lunedì 28 settembre 2015

Svelati i segreti del “Grano del miracolo”


di SERGIO SALVI



( Fonte: agricoltura.regione.emilia-romagna.it )


Era chiamato Triticum ramosum da Plinio, Triticum spica multiplici da Bavino, Frumentum racemosum da Anguillara e Triticum typhinum multiplici spica da Tabernamontano, e da alcuni, più volgarmente, Grano di Smirne, Grano d’Egitto o, ancora, Grano del Graspo o del Grappolo, ma oggi per tutti è il Grano del miracolo (nella foto), una forma di frumento che da sempre ha colpito l’immaginazione dell’uomo agricoltore nella speranza di poter conseguire raccolti - per l’appunto “miracolosi” - di grandi quantità di granella.

sabato 26 settembre 2015

Le Agrarian Sciences di Saltini ospiti all' Expo

di Luigi Mariani



Antonio Saltini. Foto S. Scarsi

Ci sono due principali modi di guardare al passato dell'agricoltura. Il primo, quello che va per la maggiore in una élite culturale urbana molto riverita negli ambienti politico-mediatici, consiste nel praticare una sorta di "culto delle ceneri", esaltando le "tradizioni millenarie" e gli "antichi saperi" e disprezzando quel che oggi nutre per davvero l'umanità e cioè un’agricoltura basata su genetica ed agrotecniche innovative. L'altro modo è quello di guardare al passato dell'agricoltura per quello che è, calandosi “nelle antique corti delli antiqui huomini”, mirando a capire ciò che li ha mossi nelle loro azioni e cercando di penetrare esperienze tanto lontane nel tempo e nello spazio per ritrarne qualche spunto utile ad orientare le scelte del presente. E' a questo secondo modo di leggere il nostro passato che si ispira il lavoro storico di Antonio Saltini, un lavoro che, al termine di quarant’anni di penetranti analisi epistemologiche sostanziato in un’opera che è la “Storia delle Scienze agrarie”, prima pubblicata in quattro, ora in sette volumi.

mercoledì 23 settembre 2015

Il rifiuto degli OGM – Esperienze e valutazione. Intervento - audizione Senato della Repubblica

 di Silviero  Sansavini


Senato
1. La mela cisgenica

Dodici anni fa l’Università di Bologna, Dipartimento di Colture Arboree, insieme al Politecnico di Zurigo, Istituto di Fitopatologia, portò a compimento il progetto di trasformazione genetica del melo, cv Gala, con l’inserimento del gene Vf di resistenza alla principale affezione fungina (Venturia inaequalis, agente della ticchiolatura), gene isolato e trasferito da una specie selvatica di melo, Malus floribunda 821. Il lavoro, pubblicato sulla rivista americana PNAS dal gruppo italo-svizzero (Belfanti et al., 2004), creò immediatamente un cambio di direzione delle strategie perseguite dai progetti di ricerca internazionali e in particolare americani. Fino ad allora gli OGM noti, cosiddetti di prima generazione, erano stati ottenuti nel campo delle commodities dalle multinazionali delle sementi, propagati per seme e riguardavano soia, mais, colza-canola e cotone, resistenti al diserbante “Round Up” (Gliphosate) e ad alcuni insetti lepidotteri (es. tignola del mais). Queste sementi sono le stesse ancora oggi utilizzate; nel mondo hanno raggiunto quasi duecento milioni di ettari di superficie coltivata.

sabato 19 settembre 2015

Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera..."campagne avvelenate"

di Luigi Mariani
 
 
Zappatori -" la sana agricoltura di una volta"
L’articolo di Fabio Brescacin sulle “campagne avvelenate"
Signor Direttore,

il suo quotidiano ha da tempo sposato una linea avversa all’uso della tecnologia in agricoltura e ciò causa nel sottoscritto un sempre maggiore sconcerto, per comprendere il quale la prego per un attimo di immaginare un Corriere che da domani spieghi agli ingegneri che le auto si costruiscono con la tecnologia del 1880, i ponti con quella del 1830 e gli aerei con legno e tela.

venerdì 18 settembre 2015

L’evoluzione dell’agricoltura italiana: la trasmissione del patrimonio di valori ambientali, etici sociali punto di forza per la ricostruzione di un modello di sviluppo


di Alessandro Cantarelli

2ª parte

Fig. 4. Olivi e vite coltivati in traverso, disegnano ancora oggi il paesaggio agrario
nella collina pisana attorno a S. Miniato. Foto A. Cantarelli
La richiesta da parte di chi non vive in campagna di attività a contatto con la “natura”, stanno d’altra parte sempre più orientando le aziende ad effettuare oltre alle produzioni agricole, anche delle produzioni di servizi (esempi ne sono l’agriturismo, la vendita diretta, le fattorie didattiche, le manutenzioni varie ecc.), soprattutto nelle aree attorno alle città. In questo contesto il recupero e la valorizzazione della struttura storica del paesaggio agrario, operata con dedizione, sapienza e orgoglio dagli agricoltori che sono rimasti in cascina, otterrebbe il risultato di un crescente apprezzamento da parte della popolazione cittadina: aspetto non trascurabile per quelle realtà che volessero instaurare rapporti con il pubblico10.

