di ALESSANDRO CANTARELLI
Mirella Del Nevo (1927-1986) e Giuseppe -”Peppino” Cantarelli (1919-1992), immortalati alla fine degli anni Settanta del secolo scorso mentre sorreggono una bella sfoglia all’uovo emiliana, dalla quale ricaveranno superbi tortelli o tagliatelle per la delizia dei loro clienti. Ai tempi della loro attività, era possibile per Peppino girare per le case e corti della bassa parmense alla ricerca dei migliori salumi “casalini” (termine dialettale per indicare i salumi da ricavati da maiali allevati e macellati in proprio, quindi le uova fresche da utilizzare in cucina per le più svariate preparazioni. A differenza di oggi, con l’evoluzione delle normative sanitarie che non permettono più di impiegare, nella ristorazione, materie prime prive di tracciabilità e/o ottenute con processi ritenuti non pienamente sicuri dal punto di vista microbiologico, come è ad es. il caso dell’impiego –vietato- del burro ottenuto da panna non pastorizzata. Immagine da: Da Salarelli A. I Cantarelli, op. cit.,2013.
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Il miglior ritratto di quella che è stato universalmente riconosciuto, negli anni sessanta e settanta del novecento, uno dei massimi “templi” della ristorazione italiana, ce lo offre il giornalista Baldassare Molossi (1927-2003) nel capitolo del libro curato da Alberto Salarelli I Cantarelli. Storia e mito della cucina italiana (prima ed. 2013). Il Molossi, già direttore del quotidiano Gazzetta di Parma dal 1957 al 1992, dal 1983 delegato di Parma dell’Accademia Italiana della Cucina, in risposta a un lettore della Gazzetta che gli scriveva del come sarebbe interessante, il potere ricordare ai più giovani la nascita e lo sviluppo di quello che è stato un vero e proprio “mito” nel piccolo villaggio di Samboseto, nel comune di Busseto (lo stesso comune che diede i natali anche a Giuseppe Verdi e Giovannino Guareschi), nel cuore della operosa Bassa parmense, così scriveva:




