Antonella Furini
Secondo le stime più attuali la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi nel 2050 e sarà necessario aumentare le produzioni agricole per fornire il cibo necessario a tutti gli abitanti del pianeta. Alcuni ricercatori hanno espresso perplessità circa la possibilità di soddisfare la domanda globale di cibo, altri, invece, hanno previsto che l’avanzamento scientifico-tecnologico e/o l’espansione delle terre coltivate porteranno incrementi produttivi sufficienti a soddisfare la domanda globale.
Nel secolo scorso, grazie ad uno sforzo di ricerca internazionale che ha dato origine alla Rivoluzione Verde, i programmi di miglioramento genetico hanno permesso di aumentare le rese dei cereali migliorando soprattutto l’indice di raccolta (peso secco dei semi/peso secco di tutta la parte epigea della pianta). L’adozione a livello mondiale delle varietà migliorate ha consentito di raddoppiare la produzione di cereali e di aumentare la sicurezza alimentare (food security). Il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare (www.fao.org/wsfs/world-summit/en/) del 2009 ha però sottolineato la necessità di incrementare la produzione di cibo nei prossimi anni per soddisfare le necessità della popolazione mondiale in aumento. Un’analisi condotta recentemente sulla produttività dei principali cereali (frumento, riso e mais) indica tuttavia il raggiungimento di un “yield plateau” o addirittura una decelerazione del tasso di crescita della produttività (Grassini et al., 2013). Inoltre, i cambiamenti climatici avranno un impatto negativo sulle produzioni agricole, soprattutto per i sempre più frequenti periodi di siccità che colpiscono molte parti del mondo (Lobel et al., 2008).
Il deficit idrico rappresenta uno dei più importanti fattori limitanti la crescita delle piante e la produttività delle specie coltivate (Yoo et al., 2009). La ricerca scientifica, in particolare il sequenziamento dei genomi e le tecniche molecolari, offrono l’opportunità di ingegnerizzare le piante coltivate e renderle più tolleranti a periodi prolungati di siccità e a stress idrici in generale. È possibile, infatti, modificare l’espressione di una proteina di regolazione o indurre l’espressione di proteine che proteggono le membrane cellulari durante il periodo di stress idrico, o ancora produrre dei cambiamenti nel livello di alcuni ormoni che influiscono sulla capacità della pianta di superare lo stress. Pertanto, un approccio biotecnologico che preveda la caratterizzazione della funzione genica e dello studio di espressione del gene in specie modello può costituire il primo passo per l’introgressione del gene di interesse nella specie coltivata al fine di ottenere una varietà tollerante allo stress idrico pronta per la commercializzazione.
Un approccio di genomica funzionale nella specie modello Arabidopsis thaliana ha permesso di identificare un fattore di trascrizione della famiglia nuclear factor Y (NF-Y) in grado di conferire tolleranza alle condizioni di stress idrico (Riechmann et al., 2000). Lo stesso fattore sovraespresso in mais coordina la risposta della pianta allo stress idrico indicando una nuova strategia molecolare per aumentare la tolleranza alla siccità in mais (Nelson et al., 2007).
Altri esperimenti sono stati condotti producendo piante transgeniche con un più alto contenuto in osmoliti. Per esempio è stato osservato che piante di frumento transgeniche per il mannitolo-1-fosfato deidrogenasi erano in grado di convertire il gene mannitolo-1-fosfato in mannitolo e manifestavamo maggiore tolleranza allo stress idrico e salino (Abebe et al., 2003). Infine, l’approccio biotecnologico è da alcuni anni impiegato anche nel tentativo di trasferire le caratteristiche delle piante C4 alle piante C3. Infatti, le piante C4 sono più efficienti nell’utilizzo dell’acqua e dei nutrienti e perciò capaci di crescere in habitat estremi per le C3. Le C4 però presentano caratteristiche morfologiche assenti nelle C3: pertanto sono necessarie ulteriori analisi molecolari per aumentare l’efficienza fotosintetica delle C3. Negli ultimi decenni il sequenziamento dei genomi e le tecniche molecolari hanno permesso di raggiungere dei progressi significativi sulla caratterizzazione della funzione genica, sulle interazioni geniche e dei meccanismi molecolari di trasduzione del segnale in condizioni di stress. Molti esperimenti sono stati condotti in serra o camere di crescita e necessitano ulteriori analisi di campo. Tuttavia le conoscenze acquisite faciliteranno ulteriormente la creazione di piante transgeniche ad elevato potenziale produttivo sia in condizioni idriche ottimali che sub-ottimali.
