lunedì 12 ottobre 2015

Un bizzarro caso di genetic bottleneck: l’allevamento del ghiro in età Romana

di Sergio Salvi

 
Ghiro " razza calabrese"
È risaputo che gli antichi Romani andavano pazzi per il ghiro (Glis glis L.), simpatico roditore dal sonno pesante divenuto proverbiale, che veniva cucinato in tutte le salse e considerato una vera e propria leccornia.
Sorvolando sui dettagli culinari di quella che oggi tutti noi considereremmo una “portata” assurda ed anche eticamente inammissibile (ma che dire, allora, del consumo di cavallette fritte recentemente proposto nientemeno che dalla FAO?), l’aspetto certamente interessante di questa usanza alimentare del passato è l’insegnamento scientifico che ne possiamo ricavare in relazione al cosiddetto “collo di bottiglia genetico” (genetic bottleneck). Ovvero, come l’allevamento di una specie può portare alla drastica riduzione della sua variabilità genetica.
Questa volta a venirci incontro è la filogeografia, una disciplina che studia i principi ed i processi che determinano la distribuzione spaziale della variazione genetica entro le singole specie attraverso la ricostruzione di genealogie di popolazioni e geni.

Uno studio pubblicato nel 2010 sulla filogeografia del ghiro in Europa è giunto ad alcune interessanti conclusioni. Ecco la prima: per dirla alla Vavilov, il “centro di origine” del ghiro attualmente diffuso in Europa si localizza in Sicilia e Calabria, mentre nella restante parte del continente interessata dalla presenza di questo animaletto, ossia nella fascia compresa tra la Penisola Iberica (a ovest), Francia e Germania (a nord), i Balcani (a est) e l’Italia Settentrionale (a sud), la diversità genetica è estremamente ridotta, determinando, di fatto, l’esistenza di un collo di bottiglia genetico per questa specie.
La seconda interessante conclusione tratta dai ricercatori, che hanno svolto questo studio effettuando l’analisi genetica di alcune regioni del DNA mitocondriale del roditore, è che la diffusione del ghiro in Europa è avvenuta rapidamente e con altrettanto rapida riduzione della diversità genetica intorno a duemila anni fa, muovendo proprio dal “centro di origine” di questo animale.
È sorprendente come l’epoca in cui ebbe inizio la diffusione del ghiro in Europa coincida con l’epoca dell’espansione imperiale Romana, che diffuse uomini, usi e costumi (anche culinari) in tutto il territorio dell’Impero, inclusa - e a questo punto la cosa appare più che plausibile - la pratica di allevare i ghiri per cibarsene. A dimostrazione di questa ampia diffusione del ghiro per motivi culinari si trovano testimonianze già nelle opere di autori Romani vissuti agli inizi dell’epoca imperiale, come Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.)
il quale, nel terzo libro del suo De re rustica (37 a.C.), narra di come Tito Pompeo, nella Gallia Transalpina, possedesse una riserva di caccia recintata ed estesa per quattro miglia quadrate, all’interno della quale, oltre ad alveari e luoghi per allevare le lumache, si trovavano anche dei contenitori nei quali venivano tenuti i ghiri (i famosi gliraria, giare di terracotta bucherellate per garantire il passaggio dell’aria e che favorivano l’ingrasso e la dormienza dei ghiri per via dell’assenza di luce).
Un glirarium (Wikipedia) 

L’allevamento del ghiro, facente parte della cosiddetta pastio villatica, ossia l’usanza di allevare animali selvatici in associazione agli alberi da essi frequentati, deve pertanto aver esercitato un effetto enorme sulla variabilità genetica dell’animale, al punto che ancora oggi se ne trova traccia nei recenti campioni sottoposti alle analisi genetico-molecolari.È il caso di concludere affermando che oggi, per fortuna, il ghiro dorme sonni tranquilli come probabilmente non è mai avvenuto in passato.





Bibliografia
Hurner H., Krystufek B., Sarà M., Ribas A., Ruch T., Sommer R., Ivashkina V., Michaux J.R., 2010. Mitochondrial phylogeography of the edible dormouse (Glis glis) in the western Palearctic region, Journal of Mammalogy, vol. 91, pp. 233-242
Carpaneto G.M., Cristaldi M., 1994. Dormice and man: a review of past and present relations, Hystrix - Italian Journal of Mammalogy, vol. 6, pp. 303-330.



Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare e la genetica agraria in particolare (biografia storico-scientifica di Nazareno Strampelli, origine ed evoluzione delle varietà tradizionali di frumento e del concetto di prodotto tipico, recupero di varietà agrarie d’interesse storico).









3 commenti:

  1. I metodi di selezione ricorrente sono la risposta che il miglioramento genetico attuale mette in atto per evitare il genetic bottleneckt

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  2. Un altro animaletto passato in tempi relativamente recenti per il "collo di bottiglia" è il coniglio:

    https://www.sciencemag.org/content/345/6200/1074.full.pdf

    Sergio Salvi

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  3. Sergio

    Ho dimenticato di precisare nel mio commento che mi riferivo alla genetiva vegetale e non animale.

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