giovedì 23 luglio 2015

Guerra fredda e ruggini del grano

di Sergio Salvi
 

Manifesto propaganda  USA
Seconda guerra mondiale
Da qualche tempo è possibile scaricare gratuitamente da internet un documento in formato pdf del DTIC (Defense Technical Information Center) di Fort Detrick (Maryland, USA) relativo ad uno studio pubblicato nel 1937 dal ricercatore Alviero Dionigi, che fu allievo di Nazareno Strampelli presso la Regia Stazione sperimentale di granicoltura di Rieti.
Lo studio del Dionigi riguarda il fenomeno della dormienza (altrimenti detta ibernazione, o svernamento) delle spore di funghi patogeni del genere Puccinia, responsabili della cosiddetta “ruggine” del grano e oggetto di molte ricerche da parte di Strampelli al fine di ottenere varietà di frumento resistenti a questo parassita. Fin qui nulla di strano, se non fosse per il fatto che il documento in questione è stato coperto da segreto militare dal 1966 al 1972.
Il motivo di questa segretezza ce lo fa capire molto bene Roland F. Line in una sua interessantissima review che ricostruisce la storia delle ruggini del grano nel Nord America.


Line, che lavorò proprio per il DTIC, racconta infatti che il Governo americano, in piena “guerra fredda”, considerò seriamente la possibilità di usare le spore delle ruggini del frumento come arma biologica da irrorare sui campi del suo nemico di allora, l’Unione Sovietica.

L’articolo di Dionigi destò evidentemente l’interesse dell’intelligence a stelle e strisce in relazione alla possibilità di “attivare a comando” le spore, facendole uscire dal loro stato di dormienza al momento opportuno al fine d’innescare un’epidemia di ruggine su vasta scala.
Nella review di Line è addirittura delineata l’ipotesi che la grande epidemia di ruggine che colpì i campi di frumento statunitensi tra il 1960 e il 1967 possa essere stata innescata da una spia sovietica che, navigando segretamente lungo il corso del fiume Columbia, nel Nord-Ovest del Paese, avrebbe gettato in aria le spore di ruggine tenendosi sottovento, in modo da consentire il loro spargimento lungo tutta la parte orientale dello stato di Washington e quella più settentrionale dell’Idaho, contaminando così una delle principali aree vocate alla coltivazione del frumento degli Stati Uniti.
Gli americani sono sempre stati molto bravi ad inventare avvincenti storie di spionaggio, ma questa ipotesi, per quanto molto suggestiva, si rivelò infondata. Ben presto - come racconta Line - emerse che le cause dell’epidemia erano state altre: la sostituzione delle cultivars, la comparsa di nuovi ceppi di ruggine, la gestione delle colture, il clima.
Quanto sopra illustrato si presta a riaprire il dibattito, in realtà mai sopito, relativo all’uso fatto dal vincitore di un conflitto bellico del know how scientifico sviluppato dal paese vinto.
Il fatto che i militari americani abbiano prestato attenzione alle conoscenze maturate dalla granicoltura italiana nel periodo precedente la Seconda guerra mondiale, dovute in primo luogo al lavoro del nostro Strampelli, apre anche un altro interrogativo che rimanda all’epoca dell’occupazione militare alleata del nostro Paese.
Cirillo Maliani, un altro allievo di Nazareno Strampelli, raccontava spesso di come gli Alleati, giunti a liberare l’Italia, si meravigliarono di trovare i granai pieni e la popolazione che, nonostante le tribolazioni patite, disponeva ancora di pane, mentre in altri Paesi, come la vicina Grecia, le persone morte per fame erano state svariate migliaia.
Pare che il Maliani abbia risposto alle pressanti richieste di spiegazioni avanzate dagli Alleati mostrando loro le spighe dei frumenti di Strampelli. Se poi gli Alleati - americani in primis - se ne siano ritornati a casa con qualche nostro promettente frumento “attaccato alle mani” è tutta materia di speculazione.
In un precedente articolo ho menzionato il fatto che anche la famosa “Norin 10”, la varietà di frumento giapponese a fusto corto utilizzata da Borlaug per nanizzare le sue varietà ad alta resa, fu “importata” negli USA ad opera di un emissario del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti durante il periodo di occupazione militare del Paese asiatico. Questo genere di eventi trova conferma anche in un recente libro di Emanuele Bernardi, nel quale l’autore racconta di come gli americani, dopo aver liberato l’Italia, portarono a casa campioni nostrani di erba medica, frumento, mais, avena, orzo, pomodoro e vite. Il fenomeno fu sistematico e riguardò tutti i Paesi liberati dagli Alleati: mentre gli Stati Uniti erano impegnati ad organizzare la loro presenza in Europa, l’amministrazione americana provvedeva a raccogliere materiali genetici dai quattro angoli del globo, utilizzando le strutture militari presenti nei territori occupati, o semplicemente ricevendo piante e semi da istituzioni pubbliche o private interessate agli scambi colturali per fini scientifici.
Da che mondo è mondo, anche il “grano dei vinti”, così come l’oro, è sempre andato ad arricchire i forzieri del vincitore di un conflitto bellico. Se non altro, il frumento prodotto dagli americani nel corso della “Rivoluzione verde” sfruttando il know how altrui è andato a beneficio di tutto il mondo; ma senza dire grazie a chi gettò le basi di una simile buona sorte.


