di Marco Nuti*
“Noi non dobbiamo considerare che la Natura si accomodi a quello che
parrebbe meglio disposto a noi, ma conviene che noi accomodiamo l’interesse
nostro a quello che essa ha fatto”
Galileo Galilei
L’articolo è tratto dalla relazione svolta il 1o novembre 2014 nel convegno “Cibo – Ambiente - Energia: Le Grandi Crisi del Secolo-Il Contributo della Nuova Agricoltura”, organizzato dalla Accademia di Scienze,
Lettere e Arti di Modena.
Namibia, 2001, K. Hinderbrandt, Photolibrary Fao, per gent.concessione |
I primi rappresentano la parte ponderalmente
più rilevante: ad esempio un ettaro (ha) di terreno considerato a 25 cm di
profondità, con un peso di 3.000 tonnellate (t), con un contenuto di 1.5 % di
sostanza organica (cioè la maggior parte dei terreni italiani), contiene fino a
3 t di microbi, ovverosia lo 0.1% in
peso. In termini numerali un grammo di terreno contiene 109 cellule
microbiche appartenenti a 2.000 specie
diverse. In altri termini un grammo di suolo può essere assimilato ad un’
immensa biblioteca biochimica che produce le più svariate istruzioni genetiche.
Queste sono state presenti per quasi 4 miliardi di anni sulla Terra. C’è
sufficiente DNA in 1 g di suolo per una lunghezza di 1,598 km.
I microbi nel
suolo e intorno alle radici delle piante
(rizosfera) sono quasi mai da soli, quasi sempre in micro-colonie o
micro-aggregati e mai mono-specifici ma in consorzi microbici multi-specie.
Negli agro-ecosistemi i ruoli dei
microbi sono (1) mantenere attivi i cicli biogeochimici, che includono quello
del carbonio, dell’azoto, dello zolfo, del ferro e manganese, (2) interagire in
maniera stretta o lassa con le piante assicurandone la salute e la nutrizione e (3) mantenere
la biodiversità funzionale (Nuti et al., 2007), cioè la capacita di operare le
funzioni fisiologiche dei cicli indipendentemente dall’appartenenza ad un
gruppo tassonomico o ad un altro. In altri termini, se per uno stress
ambientale (anossigenia, pesticidi etc)
una funzione (ad esempio l’ammonificazione o la nitrificazione nel ciclo
dell’azoto) un gruppo fisio-tassonomico rallenta o viene inibito, un altro gruppo
sostituirà le funzioni del primo e il processo di ammonificazione o
nitrificazione potrà andare avanti. Ma vi
è un fattore limitante a questo meccanismo: la quantità di sostanza organica
nel terreno. Infatti la soglia critica perché sia attivo il meccanismo di “biodiversità
funzionale” si colloca intorno all’1.75% di carbonio organico (Lynch et al.
2004), cioè circa 3.5 % di sostanza organica. Al di sotto di tale soglia gli
stress ambientali (pH, concimazioni inorganiche, pesticidi, asfissia etc.) non
trovano compensazione, a meno che non vi
siano sostanziali apporti di sostanza organica biologicamente “attiva” che
riportino il livello al di sopra del 3.5 %. Il ruolo fondamentale della biodiversità per la qualità della nostra stessa
vita su questa Terra è sottolineato anche dalle Nazioni Unite: “Biodiversity, including the number,
abundance, and composition of genotypes, populations, species, functional
types, communities, and landscape units, strongly influences the provision of
ecosystem services and therefore human well-being” (UNEP, Biodiversity Regulation of Ecosystem
Services, 2014).