Nel secolo scorso, grazie ad uno sforzo di ricerca internazionale che ha dato origine alla Rivoluzione Verde, i programmi di miglioramento genetico hanno permesso di aumentare le rese dei cereali migliorando soprattutto l’indice di raccolta (peso secco dei semi/peso secco di tutta la parte epigea della pianta). L’adozione a livello mondiale delle varietà migliorate ha consentito di raddoppiare la produzione di cereali e di aumentare la sicurezza alimentare (food security). Il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare (www.fao.org/wsfs/world-summit/en/) del 2009 ha però sottolineato la necessità di incrementare la produzione di cibo nei prossimi anni per soddisfare le necessità della popolazione mondiale in aumento. Un’analisi condotta recentemente sulla produttività dei principali cereali (frumento, riso e mais) indica tuttavia il raggiungimento di un “yield plateau” o addirittura una decelerazione del tasso di crescita della produttività (Grassini et al., 2013). Inoltre, i cambiamenti climatici avranno un impatto negativo sulle produzioni agricole, soprattutto per i sempre più frequenti periodi di siccità che colpiscono molte parti del mondo (Lobel et al., 2008).
Il deficit idrico rappresenta uno dei più importanti fattori limitanti la crescita delle piante e la produttività delle specie coltivate (Yoo et al., 2009). La ricerca scientifica, in particolare il sequenziamento dei genomi e le tecniche molecolari, offrono l’opportunità di ingegnerizzare le piante coltivate e renderle più tolleranti a periodi prolungati di siccità e a stress idrici in generale. È possibile, infatti, modificare l’espressione di una proteina di regolazione o indurre l’espressione di proteine che proteggono le membrane cellulari durante il periodo di stress idrico, o ancora produrre dei cambiamenti nel livello di alcuni ormoni che influiscono sulla capacità della pianta di superare lo stress. Pertanto, un approccio biotecnologico che preveda la caratterizzazione della funzione genica e dello studio di espressione del gene in specie modello può costituire il primo passo per l’introgressione del gene di interesse nella specie coltivata al fine di ottenere una varietà tollerante allo stress idrico pronta per la commercializzazione.
Un approccio di genomica funzionale nella specie modello Arabidopsis thaliana ha permesso di identificare un fattore di trascrizione della famiglia nuclear factor Y (NF-Y) in grado di conferire tolleranza alle condizioni di stress idrico (Riechmann et al., 2000). Lo stesso fattore sovraespresso in mais coordina la risposta della pianta allo stress idrico indicando una nuova strategia molecolare per aumentare la tolleranza alla siccità in mais (Nelson et al., 2007).
Fig. 1 Piante di mais
in serra (a sinistra) e in pieno campo (a destra) tolleranti allo stress
idrico. (Nelson et al., 2007)
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La sovraespressione di un altro fattore di trascrizione appartenente alla famiglia NAC in riso ha dimostrato che è possibile indurre la resistenza sia alla siccità che allo stress salino. Rispetto alle piante wild-type le piante transgeniche mostravano una maggior responsività all’acido abscissico e perdite di acqua più ridotte a causa di una più rapida chiusura stomatica (Hu et al., 2006). Inoltre, nelle stesse piante transgeniche è stata osservata l’induzione di molti geni che rispondono allo stress idrico e salino: ciò conferma l’utilità di questo approccio per migliorare sia la resistenza alla siccità che all’eccesso di sali.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Davis in California, ha ipotizzato di poter aumentare la tolleranza alla siccità ritardando la senescenza indotta dallo stress idrico. Infatti, posticipare questo tipo di senescenza renderebbe le piante più resistenti al secco con una riduzione delle perdite di produzione. Hanno inoltre dimostrato che è possibile ritardare la senescenza fogliare inducendo un aumento della produzione di citochinina, un ormone chiave della crescita e sviluppo della pianta. Piante di tabacco ingegnerizzate per produrre citochinina sotto il controllo di un promotore indotto dalla senescenza manifestavano una maggior capacità fotosintetica ed una aumentata tolleranza alla siccità (Rivero et al., 2007). Si è quindi successivamente provato ad esprimere lo stesso gene controllato dallo stesso promotore, già testato in tabacco, in piante di riso. I risultati ottenuti dimostrano che la sovraespressione di un gene che porta alla sintesi di citochinina influisce sulla sintesi di altri ormoni contribuendo ad aumentare la tolleranza alla siccità. Poiché lo stress idrico nella fase riproduttiva (fioritura e sviluppo della cariosside) è uno dei principali problemi per le coltivazioni senza intervento irriguo, i test di carenza idrica sono stati condotti durante la fioritura e successiva fase di riempimento del seme. Sia in condizioni di pre-antesi che post-antesi le piante transgeniche manifestavano in ritardo i sintomi della senescenza (arrotolamento fogliare e ridotta attività fotosintetica) rispetto al wild-type (Fig. 2). Tutto ciò contribuiva in maniera significativa ad una maggiore produzione di biomassa e granella. In particolare la maggior attività fotosintetica delle piante transgeniche rispetto alle piante wild-type conferiva un vantaggio in condizioni d stress idrico tale da giustificare una maggiore produzione (Peleg et al., 2011). Pertanto questo approccio biotecnologico basato sulla posticipazione della senescenza indotta dallo stress idrico potrebbe essere utilizzato per migliorare la tolleranza alla siccità soprattutto durante lo stadio riproduttivo.