di Francesco Salamini
Nei paesi del sud del
pianeta ancora si discute di sviluppo rurale mentre nelle società sviluppate le
dinamiche sociali dei comprensori agricoli considerano prioritariamente
l’equilibrio tra intensificazione
agricola e rispetto per l’ambiente. Questo perché la necessità di una
sufficiente produzione di cibo si scontra con la constatazione che
l’agricoltura ha effetti evidenti: quanto più terra è arata e tanto meno è
disponibile per gli ecosistemi naturali. Il problema si aggrava se si considera
che l’agricoltura deve farsi carico dei bisogni alimentari delle popolazioni
umane in aumento, ma anche dei cambiamenti nelle diete che ancora tendono a un
maggior uso di proteine e calorie animali e della produzioni di bioenergia.
Quando la discussione affronta temi come biodiversità e ambiente, fa riferimento a: i) una agricoltura wildlife-friendly e ii) ad evitare la messa in coltura di nuove terre, privilegiando l’intensificazione colturale. L’approccio wildlife-friendly è soggetto a perdite di produzione privilegiando la biodiversità nei terreni agrari. La seconda proposta è relativa a un’agricoltura sempre più intensiva che massimizza le rese dei 1,5 miliardi di ettari di terre coltivate, riducendo la necessità di arare nuovi suoli. Secondo i dati Fao, infatti, per produrre la stessa quantità globale di derrate alimentari, evitando il ricorso alla chimica, sarebbero necessari 4 miliardi di ettari di terreno agrario (5,9 miliardi nel 2025 se coltivati con metodi e protocolli di agricoltura non intensiva).
La sfida
Se le stime riferite
al 2050 delle popolazioni mondiali sono corrette sarebbe necessario aumentare
le produzioni agricole del 70-100%.
Questo disponendo di meno acqua d’irrigazione, meno energia e meno terra arata producendo
il cibo necessario e riducendo i danni ambientali. Infatti, gli effetti dell’agricoltura
intensiva del passato sono evidenti: perdita di suoli, uso sempre maggiore
dell’irrigazione, deforestazione, acidificazione degli oceani e riduzione delle
riserve di pesci, contaminazione ambientale di natura chimica, perdita di
biodiversità, emissioni di gas serra. La sfida è difficile da sostenere perché implica una radicale modifica dei sistemi
agricoli oggi in atto.
Due fattori di disturbo
generano preoccupazioni:
- nel mondo dal 2002 è in atto una ripresa della colonizzazione di
terre vergini ora arate nella quantità di 10 milioni di ettari per anno. Queste
terre sono più marginali di quelle già in uso ed ospitano particolari tipi di biodiversità;
- gli aumenti della produzione per unità di terreno sono decrescenti
nel tempo. Gli aumenti segnalati per mais, riso, grano e soia sono appena
superiori all’1% per anno, quando il 2.4% sarebbe necessario. Si sarebbe cioè
raggiunto un “upper yield plateau” a
causa di saturazione biofisica della capacità delle piante di produrre, dei
cambiamenti climatici, del degrado dei suoli, di politiche di contenimento del
mezzo chimico e dei bassi investimenti in ricerca.
La coscienza che qualcosa
deve essere fatto non solo per sviluppare in questo secolo nuovi sistemi
agricoli più adatti, ma anche per eliminare i dubbi sulla nostra capacità di
farlo, considerando anche che l’allevamento animale necessita del 70% di tutte
le terre agricole e
* La bibliografia relativa al contenuto della nota è presente nel testo della Conferenza presentata all’Adunanza Solenne di chiusura dell’Anno Accademico dell’Accademia Nazionale dei Lincei, 26 giugno 2014, Palazzo Corsini – Roma; in corso di publicazione sugli Atti dell'Accademia.
che, perciò, per raggiungere la sostenibilità dell’agricoltura e dei
consumi è necessario riconsiderare le diete umane ed eventualmente modificarle.