La perdita di suolo per cause antropiche è un dato di fatto ben noto da
oltre quarant’anni. Infatti già negli anni ’70 i Paesi aderenti all’OECD e alla
Comunità Economica Europea avvertivano
la comunità internazionale che “Loss
of productive soil is one of the most pressing and difficult problems facing
the future of mankind “ (CEC,1977; OECD, 1979). Le perdite annuali di suolo per erosione
erano stimate in 0.3% di area totale Paesi Emergenti (PE), ma seriamente
colpiti erano il 20% del suolo in
Bangladesh, 80% del suolo in Madagascar e Haiti, 77% in El Salvador. In USA il 30% dello strato arabile era stato
colpito da fenomeni degradativi e perdita durante gli ultimi 200 anni, con conseguente
riduzione di rese e la necessità di ricorrere a maggiori input energetici in
agricoltura. Per aumento di salinità e alcalinizzazione in agricoltura irrigata
quarant’anni fa venivano persi 200-300.000 ha annui nei paesi industrializzati,
nei PE veniva perso lo 0.3% della superficie irrigua. Per urbanizzazione
venivano persi 0.1-0.8% annuo dei suoli
nei Pesi OECD (ad esempio, negli anni ’70 erano già persi 25.000 ha in
Giappone, e ben un milione di ha in USA).
Venti anni dopo, l’Agenzia Europea per l’Ambiente censiva 115 milioni di ha
colpiti da erosione idrogeologica, 42 milioni di ha per il vento, 85 per
acidificazione, 180 per contaminazione da pesticidi, 170 da nitrati e fosfati,
33 per compattazione, 3,2 milioni di ha per perdita di sostanza organica, 3,8 per salinizzazione, 0,8 per sommersione
ed asfissia (EEA, 1995). Pochi anni più tardi, nell’intento di agire con la
progressiva perdita di suolo, la Commissione Europea elencava le seguenti cause
nell’UE: erosione, contaminazione (localizzata e diffusa),
salinizzazione o alcalinizzazione, diminuzione della sostanza organica (oggi
l’84% dei suoli in UE è sotto la soglia
del 3.5%), intombamento/cementificazione per urbanizzazione, inondazioni e
frane, compattazione, perdita di biodiversità del suolo.
La maggior causa dei fenomeni degradativi era attribuita alle attività agricole (gestione impropria del terreno coltivabile, agricoltura intensiva, maggior specializzazione e monocoltura, insufficiente o eccessivo uso di fertilizzanti e pesticidi, cattiva gestione dell’acqua e dell’ irrigazione, assenza o cattiva gestione delle misure di controllo dell’erosione, uso improprio di macchinari pesanti). Il super-pascolamento della vegetazione e il calpestìo eccessivo del suolo da parte del bestiame causano compattazione e diminuzione della copertura erbosa che originano erosione, declino della sostanza organica, perdita di biodiversità. Le attività domestiche sono anch’esse causa di erosione del suolo (EEA, 2003) attraverso eccessiva raccolta di legna da ardere, fieno, legno pregiato. La deforestazione o rimozione di vegetazione, attraverso la conversione di foreste in terreno agrario, di foreste in boschi commerciali, costruzione di strade, sviluppo urbano sono causa di erosione, di declino della sostanza organica, di perdita di biodiversità, di esondazioni e frane.
La maggior causa dei fenomeni degradativi era attribuita alle attività agricole (gestione impropria del terreno coltivabile, agricoltura intensiva, maggior specializzazione e monocoltura, insufficiente o eccessivo uso di fertilizzanti e pesticidi, cattiva gestione dell’acqua e dell’ irrigazione, assenza o cattiva gestione delle misure di controllo dell’erosione, uso improprio di macchinari pesanti). Il super-pascolamento della vegetazione e il calpestìo eccessivo del suolo da parte del bestiame causano compattazione e diminuzione della copertura erbosa che originano erosione, declino della sostanza organica, perdita di biodiversità. Le attività domestiche sono anch’esse causa di erosione del suolo (EEA, 2003) attraverso eccessiva raccolta di legna da ardere, fieno, legno pregiato. La deforestazione o rimozione di vegetazione, attraverso la conversione di foreste in terreno agrario, di foreste in boschi commerciali, costruzione di strade, sviluppo urbano sono causa di erosione, di declino della sostanza organica, di perdita di biodiversità, di esondazioni e frane.