mercoledì 16 settembre 2015

Allevamenti intensivi? Fanno bene all'ambiente e alla salute


 di Luigi Mariani e Giuseppe Bertoni



Le stalle moderne vantano sistemi di automazione o informatizzazione degli impianti per monitorare: la mungitura, la routine di lavoro, lo stato riproduttivo, lo stato di salute, l’igiene e la qualità del latte raccolto, che incidono positivamente sul benessere animale e i costi.
 
 
 
Nei giorni scorsi è stato pubblicato su Avvenire un lungo articolo che condanna gli allevamenti intensivi, riproponendo una serie di luoghi comuni in materia. La conclusione è che tale modo di produrre carni è contrario «all'ambiente, alla salute umana e al buon senso». Soprattutto si tratta di un articolo che tocca il delicato rapporto tra uomo e altre creature, che merita di essere approfondito. Per questo, alla vigilia della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, abbiamo chiesto un commento a due esperti del settore.

L' articolo è uscito in origine su: La nuova Bussola Quotidiana  e per   gentile  concessione degli autori pubblichiamo.

lunedì 14 settembre 2015

Quando la paglia vale più del grano.


di Sergio Salvi


Frumento “Jervicella” (fonte ASSAM)
Da Nazareno Strampelli a Norman Borlaug, il miglioramento genetico del frumento ha condotto alla progressiva riduzione dell’altezza del fusto della pianta in modo da favorire, da un lato, la resistenza all’allettamento e, dall’altro, l’incremento della concimazione e il consequenziale aumento di sostanza proteica nella granella.
Le varietà di frumento tradizionali a fusto lungo sono progressivamente scomparse, fatte salve alcune eccezioni (come, ad esempio, il frumento duro “Senatore Cappelli”), lasciando il campo libero a varietà sempre più nane e, di conseguenza, povere di paglia.
Tuttavia, in Italia c’è ancora una varietà di frumento che prospera in totale controtendenza in quanto a valorizzazione della sostanza proteica della granella, poiché la sua caratteristica considerata più importante non è tanto la resa in cariossidi quanto la qualità della paglia: è la “Jervicella”, coltivata nelle Marche per la manifattura dei celebri cappelli di Montappone, prodotto d’eccellenza esportato con successo in tutto il mondo.

giovedì 10 settembre 2015

L’evoluzione dell’agricoltura italiana: la trasmissione del patrimonio di valori ambientali, etici sociali punto di forza per la ricostruzione di un modello di sviluppo

di Alessandro Cantarelli


1ª parte
“L’evoluzione dell’agricoltura italiana”

Primi anni del secolo scorso, la figura coglie la viva comunità di uomini ed animali che caratterizzava la cascina lombarda. L’idea del lavoro duro, della vita difficile da cui riscattarsi, è la prima percezione che si ha dell’agricoltura di quel periodo storico. Da Cantù E. (a cura di), op.cit.

 Giovedì 18 giugno a Milano presso l’auditorium di Palazzo Italia ad EXPO 2015, in occasione della seconda giornata “CIA in EXPO” della Confederazione Italiana Agricoltori, ho avuto l’opportunità di esporre alcune riflessioni sull’evoluzione del nostro settore primario. 
Ho parlato su invito dell’Istituto “Alcide Cervi”-Biblioteca archivio “Emilio Sereni” di Gattatico (Re), istituzione che proseguendo nel solco della tradizione sereniana, ha tra i propri scopi lo studio dell’evoluzione agricola e del paesaggio agrario. Sull’argomento in oggetto–di per sé molto ampio-, si erano confrontati negli ultimi anni diversi ed autorevoli esperti nelle Scienze Agrarie presso la biblioteca “Antonio Bizzozero” di Parma, incontri patrocinati dal Comitato per Expo 2015 ed ai quali avevo fornito mio contributo 1 .

martedì 8 settembre 2015

Ottavio Munerati un genetista della bietola da zucchero di fama mondiale, ma pressoché sconosciuto in patria

di Alberto Guidorzi


Ottavio Munerati
 La nascita dell’industria saccarifera italiana

Credo che prima di parlare della figura di Ottavio Munerati, che nacque a Costa di Rovigo nel 1875 e morì a Rovigo nel 1949, occorra fare un breve excursus su come è nata la coltura della barbabietola da zucchero e la relativa industria.