Soluzioni: il ruolo della scienza
Secondo lo storico
dell’agricoltura Antonio Saltini le
Scienze agrarie hanno avuto due
ispirazioni diverse, quasi due anime: quella empirica e quella teorica. La
prima protesa a ricalcare dall’esperienza pratica le regole per la conduzione
delle colture e degli allevamenti, la seconda volta a dedurre da leggi definite
i principi della scienza della coltivazione. L’approccio empirico ha finora dominato
la pratica agricola e vanta grandi successi: esempi sono la rivoluzione verde e
lo sviluppo ancora in atto della fitoiatria. I contributi dell’approccio
meccanicistico sono, tra altri,i vaccini in medicina umana e veterinaria; le
terapie di reidratazione; l’integrated
post management; lo sviluppo di varietà di piante e di razze animali
superiori; i sistemi di purificazione delle acque; la telefonia mobile nella
vita rurale; il controllo biologico degli insetti.
Le agrotecniche
I nuovi sistemi
agrari dovrebbero essere ridiscussi alla luce della conoscenza disponibile per
valutare con misure molecolari la biodiversità nei terreni agrari. Specialmente
va considerato che la cura dei campi va integrata con la nozione che la pianta
va resa interprete dell’ambiente al quale si deve adattare, riducendo così il
bisogno di cure colturali. Il Consiglio Nazionale delle ricerche degli Stati
Uniti sostiene che, se i sistemi agrari devono essere modificati, la ricerca
deve esplorare tutte le loro proprietà alla luce delle dimensioni multiple
della sostenibilità. Propone un approccio incrementale e un secondo definito
trasformativo. I contenuti del primo approccio riguardano
la diversificazione aziendale, le piante
tappezzanti, le rotazioni, l’intercropping,
i sistemi a ridotta aratura, la gestione dei reflui, i concimi organici e il letame,
le composte e il sovescio, l’efficienza d’uso dell’acqua, il riuso delle acque,
il management dei fertilizzanti, l’agricoltura di precisione, la lotta
integrata agli insetti e il loro controllo biologico, nonché i mercati di nicchia
e i costi dei nuovi sistemi,
le politiche agricole ed i programmi
sociali.
L’approccio trasformativo prevede
l’integrazione tra aree disciplinari diverse e richiede l’intervento di
politiche appropriate relative anche al mercato. Considera sinergie,
efficienze, capacità di ripresa degli ecosistemi disturbati, le interazioni
viste a livello biofisico, sociale, economico e politico, i sistemi organici a
basso input, il pascolamento a rotazione, le nuove produzioni come il biofuel da cellulosa, la riduzione dei reflui
dei campi, la gestione cooperativa delle acque e dei comprensori, l’esplorazione
della complessità degli agro ecosistemi sviluppando rotazioni complesse, l’integrazione
tra produzione animale e vegetale, e la flessibilità nel controllo di
infestanti, insetti e malattie. Raccomanda di considerare, oltre
all’agricoltura di precisione e ad altre forme di agricolture integrate, anche
principi e pratiche dell’agricoltura biologica, specialmente nei suoi tentativi
di capire e usare i processi biologici che riciclano la fertilità, migliorano
il suolo, hanno riguardo per la componente viva attiva del sistema colturale e
che conservano la biodiversità.
Il terreno agrario
E’ il principale fattore che determina la produttività dei campi. Ospita batteri, funghi, alghe, protozoi, nematodi ed anellidi. Questi organismi provvedono alla trasformazione del 97% della materia ed energia presenti nel sistema. La ricchezza di specie presenti (1,5 milioni quelle dei funghi) fa’ del suolo la riserva principale di biodiversità microbica da proteggere, se nel futuro dovrà rappresentare la fonte di nuove molecole terapeutiche.