Tutte
le attività umane di natura bio-industriale (industrie, generazione di
elettricità/calore, minerarie, riciclo rifiuti, infrastrutture e costruzioni,
etc.) causano contaminazione del suolo sia localizzata che diffusa, salinizzazione,
intombamento. L’ urbanizzazione e i trasporti, attraverso l’ aumentato consumo
di aree per uso residenziale, infrastrutture turistiche e trasporti associati
causano l’intombamento del suolo, la sua contaminazione attraverso
ruscellamento di acque piovane, frane ed esondazioni, frammentazione di habitat.
A seguito delle azioni intraprese dalla
Commissione Europea, è stata elaborata una mappa (PESERA Map, Pan-European Soil
Erosion Risk Assessment) che identifica le perdite di suolo comprese tra 1 e
più di 50 t x anno x ha (Van-Camp et al.,2003; Kirkby et al., 2004). Dalla
mappa si evince che l’Italia è in pole position per degradazione del suolo (con
perdite spesso tra 20 e 50 t x anno x ha) , in buona compagnia del nord dei
Pirenei, del sud della Spagna e buona parte della Grecia. I fenomeni
degradativi sono però diffusi in tutta l’UE anche se con minor intensità. Si
deve tener presente peraltro che in presenza di una bassa velocità di formazione
del suolo (quale si riscontra nel nostro paese) qualunque perdita di superiore
a 1 t x ha x anno può essere considerata irreversibile in un periodo di 50-100
anni, senza interventi di recupero. I costi (diretti e indiretti) connessi alla
perdita di suolo in UE sono impressionanti (CEC, 2006; EP, 2009) : 7,3 miliardi
di euro per l’ erosione, 3,4-5,6 miliardi per la perdita di sostanza organica,
158-321 milioni per la salinizzazione, fra 11 e 600 milioni per le frane (ogni
singolo evento), 200 milioni per la contaminazione.
Vi è un’altra conseguenza a
livello geo-climatico delle dinamiche del carbonio nel suolo: il sequestro di C
e i carbon sinks infatti
rappresentano una possibile via d’uscita per contrastare la crescita della CO2
nell’atmosfera ed il correlato riscaldamento della medesima. Se consideriamo 1
Ha di suolo (33,5 cm di profondità) con una densità di 1,4 t per m3
la massa del suolo sarà ca. 4.700 t; se quel terreno contiene l’1% di sostanza
organica, cioè 47 t, vi saranno circa 25 t di carbonio sequestrato nel suolo,
in particolare nell’humus che è la frazione della sostanza organica a più lenta
degradazione (circa un secolo per il C umico). Ma se la sostanza organica fosse riportata al 4% (cioè al di sopra della soglia per il mantenimento
della biodiversità funzionale) avremmo ben 100 t di C sequestrato nel suolo. Ricordiamo
che a livello globale il C sequestrato nella vegetazione è di 650 giga-tonnellate
(Gt), nell’ atmosfera 750 Gt, nel suolo 1500 Gt.
E’ fortemente probabile che nei prossimi 30
anni soltanto i suoli avranno la capacità di sequestrare quantità significative
di carbonio atmosferico e ridurre i
livelli attuali di CO2 (EPA,
2014). Altre soluzioni richiedono più di
30 anni per cominciare a catturare volumi di CO2 rilevanti
per contrastare i cambiamenti climatici. Ecco perché si comincia a parlare di
“agricoltura rigenerativa” e di “rigenerazione dei suoli”, come approccio di
agricoltura eco-sostenibile nel vero senso del termine a livello globale. Sarebbe
un buon modo per celebrare il prossimo 5
Dicembre come Giornata Mondiale del Suolo e l’anno 2015 come Anno
Internazionale del Suolo, deliberati entrambi nella 38ma Assemblea Generale
delle Nazioni Unite del 2 dicembre 2013, a seguito delle Risoluzioni della FAO
n. 4/2013 e n. 5/2013 adottate il 22 Giugno 2013.
