di ANNA SANDRUCCI
Riassunto
L'Alpe di Siusi, nelle Dolomiti italiane, è il più grande alpeggio d'alta quota d'Europa. Con i suoi vasti pascoli quasi pianeggianti che si estendono per circa 56 km², quest’area ha una storia che affonda le sue radici nel Mesolitico, circa 10.500 anni fa, quando gruppi di cacciatori-raccoglitori la utilizzavano come punto di sosta. A partire dall’Età del Bronzo (circa 4000-3000 anni fa), l'intervento umano ha iniziato a trasformare profondamente il paesaggio di tutto l’arco alpino: lo sfruttamento dei pascoli di alta quota ebbe un forte impatto, con estesi disboscamenti per creare nuove aree per il bestiame. La pratica della transumanza estiva, con lo spostamento del bestiame dalle valli agli alpeggi d'alta quota, ha modellato questi scenari per secoli, dando vita ad un mosaico di paesaggi e agroecosistemi di grande valore naturalistico, economico e culturale. Questi ambienti non solo forniscono risorse essenziali per l'allevamento, ma producono anche alimenti di alta qualità, come latte e formaggi, e contribuiscono alla ricchezza del paesaggio montano e alla conservazione della biodiversità e delle tradizioni culturali locali. Negli ultimi decenni, tuttavia, il progressivo spopolamento delle regioni montane e il cambiamento delle pratiche agricole hanno portato all'abbandono di molti alpeggi. Questo processo ha innescato il degrado dei pascoli e l’avanzamento del bosco, con conseguente perdita di biodiversità e produttività. Al contempo, nelle aree più accessibili si è assistito al fenomeno opposto, il sovrapascolamento, con effetti negativi sul suolo e sulla biodiversità. In molte aree, la transumanza è stata sostituita da sistemi produttivi stanziali nei fondovalle, generando squilibri nei nutrienti e rischi di inquinamento ambientale.