di Agrarian Sciences
Val di Chiana. Foto di Simonetta Pantosti |
La Fondazione Morando Bolognini e il CRA
presentano
LE GIORNATE DEL FRUMENTO
6/8 GIUGNO 2015
Eventi dedicati alla figura di Nazareno Strampelli
padre italiano della “Green revolution”.
Strampelli fu un grande innovatore del suo tempo
e tracciò la strada del miglioramento genetico delle varietà moderne.
Nazareno Strampelli
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza
Fonte: MUSEO DELLA SCIENZA DEL GRANO "NAZARENO STRAMPELLI"
Non c'è storia del miglioramento genetico vegetale in Italia, scritta da italiani o da stranieri, che non attribuisca al Sen. Nazareno Strampelli il ruolo di massimo protagonista, superiore ad ogni altro italiano. Tutti gli hanno riconosciuto che fu capace di ottenere nella prima metà del secolo XX un eccezionale progresso della produzione cerealicola italiana.
L'imponente serie di varietà elette selezionate da Strampelli consentì allora all'Italia di raggiungere l'autosufficienza granaria, passando da una produzione media annua, nel quadriennio 1910-13, di 49 milioni di quintali (media per ettaro: 10,4 q) ai 70 milioni per anno, con una media unitaria di 14,2 q, nel quadriennio 1930-33.
Ma le varietà di Strampelli, come sottolineato da Vavilov, si diffusero anche in altri continenti, dall'Europa all'America meridionale alla Cina e sono state impiegate come materiale parentale in molti programmi di incrocio; talché ancor oggi è possibile ritrovare varietà di Strampelli nella genealogia di molti dei grani coltivati nel mondo.
Strampelli raggiunse questi traguardi grazie ad un programma, credo il maggiore per quei tempi, da lui con lungimiranza e chiarezza di idee impostato sia nelle metodologie tecnico-scientifiche che negli obiettivi produttivi ed economici, ed attuato con un progressivo ma calibrato crescendo dei coadiutori, dei mezzi, degli interventi e delle dimensioni.
Le novità apportate
I principali elementi innovativi del modello Strampelli furono: gli incroci tra varietà anche geneticamente "distanti" di frumento; l'ibridazione con specie - anche selvatiche - della famiglia delle Triticinae; l'altissimo numero (circa milleduecento) di combinazioni di incrocio e di reincrocio; la selezione di oltre ottocentomila tipi per numerosi caratteri morfologici, fisiologici ed agronomici, connessi alla produttività, all'adattamento, alla resistenza a cause avverse, alla qualità ecc.; la maglia di campi sperimentali e la, rete di stazioni fitotecniche in numerose aree agroecologiche dell'Italia peninsulare e insulare, il controllo della produzione delle sementi selezionate e la organizzazione e promozione delle strutture di moltiplicazione, certificazione e distribuzione delle sementi, ecc. E non meno determinanti sono stati il senso di squadra, l'entusiasmo, la coesione, lo spirito di servizio che il suo esempio - severo ma benevolo - infondeva nei suoi collaboratori, come da alcuni di questi testimoniato.
Era perciò doveroso per gli italiani epigoni di Strampelli far constatare alla comunità internazionale dei genetisti agrari non soltanto il lavoro ed i risultati di Strampelli, ma anche le indiscutibili somiglianze, p.e. anche nel ricorso a grani giapponesi senza pregi qualiquantitativi, tra i programmi di Strampelli e le strategie di quella straordinaria manovra, detta "rivoluzione verde", da N.E. Borlaugh negli anni Cinquanta e Sessanta perseguita tenacemente, nella Rockefeller Foundation e poi nel Cimmyt, per il miglioramento genetico del frumento tenero e di altri cereali.
Non so se Borlaugh, patologo vegetale di formazione, conoscesse l'opera di Strampelli.
Certo è che sebbene a distanza di decenni (periodi che nel susseguirsi delle scoperte e delle applicazioni della genetica nel breve corso di solo un secolo costituiscono vere fasi epocali) ambedue hanno saputo concepire progetti maestosi, pilotandoli con volontà, carattere e carisma. E tutti e due hanno sostanzialmente raggiunto lo scopo, seppur operando in differenti condizioni d'ambiente sociale, culturale, economico; con problemi più circoscritti a livello nazionale nel caso di Strampelli ed invece in dimensioni ormai internazionali per Borlaugh. Infatti. Strampelli ha dato il maggior contributo all’autosufficienza di una derrata "il grano" fondamentale per un popolo mediterraneo; mentre Borlaugh ha dimostrato la possibilità di rompere il nodo perverso della fame di tante popolazioni di regioni economicamente arretrate, conseguendo reali incrementi delle produzioni di cereali, essenziali per l'alimentazione umana.
La figura storica
A un secolo di distanza dall'avvio di un rilevante processo di trasferimento dei risultati della ricerca e della sperimentazione alle imprese del sistema agroalimentare (aziende agricole, società sementiere, industrie alimentari) anche con colossali ricadute sul piano economico e sociale, sarebbe istruttivo, con riferimento all'odierna realtà del nostro Paese, esaminare questo caso esemplare di rapporto tra il binomio scienza-tecnologia e le politiche della scienza e dell'innovazione.
