mercoledì 5 agosto 2015

Severino e il superstato tecnico europeo



di Luigi Mariani



Rivisitazione del Quarto Stato di "Pellizza da Volpedo";
i braccianti visti di spalle sembra ritornino indietro.
Nella pagina culturale del Corriere della Sera di oggi è apparso un articolo (un volta sarebbe stato un elzeviro) del filosofo Emanuele Severino dal titolo “La tecnica unirà l’Europa – né la politica né l’economia possono governare processi dominati dall’obiettivo di accrescere la potenza”. In tale articolo in estrema sintesi si sostiene che l’Europa si sta inesorabilmente avviando verso uno superstato di tipo tecnocratico dominato dalla tecnologia come strumento per risolvere in modo ottimale i problemi (compresi quelli dell’economia e della fame nel mondo).
Scrive in particolare Severino che “…è già in atto il processo in cui l’economia sta a sua volta cedendo alla tecnica la guida della società. Lo scopo delle società capitalistiche tende a non essere più l’incremento indefinito del profitto privato ma l’incremento indefinito delle potenza prodotta dalla tecno-scienza. Un processo che si lascia alle spalle ogni nostalgia di marxismo, della politica, della tradizione morale-religiosa. Un processo, dunque, dov’è il capitalismo stesso a portare al tramonto se stesso. Lasciandosi alle spalle il proprio scopo infatti, il capitalismo non è più capitalismo.”


Anche se è sempre un piacere leggere gli scritti del professor Severino per le doti di chiarezza e arguzia che li caratterizza, credo che questa volta nell’analisi di Severino vi sia più di qualcosa che non va, come ci evidenziano alcuni eloquentissimi esempi che sono il rifiuto degli OGM, il rifiuto dei fitofarmaci, il rifiuto dei concimi minerali di sintesi, il rifiuto del nucleare, il rifiuto della sperimentazione di farmaci su animali ed infine il lascito culturale “retrò” di Expo 2015.

Questi esempi sono peculiari di un’opinione pubblica europea con gravi carenze sul piano della cultura scientifica, carenze che si traducono in paure le quali vengono peraltro abilmente sfruttate dagli ambientalisti e dai mezzi di comunicazione di massa per rafforzare sempre più quella gabbia di preconcetti antiscientifici che colpiscono alla radice qualunque possibilità d’innovazione. 

L’Italia in tale temperie è prima della classe (una volta tanto sì, siamo primi, presidente Renzi!) e ad attestare tale primato nel rifiuto dell’innovazione tecnologica sta a mio avviso quel “BBB meno” a cui le agenzie di rating impietosamente ci inchiodano. 

Tuttavia in tale temperie annaspa ad esempio anche la Francia, come attesta il pugnace libro di Jean de Kervasdoué “Ils ont perdù la raisonin cui l’autore, ingegnere agronomo e già consigliere scientifico sotto Mitterand, attacca le posizioni antiscientifiche ormai ampiamente consolidate nel mondo d’oltralpe ed incarnate da personaggi come il ministro dell’ambiente Ségolène Royal. 

In sostanza l’Europa di questo primo scorcio del XXI secolo ci si propone sempre più come una “castello della bella addormentata” che fa del rifiuto della tecnologia la sua bandiera e che in nome di ciò sta perdendo tutti i treni dell’innovazione tecnologica in nome di un principio di precauzione che blocca qualunque iniziativa innovativa. Braccio secolare di tale posizione ideologica sono i movimenti ambientalistici ed in un tale contesto la politica, che per sua natura è “l’arte di prendere e conservare il potere” non può far altro che seguire la deriva. Non può tuttavia non far specie che la stessa sinistra, che per ragioni fondanti era, fino a qualche decennio orsono, fiduciosa nel potere della tecnologia, si erga oggi a paladino di tale deriva oscurantista, tanto che oggi esprimere fiducia nella tecnologia significa a quanto pare essere “di destra”.

Altro che Europa tecnocratica, dunque: pur augurandomi di sbagliare, ho l’impressione che il filosofo Severino stia guardando un’altra partita. Per concludere penso che da europei dovremo riporre le nostre speranze di progresso in Paesi giovani e molto più pragmatici del “Paese del tramonto”.


Luigi Mariani
Già docente di Agronomia e Agrometeorologia all'Università degli Studi di Milano, è attualmente condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.

6 commenti:

  1. Una buona lettura per Emanuele Severino al fine di raddrizzare la linea di tiro potrebbe essere anche questa:

    http://www.pseudo-sciences.org/spip.php?article2128

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  2. Per fortuna il filosofo Severino non sarà costretto di fronte ad una commissione di uomini di scienza, sommi sacerdoti e unici detentori del sapere, ad abiurare le sue tesi.

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  3. Nei quattro punti che non vanno (in realtà sei) delineati dal prof. Mariani, non mi trovo d'accordo sull'ultimo, e cioè il lascito culturale "retrò" di Expo 2015.
    Ho visitato Expo lo scorso weekend, la visita dei padiglioni (non tutti, per mancanza di tempo) mi ha lasciato la sensazione di Paesi che guardano avanti...Forse sarà perchè tra i tanti ho saltato proprio Palazzo Italia...?

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  4. Per una svista non ho firmato il mio commento... (sono Sergio Salvi)

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    1. Sergio, certo che nei padiglioni si vede il progresso e l'aspirazione al progresso, ma loro mica si sono ispirati al Manifesto di Milano o alle idee degli ambasciatori di EXPO. Ne elenco qualcuno: Vandana Shiva, Carlin Petrini ed anche il nostro Ministro (scusate ho sbagliato è un non-ministro alla stregua di tutti quelli che si sono succeduti in via XX Settembre negli ultimi 20 anni e non arretro di più nel tempo per carità cristiana.....)

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    2. Purtroppo, mio malgrado, devo darle ragione dr. Guidorzi . Questi Paesi non si sono certo ispirati a quanti menzionati da Lei. Ma ben diverse sono state le muse. Tra queste di certo non Demetra. Spesso gli esperti di un settore, sono molto attenti ai particolari e così rigidi nelle loro convinzioni da non riuscire a rendersi conto di quanto non ha bisogno di pleonastiche spiegazioni. E non voglio insinuar di più per carità divina.

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