E’ il principale fattore che determina la produttività dei campi. Ospita batteri, funghi, alghe, protozoi, nematodi ed anellidi. Questi organismi provvedono alla trasformazione del 97% della materia ed energia presenti nel sistema. La ricchezza di specie presenti (1,5 milioni quelle dei funghi) fa’ del suolo la riserva principale di biodiversità microbica da proteggere, se nel futuro dovrà rappresentare la fonte di nuove molecole terapeutiche.
Una agrotecnica da adottare su
larga scala nel futuro è nota come zero
tillage e si basa sull’abbandono dell’aratura come pratica agricola. In
condizioni di zero tillage il
rilascio dal terreno di anidride carbonica e di ossido di azoto e le perdite di
suolo agrario sono decisamente ridotte. La tecnica, ovviamente, porta a un
risparmio attorno al 50% del carburante agricolo.
Lotta agli insetti
La difesa della
colture dall’attacco degli insetti rappresenta un importante fattore a sostegno
dell’aumento delle produzioni agrarie. La lotta agli insetti viene
prevalentemente condotta ricorrendo ai pesticidi, molecole che possono essere
dannose anche per l’uomo. Per questo la lotta integrata cerca di minimizzare i
danni e rendere razionale il ricorso ai pesticidi. L’approccio prevede la
diagnosi del problema, il monitoraggio delle epidemie, l’ottimizzazione temporale
degli interventi e la definizione delle dosi, la selezione di molecole con un
impatto ambientale minimo, il trasferimento di quantità massime di molecole al target minimizzando la contaminazione
ambientale e dell’operatore, tendendo ad ottenere prodotti agrari con il minimo
di residui.
Negli ultimi decenni
lo sviluppo di insetticidi meno pericolosi per l’uomo e per l’ambiente si è
avvalso di conoscenze avanzate di chimica, fisiologia, biochimica, struttura
molecolare e funzione proteica, genetica e genomica. E’, tuttavia, evidente che
la lotta agli insetti deve necessariamente esplorare altri approcci e avere
come obiettivo primario la cosciente priorità di proteggere meglio gli
ecosistemi. Una vera innovazione è la messa in atto di interventi che
interferiscono, peggiorandola, con la biologia riproduttiva degli insetti. E’
noto che alcuni insetti utilizzano feromoni sessuali come richiamo per
l’accoppiamento. La disponibilità di feromoni sintetici consente di interferire
con il loro sistema di comunicazione impedendo l’accoppiamento. Una volta che i
feromoni sono noti nella loro struttura chimica, possono essere resi
disponibili per sintesi. La tecnica viene poi completata con l’individuazione
delle formulazioni e concentrazioni necessarie per la loro diffusione nei
frutteti. Le prime esperienze in Trentino, dove i comprensori produttivi sono
particolarmente omogenei e quindi adatti a una lotta generalizzata, datano dal
1981; dieci anni dopo il metodo era applicato su centinaia di ettari. Al momento
è in atto una copertura del 100% in viticoltura per il controllo di Lobesia botrana e del 70% in
frutticoltura per Cydia pomonella.
La biologia agraria
Acqua
Un ettaro di mais che
produce 9 tonnellate di semi usa circa 7 milioni di litri di acqua, spesso
irrigua. Quando l’acqua è distribuita per aspersione, invece che per
scorrimento, le produzioni aumentano del 5-20% e si riduce del 15% il consumo
di acqua; l’irrigazione a goccia determina incrementi produttivi del 15-30% e
utilizza il 20-60% di acqua in meno. Un razionale approccio all’uso dell’acqua
dovrebbe considerare i trattamenti di reflui agricoli che permettono il
recupero della risorsa, le relazioni tra uso di acqua e uso di energia, la
gestione dei rischi da siccità e inondazione, i servizi agli ecosistemi umidi.
Una tra le molte possibili soluzioni è ovvia: ridurre i consumi. Una seconda è
di sviluppare varietà di piante che utilizzano meglio l’acqua o che possano
superare periodi di siccità.