Bibliografia
CEC, Commission
of the European Communities (1977) European Community policy and action
programme on the environment for 1977–1981. Official Journal of the European
Communities C139, 13 June
CEC, Commission
of the European Communities (2002) “Towards a Thematic Strategy for Soil
Protection” , Communication from the
Commission to the Council, the European Parliament, the economic and social Committee
and the Committee of the Regions Brussels, 16.4.2002 COM(2002) 179 final.
CEC, Commission
of the European Communities (2006) “Impact Assessment of the Thematic
Strategy” SEC(2006)620, Brussels
EEA,
European Environment Agency (1995) Chapter 7: Soil Degradation in Europe’s Environment: the Dobris
Assessment. EEA, Copenhagen, pp. 146-171.
EEA
,European Environment Agency (2003) Chapter 9: Soil Degradation in Europe’s Environment:
the Third Assessment. EEA Copenhagen, pp. 198-212.
EP,
European Parliament (2009) Land Degradation and Desertification. Policy
Department, Economic and Scientific Policy. Study IP/A/ENVI/ST/2008-23.
EPA, Environmental
Protection Agency USA (2014) Composting, WARM Version 13 June, 2014
Kirkby,
M.J., Jones, R.J.A., Irvine, B., Gobin, A, Govers, G., Cerdan, O., Van Rompaey,
A.J.J., Le Bissonnais, Y., Daroussin, J., King, D., Montanarella, L., Grimm,
M., Vieillefont, V.,Puigdefabregas, J., Boer, M., Kosmas, C., Yassoglou, N.,
Tsara, M., Mantel, S., Van Lynden, G.J. and Huting, J. (2004). Pan-European
Soil Erosion Risk Assessment: The PESERA Map, Version 1 October 2003.
Explanation of Special Publication Ispra 2004 No.73 (S.P.I.04.73). European
Soil Bureau Research Report No.16, EUR 21176, 18pp. and 1 map in ISO B1 format.
Office for Official Publications of the European Communities, Luxembourg.
Lynch J.M.,
A. Benedetti, H. Insam, M.P. Nuti, K. Smalla, V. Torsvik, P. Nannipieri (2004)
Microbial diversity in soil: ecological theories, the contribution of molecular
techniques and the impact of transgenic plants and transgenic microorganisms. Biology
and Fertility of Soils 40, pp. 363-385
Nuti M., M. Agnolucci, A. Toffanin, S. Degl’Innocenti (2007)
La biodiversità microbica del suolo. In “Microbiologia agroambientale”, B.
Biavati, C. Sorlini Eds. Casa Editrice Ambrosiana, Milano vol. 2 pp.163-193
Nuti M., A. Squartini, P. Nannipieri, M. Giovannetti, R.
Paoletti (2010) La biodiversita’ nel
terreno agrario. A Quaderni (Suppl.) “Atti dell’Accademia dei Georgofili” Serie
VIII, Vol 7, pp. 9-26.
OECD,
Organization for the Economic Cooperation and Development (1979) Report “Interfutures:
Facing the future”, Paris, p.23.
Van-Camp.
L., Bujarrabal, B., Gentile, A-R., Jones, R.J.A., Montanarella, L., Olazabal,
C. and Selvaradjou, S-K. (2004). Reports of the Technical Working Groups
Established under the Thematic Strategy for Soil Protection. EUR 21319 EN/2,
872 pp. Office for Official Publications of the European Communities,
Luxembourg
*Marco Nuti. Già
Professore Ordinario di microbiologia agroalimentare ed ambientale presso le U.
di Pisa e di Padova. Fondatore del CRIBI di Padova e dell’Istituto per la
Mutagenesi e Differenziazione del CNR a Pisa. Esperto di Microbiologia e
qualità del suolo, ha pubblicato 370 lavori scientifici su riviste
internazionali. mn.marconuti@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento