti di contatto tra alcune delle virtù attribuite alla lecitina dal Brutti e quelle propagandate dal web oltre cento anni dopo - e lungi dal voler fare chiarezza, in questa sede, su ciò che è vero o no di quanto è stato scritto - gli aspetti interessanti che ruotano intorno a questo integratore (ma lo stesso vale anche per molti altri) sono almeno due, il primo dei quali è che non si tratta di una “novità”. Il secondo aspetto, anch’esso non nuovo, è che dai tempi di Vincenzo Brutti ad oggi non è cambiato nulla sul modo di presentare un prodotto ritenuto vantaggioso per la salute. Si elencano numerose virtù, più o meno scientificamente dimostrate, salvo poi dare spazio anche a delle smentite, come quella secondo la quale il consumo di lecitina favorirebbe, da parte della flora microbica intestinale, la sintesi di sostanze che a lungo andare possono condurre ad aterosclerosi ed attacchi cardiaci, ossia proprio le patologie che l’azione ipocolesterolemizzante della lecitina dovrebbe contrastare. Per non parlare, poi, delle mutazioni del gene LCAT, che rendono l’enzima da esso codificato malfunzionante e, di conseguenza, incapace di utilizzare la lecitina introdotta nell’organismo.
Trentasette anni dopo la pubblicazione della review di Vincenzo Brutti, un altro ricercatore dell’Università di Camerino, Pietro Cruciani, pubblicando un metodo di purificazione della lecitina dal tuorlo d’uovo, sottolineava una questione ancora oggi molto dibattuta quando si discute di integratori, e cioè se un principio salutistico purificato presenti la stessa efficacia del medesimo principio assunto insieme alla matrice alimentare grezza che lo contiene.
Tornano alla mente i racconti dei nostri nonni, che non conoscevano gli integratori alimentari benchè tutte le mattine si bevessero il loro bell’ovetto fresco di giornata, prima di andare a spaccarsi la schiena nei campi.
Bibliografia
Brutti V., 1909. Importanza biologica e terapeutica della lecitina, Rivista Veneta di Scienze Mediche, Vol. 50, pp. 411-428
Cruciani P., 1946. Sull’estrazione delle lecitine dal torlo d’uovo, Stabilimento Tipografico Savini-Mercuri, Camerino.
Salvi S., 2015. Il ruolo dell’Università di Camerino nella ricerca scientifica agroalimentare tra Ottocento e Novecento (1861-1961), Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria - Università degli Studi di Camerino.
Tang W.H., Wang Z., Levison B.S., Koeth R.A., Britt E.B., Fu X., Wu Y., Hazen S.L., 2013. Intestinal microbial metabolism of phosphatidylcholine and cardiovascular risk, New England Journal of Medicine, Vol. 368, pp. 1575-1584
Sergio Salvi
Laureato
in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della
sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso
Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di
ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il
settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia
storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle
varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico,
recupero di varietà agrarie d’interesse storico).
Nessun commento:
Posta un commento