Perennialismo
Quaranta quattro milioni di Km
quadrati di suoli agricoli hanno condizioni ambientali che permettono solo
un’agricoltura a bassa resa, quando coltivati con piante annuali: sono terre
agricole marginali ad elevato rischio di degrado. Il loro sfruttamento è possibile,
nel rispetto della sostenibilità agricola, coltivando piante perenni. Queste
riducono il consumo di energia e di prodotti agrochimici, gli effetti delle
arature sulla perdita di suolo, così come il consumo di acqua e le perdite di
azoto. In assenza di concimazione, la graminacea perenne Miscanthus, per esempio, intercetta il 61% in più di radiazione
solare e produce il 59% in più di biomassa, confrontata al mais allevato nelle
stesse condizioni. Hanno qualche svantaggio: sacrificano parte della produzione
per sostenere il loro perennialismo.
Lo sfruttamento del
perennialismo per la produzione di derrate alimentari può riguardare la
trasformazione di specie annuali in perenni. E’ il caso di grano, sorgo,
girasole, e riso. Questo approccio utilizza l’incrocio interspecifico assistito
da marcatori molecolari, ma anche metodi molecolari, per ora tesi alla
individuazione, in specie modello, di geni responsabili del comportamento
perenne. Anche l’addomesticamento di nuove specie perenni offre concrete
possibilità, come per la graminacea euroasiatica perenne Thinopyrum intermedium, sinonimo Agropyrum intermedium che produce semi simili a quelli del
frumento. Desmanthus illinoensis è
una leguminosa perenne dell’America del nord, adatta a sistemi agricoli che
prevedono la coltivazione di miscugli di piante. Le sue radici ospitano batteri
azoto fissatori che contribuiscono a migliorare la fertilità dei suoli. Helianthus maximiliani, nativo delle
Americhe, è una composita rizomatosa perennante il cui addomesticamento è in
atto presso il Land Institute, U.S.A. teso a creare una specie perenne da olio.
Biomassa e fotosintesi
La considerazione
delle piante da energia al momento si concentra su pioppo, miscanto, Panicum virgatum, Arundo donax. I
caratteri di queste piante da migliorare o da introdurre sono perennialismo,
maschio sterilità, qualità della ligno-cellulosa, efficienza fotosintetica,
architettura della pianta, uso dell’azoto e foto respirazione.
Le piante convertono in energia
chimica dal 2 al 4% dell’energia che intercettano.L’arricchimento delle concentrazioni
della CO2 nell’organello fotosintetico delle piante con fotosintesi C3 aumenta
la velocità fotosintetica del 30% come media di un intero giorno. I dati di
arricchimento sono stati interpretati in funzione di un assunto: quanto è
ottenibile variando la concentrazione di CO2 si può riprodurre con il
miglioramento genetico e/o con manipolazioni geniche. L’utilizzazione
dei meccanismi molecolari C4 per migliorare la fotosintesi C3 è difficile, in
quanto presuppone la capacità di esprimere enzimi in tessuti e cellule diverse
anatomicamente, da rendere adatti alla fotosintesi C4: un approccio per ora
molto difficoltoso. E’ questa la ragione che ha indotto a considerare come
strategia più adatta la correzione dei limiti della fotosintesi C3. L’approccio
che più di altri attira l’attenzione dei tecnologi prevede l’espressione nei
cloroplasti dei trasportatori di CO2 e di acido carbonico dei cianobatteri.
