di Luigi Mariani
Una testimonianza da
una Tunisia che non si arrende all'instabilità ed alla quale
dobbiamo oggi essere più che mai vicini.
Martedì 10 marzo ero al
Museo del Bardo per partecipare al colloquio internazionale "Sulle tracce di Magone - un nuovo itinerario culturale nel mediterraneo, fra Sicilia e Tunisia", organizzato dall'Associazione dei produttori viticoli tunisini e dall'Associazione Strade del vino siciliane.
Un convegno
interessantissimo e dedicato ad uno dei più illustri agronomi
dell'antichità, quel Magone che alla distruzione di Cartagine vide
il suo trattato agronomico in 27 volumi portato a Roma e tradotto da
un illustre cittadino romano, Decimo Silano. Un trattato che è
andato perso ma di cui ci sono giunte testimonianze entusiastiche
attraverso gli scritti del massimo agronomo romano Lucio Moderato Columella, dei georgici bizantini e del grande agronomo andaluso Ibn al-Awwam.
Il colloquio, organizzato dal nostro dottor F. Aurelio Coppola e coordinato dal presidente dei produttori viticoli tunisini Mohamed Ben Cheikh, si è svolto, secondo il programma presente nella locandina, nella cornice d'eccezione costituita dalla più grande raccolta mondiale di mosaici di epoca romana, incastonati in un museo che è un vanto dell'intero areale mediterraneo e che mi è parso gestito con grande professionalità.
Oltre ad esprimere il cordoglio per le vittime (tunisine, italiane e di tanti altri paesi) voglio portare testimonianza di alcune delle impressioni che ho maturato nel corso della visita in Tunisia, ove sono giunto in compagnia del professor Gaetano Forni e della figlia Giulia il giorno 9 per ripartire l'11 marzo.
L'impressione più superficiale si lega al centro storico di Tunisi ed alla sensibile presenza di miliari ed al tanto filo spinato messo per proteggere gli obiettivi sensibili, segno questo di un paese preparato a resistere. Ho anche camminato per le strade del centro città nelle prime ore del mattino (un momento chiave per cogliere lo spirito di una metropoli) ed ho colto il fervore della gente che come ogni mattina si reca al lavoro. Ho anche avuto modo di percorrere in taxi le periferie, squallide come tante delle periferie del medio oriente e popolate da una popolazione povera e forse senza speranza, una popolazione che forse costituisce l'humus per l'integralismo islamico.
Venendo poi al convegno ho colto anzitutto l'interesse dei produttori viticoli tunisini a mantenere attivi contatti con l'Europa, che sentono come partner d'elezione per lo smercio dei loro prodotti.
Ho anche osservato l'estrema educazione e cortesia con cui siamo stati accolti, a testimonianza di legami che risalgono a millenni orsono e che sono mantenuti vivissimi da una comunità italiana ivi presente da secoli.
Ho anche avuto modo di osservare un Paese che per la gravissima situazione economica in cui versa ha un disperato bisogno di valuta pregiata che solo il turismo può portargli, un turismo che il terrorismo mette oggi a durissima prova.
Un paese laico che ritiene il vino come uno degli elementi chiave della sua tradizione e che ritiene che la produzione ed il consumo moderato di bevande alcoliche non sia incompatibile con i precetti dell'Islam.
Un paese, la Tunisia, che detiene un patrimonio storico-culturale e naturalistico unico e che è vittima di un'instabilità internazionale cui come italiani non possiamo in alcun modo dichiararci estranei. Proprio per queste ragioni penso che come italiani dobbiamo in ogni misura cercare di rifuggire all'isolazionismo, cercando invece di aiutare questo paese a mantenersi nell'orbita della democrazia e dello sviluppo.
Il colloquio, organizzato dal nostro dottor F. Aurelio Coppola e coordinato dal presidente dei produttori viticoli tunisini Mohamed Ben Cheikh, si è svolto, secondo il programma presente nella locandina, nella cornice d'eccezione costituita dalla più grande raccolta mondiale di mosaici di epoca romana, incastonati in un museo che è un vanto dell'intero areale mediterraneo e che mi è parso gestito con grande professionalità.
Oltre ad esprimere il cordoglio per le vittime (tunisine, italiane e di tanti altri paesi) voglio portare testimonianza di alcune delle impressioni che ho maturato nel corso della visita in Tunisia, ove sono giunto in compagnia del professor Gaetano Forni e della figlia Giulia il giorno 9 per ripartire l'11 marzo.
L'impressione più superficiale si lega al centro storico di Tunisi ed alla sensibile presenza di miliari ed al tanto filo spinato messo per proteggere gli obiettivi sensibili, segno questo di un paese preparato a resistere. Ho anche camminato per le strade del centro città nelle prime ore del mattino (un momento chiave per cogliere lo spirito di una metropoli) ed ho colto il fervore della gente che come ogni mattina si reca al lavoro. Ho anche avuto modo di percorrere in taxi le periferie, squallide come tante delle periferie del medio oriente e popolate da una popolazione povera e forse senza speranza, una popolazione che forse costituisce l'humus per l'integralismo islamico.
Venendo poi al convegno ho colto anzitutto l'interesse dei produttori viticoli tunisini a mantenere attivi contatti con l'Europa, che sentono come partner d'elezione per lo smercio dei loro prodotti.
Ho anche osservato l'estrema educazione e cortesia con cui siamo stati accolti, a testimonianza di legami che risalgono a millenni orsono e che sono mantenuti vivissimi da una comunità italiana ivi presente da secoli.
Ho anche avuto modo di osservare un Paese che per la gravissima situazione economica in cui versa ha un disperato bisogno di valuta pregiata che solo il turismo può portargli, un turismo che il terrorismo mette oggi a durissima prova.
Un paese laico che ritiene il vino come uno degli elementi chiave della sua tradizione e che ritiene che la produzione ed il consumo moderato di bevande alcoliche non sia incompatibile con i precetti dell'Islam.
Un paese, la Tunisia, che detiene un patrimonio storico-culturale e naturalistico unico e che è vittima di un'instabilità internazionale cui come italiani non possiamo in alcun modo dichiararci estranei. Proprio per queste ragioni penso che come italiani dobbiamo in ogni misura cercare di rifuggire all'isolazionismo, cercando invece di aiutare questo paese a mantenersi nell'orbita della democrazia e dello sviluppo.
Il Mediterraneo è un
unicum del punto di vista culturale ed umano, non lasciamo che i
venti di guerra lo trasformino in una polveriera. Per questo come
italiani ed europei dobbiamo a mio avviso rinsaldare la
collaborazione con questo paese, di cui già oggi siamo il secondo
partner commerciale. Non ripetiamo l'errore compiuto durante la crisi
libica, figlio di analoghi errori compiuti in Somalia, Egitto e
Siria!
Oggi dobbiamo essere più
che mai vicini alla Tunisia!
Luigi Mariani
Già docente di Agronomia e Agrometeorologia all'Università degli Studi di Milano, è attualmente condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.
Già docente di Agronomia e Agrometeorologia all'Università degli Studi di Milano, è attualmente condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.
Sottoscrivo il tuo accorato appello: non lasciamo che forze estranee e barbare ci facciano percepire il ricco e colto universo islamico come nostro nemico.
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