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Davis in California, ha ipotizzato di poter aumentare la tolleranza alla siccità ritardando la senescenza indotta dallo stress idrico. Infatti, posticipare questo tipo di senescenza renderebbe le piante più resistenti al secco con una riduzione delle perdite di produzione. Hanno inoltre dimostrato che è possibile ritardare la senescenza fogliare inducendo un aumento della produzione di citochinina, un ormone chiave della crescita e sviluppo della pianta. Piante di tabacco ingegnerizzate per produrre citochinina sotto il controllo di un promotore indotto dalla senescenza manifestavano una maggior capacità fotosintetica ed una aumentata tolleranza alla siccità (Rivero et al., 2007). Si è quindi successivamente provato ad esprimere lo stesso gene controllato dallo stesso promotore, già testato in tabacco, in piante di riso. I risultati ottenuti dimostrano che la sovraespressione di un gene che porta alla sintesi di citochinina influisce sulla sintesi di altri ormoni contribuendo ad aumentare la tolleranza alla siccità. Poiché lo stress idrico nella fase riproduttiva (fioritura e sviluppo della cariosside) è uno dei principali problemi per le coltivazioni senza intervento irriguo, i test di carenza idrica sono stati condotti durante la fioritura e successiva fase di riempimento del seme. Sia in condizioni di pre-antesi che post-antesi le piante transgeniche manifestavano in ritardo i sintomi della senescenza (arrotolamento fogliare e ridotta attività fotosintetica) rispetto al wild-type (Fig. 2). Tutto ciò contribuiva in maniera significativa ad una maggiore produzione di biomassa e granella. In particolare la maggior attività fotosintetica delle piante transgeniche rispetto alle piante wild-type conferiva un vantaggio in condizioni d stress idrico tale da giustificare una maggiore produzione (Peleg et al., 2011). Pertanto questo approccio biotecnologico basato sulla posticipazione della senescenza indotta dallo stress idrico potrebbe essere utilizzato per migliorare la tolleranza alla siccità soprattutto durante lo stadio riproduttivo.
Altri esperimenti sono stati condotti producendo piante transgeniche con un più alto contenuto in osmoliti. Per esempio è stato osservato che piante di frumento transgeniche per il mannitolo-1-fosfato deidrogenasi erano in grado di convertire il gene mannitolo-1-fosfato in mannitolo e manifestavamo maggiore tolleranza allo stress idrico e salino (Abebe et al., 2003). Infine, l’approccio biotecnologico è da alcuni anni impiegato anche nel tentativo di trasferire le caratteristiche delle piante C4 alle piante C3. Infatti, le piante C4 sono più efficienti nell’utilizzo dell’acqua e dei nutrienti e perciò capaci di crescere in habitat estremi per le C3. Le C4 però presentano caratteristiche morfologiche assenti nelle C3: pertanto sono necessarie ulteriori analisi molecolari per aumentare l’efficienza fotosintetica delle C3. Negli ultimi decenni il sequenziamento dei genomi e le tecniche molecolari hanno permesso di raggiungere dei progressi significativi sulla caratterizzazione della funzione genica, sulle interazioni geniche e dei meccanismi molecolari di trasduzione del segnale in condizioni di stress. Molti esperimenti sono stati condotti in serra o camere di crescita e necessitano ulteriori analisi di campo. Tuttavia le conoscenze acquisite faciliteranno ulteriormente la creazione di piante transgeniche ad elevato potenziale produttivo sia in condizioni idriche ottimali che sub-ottimali.
L’articolo è tratto dalla relazione svolta il 10 novembre 2014 nel convegno “Cibo – Ambiente - Energia: Le Grandi Crisi del Secolo-Il Contributo della Nuova Agricoltura”, organizzato dalla Accademia di Scienze,
Lettere e Arti di Modena.
Bibliografia
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Mannitol-Accumulating Transgenic Wheat to Water Stress and Salinity. Plant Physiol.
131: 1748–1755.
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adaptation needs for food security in 2030. Science 319: 607-610.
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Yoo CY, Pence HE, Hasegawa
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use. Critical Reviews in Plant Sciences 28:410-431.
Antonella Furini Professore
Associato di Genetica Agraria, Dipartimento di Biotecnologie, Università di
Verona. Esperta dei meccanismi genetici
responsabili della tolleranza dei vegetali allo stress idrico e i l’assorbimento
e accumulo di metalli pesanti in alcune specie vegetali. E’ coautrice di circa
100 lavori scientifici su riviste internazionali.
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