Piante e parassiti: genetica
Una riduzione nel
carico ambientale è associabile alla coltivazione di piante che resistono a
insetti e patogeni, con conseguente riduzione dell’impiego di agrochimici. Contributi
recenti alla possibilità di ottenere piante resistenti, se non addirittura
immuni, all’attacco dei parassiti animali e microbici, vengono dall’analisi
genomica della famiglia genica NBS-LRR che in tutti i vegetali codifica per
i recettori del segnale proveniente dal parassita; dalla considerazione del
ruolo che nei fenomeni di resistenza hanno gli RNA di piccole dimensioni (smallRNA);
da nuove conoscenze sulla partecipazione dell’acido salicilico al segnale che
potenzia la resistenza endogena delle piante; dalla scoperta e dall’analisi
funzionale delle molecole secrete dai patogeni e che mediano i loro rapporti
con la pianta. La tecnologia TILLING permette di individuare alleli mutati di
un gene specifico. Richiede la conoscenza della sequenza del gene di interesse
ed è utile negli studi di associazione di geni per la resistenza alle fitopatie
e la loro funzione in pianta. Una ulteriore tecnica permette di generare mutazioni
a un gene di interesse per correggerlo in regioni specifiche del gene stesso.
Miglioramento genetico e genomica
Fino agli anni recenti le basi sperimentali del miglioramento genetico delle piante sono state essenzialmente empiriche. Oggi, varietà resistenti possono essere sviluppate con metodi di miglioramento genetico convenzionale, con selezione assistita da marcatori molecolari che permettono di accumulare nello stesso genotipo fattori genetici multipli di resistenza, con metodi di selezione genomica, e ricorrendo alla transgenosi che si è dimostrata particolarmente efficace per il contenimento delle popolazioni di insetti dannosi.
Un diffuso approccio
al miglioramento genetico si basa sulla possibilità di utilizzare, come
marcatori molecolari, polimorfismi contigui, nella molecola del DNA, a loci
genetici responsabili della determinazione di caratteri a variabilità discontinua
e continua. Una estensione dell’uso dei marcatori riguarda la comprensione
della variabilità genetica di tipo continuo assegnabile a specifiche regioni
cromosomiche gli (QTL). La disponibilità di una larga batteria di marcatori
predittivi di importanti caratteri rende possibile la loro utilizzazione in
piani di selezione assistita (MAS), che possono anche includere la
piramidazione di azioni multigeniche favorevoli all’espressione dello stesso
carattere.
La genomica si
preoccupa di caratterizzare tutta l’informazione contenuta nel DNA di un
organismo. Un documento del Science Advisory Council, European Academies,
indica, per i prossimi 5-15 anni, le seguenti opportunità offerte dalla genomica:
miglioramento genetico molecolare; basi molecolari di perennialismo, apomissia,
riproduzione vegetativa e sessuale; implicazioni molecolari
dell’addomesticamento delle piante; architettura della pianta; sviluppo del
seme e del fiore; acclimatamento; adattamento all’ambiente; riduzione del
livello di sostanze tossiche e antinutrizionali; miglioramento del contenuto in
micronutrienti; aumento dell’efficienza di piante “orfane”, come specie arboree
da foresta o da frutto. Non è intenzione discutere in questa sede il problema degli
OGM in agricoltura. Si fa però osservare che nella rassegna del
National Science Council americano si segnala che almeno 97 specie di piante di
interesse agrario sono al momento state trasformate con l’obiettivo di
migliorarle.
Il ruolo della società e dei singoli individui
Le politiche dei governi possono
contribuire a modificare ed adottare nuovi sistemi agricoli. A livello
internazionale sarebbe necessario mantenere costanti le scorte di cereali;
accordarsi sulle quote di fertilizzanti per regioni e colture specifiche;
intensificare il trasferimento tecnologico tra pubblico e privato; regolare gli
aiuti in natura nel caso di carestie; facilitare l’accesso al mercato dei paesi
in via di sviluppo; destinare risorse ai paesi meno sviluppati. Soprattutto, i
governi nazionali e sovranazionali devono rivedere le priorità utilizzate per
l’allocazione delle risorse ai programmi di ricerca strategica. Le tre crisi
che nel futuro possono condizionare il pianeta riguardano l’approvvigionamento di
cibo, la scarsità delle fonti fossili di energia, il deterioramento
dell’ambiente. Alle ricerche in questi ambiti dovrebbe essere assegnata una
nuova e forte priorità, considerando che l’agricoltura contribuisce a proporre
soluzioni e contemporaneamente ad aggravare le tre emergenze segnalate. Il
richiamo alle azioni di governo non esclude la necessità che ogni singolo
cittadino si senta responsabile del futuro del pianeta. Questo “commitment” (fare e credere in qualcosa
non per coercizione ma per convinzione), è in parte rilevante non delegabile a
governi o ad altre istituzioni, ma deve essere onorato da ciascuno. L’impegno
può concretarsi in una molteplicità di comportamenti da tutti facilmente
intuibili.