Non è certo questo il luogo di una simile indagine molto complessa per diversi aspetti tra i quali: l’indispensabilità della conoscenza scientifica e dell’innovazione tecnologica per il progresso produttivo ed economico, l’imprescindibilità della formazione e della qualificazione di ricercatori e tecnici, le difficoltà della scelta delle priorità, l'istituzione ed il mantenimento di centri e parchi scientifici, la collaborazione pubblico-privato, l'entità e continuità dei finanziamenti e la valutazione dei risultati, la necessità di un'informazione corretta e non frammentaria e caotica, il rapporto della scienza con l'opinione pubblica e con il consumatore, la sicurezza d'uso delle innovazioni, la congiunzione tra scienza e società, i rischi di sfruttamento delle innovazioni e della strumentalizzazione da parte di assetti industriali e di soggetti politici, ecc.
In questa sede però, ritengo almeno di dover rilevare 1' improprietà della qualificazione del lavoro di Strampelli come frutto dovuto a scelte della politica allora dominante, come può apparire dalla definizione "battaglia del grano", consona allo stile dell'epoca e che fu lanciata nel 1925.
In realtà, il lavoro di Strampelli si avvia, si sviluppa ed ottiene risulta-ti fondamentali nei primi venti, venticinque anni del secolo. Queste sono infatti le tappe: 1900: i primi incroci "Noè x Ríeti" eseguiti da Strampelli all'Università di Camerino; 1902: Cattedra sperimentale di granicoltura (del Ministero Agri-coltura) a Rieti; 1907: trasformazione, per legge del Parlamento, in Regia Stazione sperimentale di Granicoltura; 1914: rilascio della prima varietà "Carlotta Strampelli"; 1919: fondazione (legge 9.6.1919) dell'Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura; 1923: "Mostra dell'Agricoltura, dell'Industria e dell'Arte applicata" a Roma, in cui Strampelli presenta 35 nuove varietà di frumento tenero e alcune di duro. La successiva emissione a getto continuo di nuove varietà, anche se talvolta denomina-te secondo le tendenze di quel periodo (nel 1939 il Registro nazionale delle varietà elette elencava 50 varietà di frumento, 32 delle quali di Strampelli), è la conseguenza dei piani precedentemente approntati con lungimiranza nell'interesse del Paese e del popolo italiano.
Un'ultima considerazione. Sarebbe miope giudicare Strampelli unicamente come promotore di attività di livello tecnico e organizzativo, anche se ottime e tanto positive nei risultati, ma ormai soltanto di valore documentario per la storia della genetica e della agricoltura italiana della prima metà del Novecento.
L’eredità
Di Strampelli va ricordata e considerata con rispetto la decisione di rinunciare ad una produzione scientifica, nonostante la priorità di quei suoi studi di genetica vegetale brillantemente condotti quasi contemporaneamente alla riscoperta delle leggi di Mendel. La preparazione di note e memorie, come Egli ha scritto nel 1932 nel volume "Origini, sviluppi, lavori e risultati" in cui riassume l'attività personale e delle istituzioni da lui fondate e dirette, gli avrebbe sottratto tempo e impegno poiché intendeva suo "compito prevalente e preciso (...) di perseguire e raggiungere finalità e risultati pratici della più immediata utilità per il mio Paese", tanto che nel 1932 con giusto orgoglio definì, i suoi grani "le mie pubblicazioni. quelle a cui tengo veramente".
Eppure, nei programmi di lavoro e di promozione svolti da Strampelli, ci sono le condizioni di base, teoriche e pratiche, per linee di studio, di ricerca e di sperimentazione sviluppatesi anche nella seconda metà del secolo.
Infatti le sue iniziative possono essere considerate la premessa a filoni di studio, nella seconda metà del secolo, quali: l'esigenza del più ampio ricorso alla variabilità genetica e quindi della sua raccolta, conservazione e salvaguardia per il miglioramento delle piante agrarie; la necessità anche di studi di genetica quantitativa, cui vi è cenno, ipotizzando anche l' azione di geni polimeri in una nota pubblicata dall'Accademia dei Lincei nel 1907; gli studi di biologia fiorale e delle strutture riproduttive per la precisione ed il successo degli incroci; i rapporti di collaborazione scientifica internazionale che, nonostante l'impostazione autarchica del tempo, Strampelli mantenne con Paesi europei, mediterranei e sud-americani; le indagini ed i controlli delle qualità tecnologiche e nutrizionali; la valutazione rigorosa e plurilocalizzata delle caratteristiche agronomiche e merceologiche del materiale in selezione; la solerte premura nel collegamento tra ricerca e industria sementiera; l'azione autorevole energica e tenace di suscitatore e organizzatore di centri di ricerca.
Agli albori del XXI secolo, tempo che sarà contrassegnato da grandi apporti della biologia, e perciò anche della biologia vegetale e della genetica applicata alle piante agrarie e delle conseguenti innovazioni biotecnologiche, è stato giusto e opportuno richiamarsi all'esempio di Strampelli qui a Rieti. Ricordando altre due manifestazioni reatine nel nome di Strampelli: la prima conferenza inter-nazionale di genetica vegetale, la prima per l'Italia del dopoguerra, organizzata da Carlo Jucci (1950); e la rifondazione, per opera di Francesco D'Amato, della Società di Genetica Agraria, avvenuta nel 1963 a Rieti, dove è germinato il primo seme della genetica agraria italiana.
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