Bibliografia

Bernardi E., 2014. Il mais “miracoloso” - Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione, Carocci editore, p. 26.
Defense Technical Information Center, 1966. Doc. No. AD833625, Fort Detrick, Maryland (USA) (
qui ).
Dionigi A., 1937. Sullo svernamento delle ruggini - Nota I, Rivista di Patologia Vegetale, vol. 27, nn. 9-10, pp. 275-279.
Line R.F., 2002. Stripe rust of wheat and barley in North America: a retrospective historical review, Annual Review of Phytopathology, vol. 40, pp. 75-118.
Maliani C., 1982. Opera e figura di Nazareno Strampelli - Ricordi ed attualità, in: Sartori G., Donin L. (a cura di), Atti del Convegno di studio: “Ricordo ed attualità di Nazareno Strampelli”, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, Rovigo.
Salvi S., 2015. Il Fascio sul Sole: convergenze tra “Battaglia del grano” italiana e “Piano quinquennale” giapponese alla base della “Rivoluzione verde”, Agrarian Sciences, 7 Luglio 2015 (
qui ).

 
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso enti di ricerca pubblici e privati. Dal 2007 svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su Nazareno Strampelli, rivolgendo particolare attenzione al recupero d’informazioni inerenti l’attività scientifica meno nota del genetista marchigiano e all’attualità delle innovazioni da lui introdotte in agricoltura.



4 commenti:

  1. .....ma senza dire grazie a chi gettò le basi di una simile buona sorte.

    Ecco perchè io sono convinto che Strampelli meritasse come minimo il Premio Nobel per la Pace (seppure postumo) assieme a Borlaug.

    Perchè l'Italia non si è mossa?

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  2. Caro Alberto,
    sulla questione "tecnica" del Nobel postumo riporto quanto ho trovato in un sito che sembra attendibile (http://www.openworldblog.org/come-funziona-il-nobel/):

    "Dal 1974 non si può più assegnare il Nobel ad una persona deceduta tranne nei casi in cui il vincitore sia morto dopo l'annuncio del premio. In due soli casi la Fondazione lo ha assegnato postumo: nel 1961 il Nobel per la pace a Dag Hammarskjöld, nel 1931 il Nobel per la letteratura a Erik Axel Karlfeldt. Nel 2011 il premio per la medicina è stato assegnato postumo a Ralph Steinman, morto per un tumore al pancreas poche settimane prima della cerimonia di consegna".

    Nel caso di Strampelli circola ancora la "bufala" che il Nobel non gli sia stato assegnato perchè era fascista.
    Ho ricostruito anche come la bufala è nata, ma non lo racconto perchè è uno degli argomenti clou del mio prossimo libro su Strampelli, che è in dirittura d'arrivo.
    Posso solo dire che, semplicemente, Strampelli non fu mai candidato ufficialmente al Premio da chi aveva l'autorità per farlo (i delegati appositamente investiti di tale prerogativa dalla Fondazione Nobel), ma che l'essere fascista non costituiva titolo di demerito per ricevere la nomination: basti pensare che nel 1935 ebbe due nomination al Nobel per la Pace un certo Benito Amilcare Andrea Mussolini (tra l'altro, proprio per l'impulso dato all'agricoltura nel nostro Paese)!
    Non è nemmeno vero - come invece qualcuno va ancora raccontando in giro - che le onoranze nazionali tributategli dal regime nel 1933 costituirono una sorta di premio di consolazione per il mancato Nobel (se non era stato candidato, non aveva nemmeno molto da cui essere consolato); in realtà, si trattò di una colletta organizzata dal Sindacato Nazionale Fascista dei Tecnici Agricoli per dargli un "regalo", come riconoscimento di quanto aveva fatto per la riuscita della Battaglia del grano. Da semplice colletta a "onoranze nazionali" il passo fu breve, grazie alla solita propaganda di regime.
    Da ultimo, nella stampa d'epoca non ci sono articoli che recriminano circa un mancato Nobel a Strampelli per motivi politici nell'anno 1933: il Nobel per la Fisiologia o la Medicina, categoria che avrebbe riguardato anche Strampelli in caso di assegnazione del premio, fu vinto da un certo Thomas Hunt Morgan... e scusate se è poco!
    Il nome di Strampelli è totalmente assente da tutti i database delle varie nominations della Fondazione Nobel, segno che il suo nome non è mai stato fatto ufficialmente da nessuno.