Conclusioni
L’agricoltura è intrinsecamente fragile in termini di sostenibilità. Le soluzioni adottabili entro questo secolo non possono che essere basate su sistemi a ridotto consumo energetico e ad elevati contenuti di conoscenza. I punti caldi da proporre a verifiche locali sono: interruzione dell’aratura di nuove terre nei tropici; coltivazione di una gamma estesa di specie vegetali, particolarmente di piante perenni; modelli di conservazione della biodiversità negli areali coltivati e negli ecosistemi naturali limitrofi; ruolo delle varietà resistenti agli stress biotici e abiotici; specie e varietà che risparmiano acqua e che si allineano alle dinamiche delle precipitazioni naturali; sistemi di irrigazione e concimazione basati su sicure evidenze scientifiche; mezzi esterni a supporto dell’agricoltura diversi secondo il contesto locale; soluzione al problema dei reflui e dell’uso delle coltivazioni per biocarburanti; considerazione del gap produttivo tra produzione potenziale massima e produzione registrata localmente; considerazione e integrazione tra le dimensioni sociale, ambientale, economica e innovativa dell’agricoltura; rafforzamento della base di capitale umano dedicato a coltivare i campi; in generale aumento significativo dell’efficienza d’uso delle risorse agricole, anche con l’adozione di concetti di agricoltura di precisione.
L’agricoltura è intrinsecamente fragile in termini di sostenibilità. Le soluzioni adottabili entro questo secolo non possono che essere basate su sistemi a ridotto consumo energetico e ad elevati contenuti di conoscenza. I punti caldi da proporre a verifiche locali sono: interruzione dell’aratura di nuove terre nei tropici; coltivazione di una gamma estesa di specie vegetali, particolarmente di piante perenni; modelli di conservazione della biodiversità negli areali coltivati e negli ecosistemi naturali limitrofi; ruolo delle varietà resistenti agli stress biotici e abiotici; specie e varietà che risparmiano acqua e che si allineano alle dinamiche delle precipitazioni naturali; sistemi di irrigazione e concimazione basati su sicure evidenze scientifiche; mezzi esterni a supporto dell’agricoltura diversi secondo il contesto locale; soluzione al problema dei reflui e dell’uso delle coltivazioni per biocarburanti; considerazione del gap produttivo tra produzione potenziale massima e produzione registrata localmente; considerazione e integrazione tra le dimensioni sociale, ambientale, economica e innovativa dell’agricoltura; rafforzamento della base di capitale umano dedicato a coltivare i campi; in generale aumento significativo dell’efficienza d’uso delle risorse agricole, anche con l’adozione di concetti di agricoltura di precisione.
Importanti opzioni da considerare
per il futuro di una agricoltura rispettosa dell’ambiente vengono offerte da
modelli noti come “Integrated pest
managment” e “Agricoltura biologica”. Il primo combina il controllo
biologico con l’aumento delle resistenze delle piante e con pratiche agricole
affidabili, minimizzando il ricorso ai pesticidi . Il secondo prevede un
ridotto uso di pesticidi, rinunciando a quelli di sintesi e ai fertilizzanti chimici.