La canna da zucchero in circa 1500 anni si era trasferita dal lontano Oriente alle colonie tropicali del Nuovo Mondo, passando per il Mediterraneo. Nel XVIII sec. era la sola pianta che riforniva l’Europa di zucchero, una derrata preziosa da sempre per la valenza medicamentosa allora attribuitagli ed i cui consumi stavano aumentando per la diffusione di bevande zuccherate (the e caffè). Chi non possedeva colonie in zone tropicali dipendeva praticamente dalla sola Inghilterra per il fatto che essa dominava in parte la produzione ma soprattutto i trasporti. Il primo che pensò di dotare il suo paese di una pianta saccarifera indigena fu Federico Guglielmo III di Prussia, seguito da Napoleone I, quando decise il blocco dei porti europei all’attracco delle navi inglesi nel 1806. Con Napoleone si cominciò a parlare di industria saccarifera anche in Italia (il primo zuccherificio sorse a Borgo San Donnino, l’attuale Fidenza, nel 1811).

sabato 5 settembre 2015

Gaetano Cantoni, nel bicentenario della nascita

di Luigi Mariani


Gaetano Cantoni (1815-1887), medico, agronomo, promotore della scuola di agricoltura di Corte del Palasio e poi fondatore della Scuola superiore di Agricoltura di Milano, che in seguito diverrà facoltà di Agraria (figura 1), è uno dei personaggi chiave del pensiero agronomico italiano del XIX secolo. Qui di seguito si riporta una biografia essenziale corredata da alcuni approfondimenti utili a contestualizzarne il pensiero e le opere.

Biografia essenziale




Figura 1 - Busto bronzeo di Gaetano Cantoni, opera dello scultore
Ercole Villa. Il busto, inizialmente collocato nel convento dell'Incoronata,
è oggi nel cortile della facoltà di Agraria, in via Celoria 2 a Milano.


Gaetano Cantoni nacque a Milano il 5 settembre 1815, figlio di Tobia, primario dell’Ospedale Maggiore e di Carlotta Strambio. Nel 1837, all’età di 22 anni, si laureò in medicina e chirurgia all'università di Pavia, ove si era avvicinato all’Istituto di Botanica appassionandosi agli studi di chimica agraria e botanica. Dopo avere esercitato per qualche anno la professione medica si dedicò all'agronomia, sulla scia delle idee del Liebig e di altri scienziati circa il nesso tra botanica, chimica e agricoltura (Giusti, 1975). Anche per approfondire le conoscenze scientifiche con l’osservazione sperimentale, il Cantoni intraprese con esito positivo la conduzione di fondi rustici nell'alto Milanese e più in particolare gestì il fondo di famiglia a Concorezzo (Mi) e alcuni altri fondi presi in affitto a Monza. In tale attività si segnalò per l’introduzione di norme razionali in luogo delle pratiche tradizionali e per la scrupolosa annotazione dei risultati ottenuti.

martedì 1 settembre 2015

Rai-Expo annulla il contratto con Antonio Saltini

 
di Agrarian Sciences
 

Logo Rai Expo
Con un una lunga lettera che richiedeva al destinatario firme e controfirme, il dipartimento della Rai creato per manifestare la voce ufficiale del Paese nel corso dell’Expo che qualcuno immaginava lo avrebbe coperto di gloria, ha disdetto, unilateralmente, il contratto sottoscritto con il prof. Antonio Saltini l’1 ottobre 2014 su un testo che stabiliva, in 12 dense pagine, ogni e qualunque condizione formale della futura collaborazione.
L’oggetto della collaborazione era stato tratteggiato nel corso di una lunga giornata trascorsa insieme, il 23 luglio, dal futuro collaboratore e dal responsabile dello specifico servizio Rai, Giovanni Carrada, che aveva richiesto a Saltini di contribuire al commento di riprese effettuate presso aziende agricole che lo stesso Carrada avrebbe scelto in regioni diverse del planisfero. Dopo l’incontro, il prof. Saltini, rimasto in attesa di ricevere dal dott. Carrada indicazioni in merito alle proprie prestazioni, in febbraio riceveva, invece, dagli uffici amministrativi Rai, l’informazione che gli sarebbero stati rimessi € 400 per l’esecuzione della prima parte della collaborazione “concordata” (e mai richiestagli), e simultaneamente, dalla medesima fonte, una lettera in quattro copie intitolata “variante contrattuale”, in cui gli si intimava di sottoscrivere l’accettazione della risoluzione del contratto.

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