    Sergio Salvi

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  3. E vero Sergio che nel ventennio nessuno pensò di proporre il Nobel per Strampelli, ma forse all'epoca ciò che aveva fatto Strampelli non era stato ben valutato da un punto di vista scientifico, mentre lo era da un punto di vista propagandistico solo come conquista di regime e non come frutto di una ricerca innovativa (non si conosceva quanto l'opera di Strampelli aveva dato come contributo a granicolture come quella jugoslava, cinese e russa è non solo.
    Quando però si seppe che il candidato era Borlaug (1980) era ormai nota l'opera e le conseguenze delle ricerche e realizzazioni di Strampelli. Esse erano del tutto simili a quelle dell'Americano, ma con in più il grande merito di averle realizzate mezzo secolo prima.

    Mi sai spiegare (evidentemente non è una domanda rivolta a te personalmente) perchè non partì una qualche segnalazione affinchè i delegati appositamente investiti di tale prerogativa dalla Fondazione Nobel ne fossero informati? Gli ambienti del miglioramento vegetale italiano forse hanno copiato l'atteggiamento delle tre scimmiette o quello di non disturbare il manovratore? Forse l'iniziativa non avrebbe avuto seguito, visto come certe volte funziona il Nobel (vedi Dario Fo), ma almeno un po' di sciovinismo italiano poteva essere messo in atto.

    Non so se conosci l'opera di Ottavio MUnerati, non certo da Nobel, ma sicuramente meritevole di almeno altrettanta fama in patria o al limite almeno pari a quella che gli viene riconosciuta all'estero. Sto tentando di mettere assieme qualcosa, poi giudicherai. Purtroppo noi italiani abbiamo tanti difetti gravi e perseveriamo nel mantenerli, tra questi però non abbiamo quello di valorizzare oltremisura i meriti di qualche nostro compatriota anzi..... Per rimanere in campo genetico, sicuramente i francesi hanno accumulato troppi geni di sciovinismo ad effetto quantitativo, mentre noi abbiamo fatto un back cross per eliminarli........

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  4. Caro Alberto,
    la notorietà scientifica di Strampelli quando era attivo professionalmente ha del paradossale.
    Lui diventa famoso prima del fascismo, e cioè quando vince (1918) il Premio Santoro dell'Accademia Nazionale dei Lincei per aver costituito il "Carlotta Strampelli", il primo frumento tenero resistente alla ruggine e all'allettamento ottenuto per ibridazione.
    Il premio lo fa diventare una specie di "star del grano", al punto che la notizia ha una risonanza su scala planetaria, e non è una balla: ho trovato articoli pubblicati dai quotidiani di sperduti paesini degli USA che parlano di questo fatto e del nuovo frumento, molto più produttivo di quelli allora in circolazione, anche negli USA. Addirittura vengono a frotte dall'estero, a Rieti e a Roma, per visitare gli istituti di Strampelli, che fanno letteralmente scuola, soprattutto presso gli spagnoli. Ho trovato una quantità esagerata di articoli di agronomi spagnoli che pendono letteralmente dalla labbra di Strampelli per come organizzare la granicoltura del loro paese.
    Poi arriva il fascismo, e Strampelli sparisce progressivamente dietro le quinte del regime, restando molto famoso solo in Italia.
    Quando Borlaug vince il Nobel (1970), sono stati pochissimi quelli che a livello internazionale, dall’immediato dopoguerra e fino a quel giorno, hanno menzionato Strampelli. Il nome è anche conosciuto, ma nessuno ci ha mai "battuto" sopra a tappeto per esaltarne i meriti. Questo avviene solo nel periodo '80-'90, ma non grazie agli italiani, bensì agli inglesi: Tony Worland e colleghi del John Innes Centre di Norwich. Nelle sue pubblicazioni e comunicazioni ai congressi, Worland non dimentica mai di menzionare e rimarcare il ruolo di Strampelli, in anticipo su Borlaug in merito a nanismo e precocità del frumento. E' grazie a lui che Strampelli torna alla ribalta sulla scena della genetica agraria internazionale.
    E gli italiani? Pochissime menzioni, e il motivo credo me lo abbia spiegato bene la nipote, alla quale vari personaggi, da lei non meglio specificati, confessarono che nell'ambiente girava il mantra "non si deve parlare di Strampelli". I motivi sono quelli politici: Strampelli era stato fascista e andava cancellato, ed evidentemente a molti questa cosa stava bene così.
    Io penso che nessuno s'è mai preso la briga di spingere perchè Strampelli saltasse all'occhio dei delegati della Fondazione Nobel per lo stesso motivo per cui oggi è problematico mettere in piedi un Comitato Nazionale per la ricorrenza del 150esimo, che cadrà il prossimo maggio: in tanti hanno applaudito all'inizativa, c'è una Commissione tecnico-operativa che lavora per l'obiettivo del 150esimo, ma poi ci sono soggetti che, pur avendo aderito, si stanno organizzando le loro iniziative su Strampelli senza coinvolgere gli organi già costituiti (Commissione e Segreteria), senza mirare più in alto. Penso che anche all'epoca funzionò un po' così: tanti blateravano, ma senza convergere efficacemente su di un unico obiettivo.
    Munerati non l'ho mai approfondito, ma il nome mi è noto ed è "cicciato" fuori spesso nel corso delle mie ricerche, so che è stato un grande ricercatore.

    Sergio Salvi

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