Principi di agricoltura biologica sono adatti particolarmente ad agricolture
poco intensive, anche se denunciano più basse produzioni (attorno al 10%) in particolare
per colture come caffè e banana, e nel caso del nostro paese, per monocolture
specialmente di cereali condotte in aziende dove la produzione di derrate è
disaccoppiata dall’allevamento animale. L’agricoltura di precisione propone un approccio tendente ad assicurare
le risorse nutritive e la protezione della pianta senza incorrere in deficienze
o eccessi. In sintesi: l’azione centrale da mettere in atto deve essere rivolta
a soluzioni scientifiche radicali in grado di provvedere le singole componenti
necessarie per lo sviluppo di nuovi sistemi agricoli: intensivi e nonostante
questo sostenibili.
Una problematica centrale per la sostenibilità riguarda il
miglioramento dell’efficienza della produzione e uso delle derrate alimentari.
Il controllo delle proteine nelle diete è una opzione: se le 16 piante più
coltivate al mondo fossero usate solo per l’alimentazione umana, la produzione
mondiale di cibo aumenterebbe del 28%; prevedere quindi il consumo di più
calorie e proteine vegetali può considerarsi una priorità, così come il consumo
di pesce da acquacoltura che ha una resa, per kg di mangime utilizzato, molto
superiore a quelle degli animali.
Di certo la
sostenibilità agricola dovrà essere raggiunta in questo secolo assieme alla
stabilizzazione delle popolazioni mondiali e dei livelli dei consumi. Sono stati
proposti modelli anche pessimistici su come questa sostenibilità verrà
realizzata. Una parte delle incertezze potrà essere eliminata da una razionale
capacità di condurre ricerca agraria. La strada verso la sostenibilità non sarà
comunque caratterizzata dal ritorno a forme di agricoltura tipiche dei tempi
pre-industriali.
"Idee Trans-disciplinari e assunzioni in progress verso un modello di Agronomia Circolare "→ Criteri e motivazioni di Fondazione della Agronomia Circolare .
RispondiEliminaPaolo Manzelli ;
http://www.edscuola.it/lre.html;http://www.egocrea.net
"Agronomia circolare" rappresenta il progresso della ricerca ed innovazione del settore di produzione agro-alimentare , integrato con la moderna Ecologica-Economia (o eco-economia), così che la “Agronomia Circolare” si riferisce ad un complesso sistema trans / disciplinare della ricerca e dell'innovazione agro-alimentare, che si propone di superare lo stato dell'arte dei vecchi approcci disciplinari e lineari sia di Agricoltura che nelle scienze Economiche, per mettere a fuoco la prevenzione del rilascio di rifiuti nell'ambiente. Cio' si potra ottenere sviluppano nuove modalita' di interdipendenza e co / evoluzione circolare, verso uno sviluppo comune delle economie sociali e dei sistemi naturali, condividendo un obiettivo unitario di eco-economia e di nuova crescita culturale. In tal modo la Agronomia contemporanea sarà basata su un approccio circolare focalizzato a generare " zero rifiuti ", liberando l'ambiente da dannosi veleni nell' intento di ridurre al minimo l'inquinamento delle risorse naturali . I metodi innovativi della “Agronomia Circolare” si propongono di sviluppare relazioni circolari tra le risorse naturali per migliorare nuove pratiche agronomiche e tecniche agricole, avanzando rispetto alla vecchia conoscenza scientifica e degli agricoltori, che e stata linearmente concentrata sull'attuazione del mercato e del marketing agro / alimentare.
La Agenda della rinnovata “Agronomia Circolare” si prone di contribuire a trasformare le dinamiche -analitiche lineari di sviluppo del sistema agro-alimentare, attraverso il sostegno di nuove strategie di potenziamento sul riutilizzo circolare dei rifiuti in co-prodotti e sub-prodotti , in modo da fornire una alternativa al regime dominante della produttivita' agroalimentare .